Cultura e Spettacoli

Il crocevia della storia nel cuore dell'Asia

Crocevia di popoli e storie, l'Uzbekistan al centro dell'Eurasia. E prima dell'epopea di Samarcanda questo grazie alle imprese di Alessandro Magno

Da Alessandro Magno a oggi, l'Uzbekistan crocevia della storia

Nel curoe dell'Eurasia c'è una nazione che è stata nella sua storia crocevia di popoli, eserciti, culture, religioni, identità: l'Uzbekistan. Paese che ancora oggi vive come un caleidoscopio di identità dopo la morte del "padre della patria" Islam Karimov, al confine tra lo spazio ex sovietico, l'Afghanistan, la Cina, il cuore dell'Asia centrale, e che nel suo passato ha una storia altrettanto ricca.

L'Uzbekistan è infatti il Paese di Samarcanda, il "sogno color turchese" crocevia carovaniero delle antiche Vie della Seta, strade commerciali su cui si muovevano uomini, merci e idee. Ma anche un Paese che ha avuto nella sua storia un padre nobile: Alessandro Magno. Fu proprio il Macedone a solcare per primo le distese sabbiose, gli altipiani e le terre che oggi sono governate dalla repubblica ex sovietica, a fare dell'attuale Uzbekistan quel polo di attrazione di genti, popoli e identità che lo avrebbe reso un elemento costitutivo della civiltà umana. Lo ricorda bene Vittorio Russo nel suo L'Uzbekistan di Alessandro Magno, saggio edito da Sandro Teti in cui tra storia e mito, tra presente e antichità, emerge una vera e propria radiografia di queste terre. Vittorio Russo, per decenni capitano di lungo corso e navigatore, ha lavorato a lungo anche come giornalista e saggista. Nel suo saggio sull'Uzbekistan conduce un percorso nella geografia storica di un Paese in cui il passato e il presente si confrontano. Anche perché è stata la passata dei Greci guidati dal Macedone nel IV secolo avanti Cristo a dare a molti dei luoghi simbolo della terra uzbeka il loro nome.

Le regioni del Khwarizim, nota Russo, "i greci e i macedoni di Alessandro le chiamavano Corasmia. Queste terre si affacciano sui bordi meridionali del Lago d'Aral, lungo il corso del fiume-mare Amu Darya chiamato così" sin dai tempi antichi "perché un tempo era sconfinato come un mare. Questa è pure la terra in cui gli autori antichi collocavano il regno delle Amazzoni massacratrici di uomini. Il fiume poi è lo stesso dell'antico Oxus", di cui Plutarco nel I secolo d.C. scriveva che aveva "le acque morbide che ungono la pell". Sull'Oxus si consumò la guerra di Alessandro ai persiani, l'Anabasi di Alessandro raccontata da Arriano, attorno alle sue sponde si consumò il progetto di "fondere popoli e civiltà in un destino comune, di mescolare vite, costumi, nozze e abitudini". Un'idea unificatrice che promuoveva un sincretismo di civiltà, testimoniato dal legame profondo tra le culture greche, buddhista e della Sogdiana dell'era post-macedone e del profondo richiamo che dai tempi del Macedone in avanti la terra dell'attuale Uzbekistan avrebbe esercitato. Secondo Russo "l'obiettivo di Alessandro" era ben più pragmatico in partenza, "quello di governare i popoli assoggettati avvalendosi delle strutture amministrative che aveva trovato", mentre "quell'unitarismo armonioso" di culture a cui la visione classica fa riferimento fu sostanzialmente una derivata.

In effetti, in un viaggio che si consuma tra città contemporanee, da Tashkent a Boysun, il ricordo del disastro del Lago d'Aral di era sovietica e il pensiero del passato, l’Alessandro Magno che affiora dal libro di Russo è molto distante dall’immagine oleografica veicolata dalle tante opere, spesso pseudostoriche, scritte su di lui: l’eroe invincibile immortalato nei marmi di Lisippo cede il passo all’ubriacone omicida, al borioso, al superstizioso e cinico sterminatore di popoli ma che proprio nell'attuale Uzbekistan vide consumarsi la difficile riduzione a un'unicità delle sue diverse nature. Il guerriero feroce, che distrusse l'Impero persiano; il sovrano attento al rispetto del nemico, che sconfisse e uccise l'usurpatore Besso che aveva fatto assassinare il Re dei Re, e nemico del Macedone, Dario III, ultimo sovrano di Persia; il capo che si immaginava nuovo Ulisse, in movimento tra terre in seguito solcate da altri conquistatori, mari e montagne

E fu solo grazie alla centralità nella storia data alla terra studiata da Russo dal passaggio di Alessandro, causa della successiva ascesa di Samarcanda, che l'Uzbekistan odierno poté essere in futuro un polo di attrazione umano e culturale: centro della filosofia della civiltà islamica medievale con il pensiero di Avicenna; capitale delle scienze grazie alla promozione del sovrano Ulugh Beg; soprattutto, polo politico d'irradiamento di un potere che amava pensarsi universale con l'epopea di Timur, "Tamerlano" per noi, che proprio da Samarcanda volle costruire un impero che tra il XIV e il XV secolo mirava a darsi connotati universali. Rifacendosi nella lettera all'Impero mongolo di Gengis Khan ma, di fatto, guardando soprattutto al Macedone e al suo obiettivo di costruire l'unità nella complessità. Ridando impulso e trasformando grazie all'arte, l'architettura, la cultura e la forza politica le terre dell'attuale Uzbekistan nel vero e proprio "impero" di Samarcanda. Ancora oggi tra i punti di riferimento per capire la civiltà antica e i punti di incrocio tra le rotte dei popoli d'Europa e Asia.

Aventi nell'Uzbekistan che fu teatro delle scorribande del Macedone un crocevia decisivo.

L'Uzbekistan di Alessandro Magno

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