Due intelligenze eccentriche, certo. Due forestieri rinati a Milano, anche. Due saggi insensati, che vivevano di riflessi e nell'ombra, concentrati uno sulla scrittura, l'altro sul disegno e sopraffatti da mille interessi e mille curiosità, dal cinema alla cucina.
Aldo Buzzi (1910-2009), dei Büzz di Sondrio, architetto per un errore di prospettiva e scrittore per progetto di vita. Saul Steinberg (1914-1999), rumeno di Râmnicu Sârat, architetto soltanto per diploma e disegnatore per anti-narcisismo. Se c'era una cosa che soffrivano entrambi - amicissimi, conosciutisi e laureatisi alla facoltà di Architettura al Politecnico di Milano negli anni Trenta - era la ribalta. Della vita amavano il chiaroscuro, e non solo come effetto artistico.
Ormai classici senza dare l'aria di esserlo, all'epoca facevano di tutto per sparire - uno rifiutò un invito alla Biennale di Venezia, l'altro ci mise sessant'anni prima di pubblicare il suo primo vero libro - e ci riuscirono benissimo. Tanto che oggi, nonostante la loro grandezza, già riconosciuta dall' élite dell'intellighenzia, da Bruno Munari a Roland Barthes, fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori, dei collezionisti e dei bibliofili sono in pochi a conoscerli, o a ricordarsi di loro. Troppo raffinati per essere mainstream , e poco «pop» per passare di moda, Aldo Buzzi e Saul Steinberg in realtà sono oggetti di culto per chi ha avuto la fortuna di leggere i libri dell'uno o di divertirsi con le illustrazioni dell'altro, o di imbattersi nella storia di entrambi.
La storia di entrambi, un intreccio di linee e parole lungo 70 anni, centinaia di lettere, infinite collaborazioni, consigli reciproci, letture comuni, idee condivise, stessa ironia e molti pranzi insieme, è raccontata ora dalla mostra Aldo Buzzi e Saul Steinberg. Un'amicizia tra letteratura, arte e cibo - curata da Andrea Tomasetig - che si apre oggi a Sondrio, alla Galleria Credito Valtellinese (fino al 24 maggio, poi si trasferirà al Museo della Satira e della caricatura a Forte dei Marmi, dal 20 giugno all'1 novembre).
Sì, l'intelligenza, l'umorismo, lo stile. Va bene. Ma come si racconta una amicizia tra una penna inimitabile e una matita irresistibile? Tirando fuori dagli armadi che costituiscono il loro archivio (non grandissimo per la verità), libri e libricini, riviste, fotografie, disegni, vignette, copertine, lettere, biglietti d'auguri, vecchi menù, piccoli oggetti d'arte... E così, grazie ai materiali messi a disposizione dalla «Saul Steinberg Foundation» di New York e da Marina Marchesi, figlia di Bianca Lattuada, la compagna di una vita dello scrittore comasco, e dal nipote Giovanni Cavedon, si riesce a capire qualcosa di più di un affiatamento letterario iniziato nel 1933 fuori dai cancelli del Politecnico e continuato fermo-posta fino al termine del Novecento. Secolo che attraversarono con la leggerezza degli uomini pieni di dubbi. «Totalmente laterali al pensiero dominante», li descrive Stefano Salis in uno dei saggi del bellissimo catalogo. Ecco chi erano Saul&Aldo.
Aldo Buzzi comincia a lavorare nel cinema, grazie a Lattuada e Comencini. È assistente alla regia, scene writer e screen writer per molte compagnie cinematografiche in Italia e fuori: Roma, Belgrado, la Francia, il Messico... Collabora a molti film, alcuni degni, altri meno. Ma da tutti impara parecchio. Poi per dieci anni lavora alla Rizzoli (dove cura opere di Flaiano, Mastronardi e Soldati), firma per Il Selvaggio , Corrente , Prospettive , il Caffè , The New York Review of Books e The Paris Review . E scrive libricini oggi venerati e collezionati: Il taccuino dell'aiuto regista , uscito da Hoepli nel 1944, Piccolo diario americano (illustrato da Saul Steinberg...), L'uovo alla Kok (del 1979, illustrato da Saul Steinberg...), Cechov a Sondrio (1991) e La lattuga di Boston (2000).
Saul Steinberg, esule dalla Romania in Italia, qui rimane alcuni anni, affettivamente legato al nostro Paese per sempre, collabora anche al foglio satirico Bertoldo , fino al 1940, quando a causa delle leggi razziali è costretto a riparare negli Stati Uniti, dove comincia a lavorare per il New Yorker , un sodalizio durato quasi sessant'anni: alla fine per la testata firmerà 642 illustrazioni e 85 copertine. Alcune storiche. Cartoonist formidabile, di lui una volta Giorgio Soavi scrisse che «le sue matite colorate partivano da una pianura americana per arrivare ai paesaggi europei, come se tutto insieme gli stesse nella pancia e lui mangiasse, in prospettiva, quello che ricordava dell'Europa, mai più dimenticata ma lontana».
Da una parte all'altra dell'Occidente, Aldo e Saul ogni tanto si incontravano a Long Island, sempre si scrissero. Amicissimi. I romanzi del primo erano un po' delle tavole umoristiche. I disegni del secondo somigliavano a brevi racconti. Di loro, oltre a un carteggio a senso unico (da Saul ad Aldo, dal 1945 al 1999, pubblicato da Adelphi nel 2002), ci restano la prosa fuori da ogni scuola di Buzzi, e la linea oltre ogni stile di Steinberg. E ci resta soprattutto questa mostra.
Dentro c'è la scrittura, la grafica, molto umorismo e un altro ingrediente che fa da collante alla loro amicizia: la passione per la gastronomia (un aforisma micidiale di Buzzi vale la pena di essere ricitato, in questi mala
tempora di Masterchef : «Nei periodi di decadenza il culto della cucina diventa eccessivo», anno di scarsa grazia 1979). Libri, menu e disegni documentano tutto ciò, ad abundantiam . Li chiamavano intellettuali alla kok.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.