Architettura da museo o da abbattere PROMOSSIBOCCIATI

Architettura da museo o da abbattere PROMOSSIBOCCIATI

È un monumento editoriale, questa Architettura del Novecento di Einaudi, e io sono alle prese coi due tomi appena usciti di «Opere, progetti, luoghi» (pagg. 1720, euro 180), racchiusi in solido cofanetto con tanto di nastrino per facilitarne l'estrazione. Gutenberg ne sarebbe fiero ma vediamo che cosa ne penserebbe Vitruvio, anzi no, vediamo che cosa ne penso io, che non sono un architetto morto ma un fruitore di architettura vivo. Pagina dopo pagina mi trovo davanti i capolavori veri o presunti dell'architettura del secolo scorso che anziché riflessioni accademiche mi inducono desideri, sogni, spaventi, rimpianti, buoni e cattivi propositi, verbi.

ABBRONZARSI Gli edifici di Frank Gehry, dai meno conosciuti fino al Guggenheim di Bilbao, più che ai quadri cubisti sembrano ispirati agli specchi di cartone riflettente che negli anni Ottanta le riviste femminili regalavano alle loro lettrici, per ustionarle meglio. «Le persone che abitano vicino alla Walt Disney Concert Hall si lamentano del fatto che le luccicanti curve in acciaio inossidabile della struttura indirizzano verso i loro appartamenti tanta luce solare e alzano la temperatura delle loro case di 9 gradi», e questo non lo dice l'opera Einaudi ma il filosofo John Silber, però cambia poco perché anche gli einaudiani onestamente ammettono che Gehry e soci intendono «la città come crogiolo traballante di priorità contrastanti, come luogo della più fantasiosa prassi architettonica». Altro che Marcello Piacentini! È questa la vera architettura fascista, l'architettura del me-ne-frego: l'archistar costruisce come gli pare e piace, infischiandosene se poi i residenti traballano o si scottano.

APPLAUDIRE Il teatro mi interessa poco più della filatelia però pagherei qualcosa per infilarmi in una macchina del tempo e ritrovarmi a Venezia nel 1979, quando davanti alla Punta della Dogana, sopra una zattera, apparve il Teatro del Mondo di Aldo Rossi: una visione metafisica e felliniana, una piccola fantastica sala galleggiante, tutta di legno come il Globe Theatre di Shakespeare, un'effimera epifania destinata a essere smantellata nel giro di pochi mesi. Possibile che non nascano altri architetti così?

FARE L'AMORE A chi di mestiere non fa lo storico dell'architettura la Casa della Meridiana di Giuseppe De Finetti non dirà molto. Sembra una palazzina prebellica come tante, solo studiandola si scopre che il sagace architetto eliminò scalone e pianerottoli consentendo di raggiungere gli appartamenti direttamente da un «ascensore padronale» (splendido, desueto aggettivo). È quindi la casa perfetta per gli incontri clandestini, per chi vuole invitare qualcuno senza farlo sapere ai vicini pettegoli. Anche l'ubicazione aiuta: via Marchiondi, una delle vie più segrete del centro di Milano.

INCIAMPARE Se qualcuno, magari per succhiare soldi a un'assicurazione, avesse intenzione di inciampare, il mio consiglio è di recarsi a Venezia e di percorrere il ponte di Calatrava i cui gradini sono disegnati talmente male, sono talmente irregolari e scivolosi che anziché Ponte della Costituzione, come vorrebbero i politici primo fra tutti Cacciari che ce l'ha sulla coscienza, viene ormai comunemente chiamato Ponte dei Caduti. Promette femori rotti anche la scalinata asimmetrica di casa Gehry a Santa Monica, però trattandosi di abitazione privata hanno diritto di farsi male solo l'architetto, i suoi famigliari e i suoi amici.

PREGARE Un povero cristiano sfoglia Architettura del Novecento e gli prende la voglia di pregare Allah e farsi maomettano. Come spiega Fiorella Vanini, l'architetto Portoghesi fu spinto a servirsi degli elementi della tradizione architettonica araba e infatti oggi quella di Roma è «una Moschea che viene riconosciuta dagli islamici come qualcosa di proprio, di familiare». Mentre gli architetti delle chiese cattoliche contemporanee, con la complicità di vescovi ipocredenti o peggio, realizzano di norma edifici non percepibili come cristiani bensì estranei, respingenti, alieni. Dio è ovunque meno che nei templi gnostici o new age progettati da Le Corbusier, Meier, Tadao Ando, Piano e Botta.

RECRIMINARE I curatori Marco Biraghi ed Alberto Ferlenga non amano l'architettura umanista perciò occultano Pier Carlo Bontempi, Quinlan Terry, Wilfried van Winde... Lamento soprattutto la mancanza di Léon Krier, gigante dell'architettura tradizionale la cui visione è ormai universalmente riconosciuta (di questi giorni un articolo celebrativo del Financial Times). Viste le tendenze dei responsabili è stranissimo che nemmeno una scheda sia dedicata al massimo architetto nichilista italiano, Massimiliano Fuksas. Dev'essere una faida interna.

VOTARE Il Club Rusakov, una sorta di casa del popolo progettata da Kostantin Melnikov durante il regime sovietico a Mosca, anziché un luogo di ritrovo sembra una centrale nucleare o un forno crematorio.

Terrificante esempio di ideologia totalitaria fatta cemento, basta guardarla per provare l'urgente desiderio di votare un qualsivoglia politico liberale, eventualmente anche Oscar Giannino.

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