Elido Fazi. Sessant’anni, due terzi di vita a occuparsi di economia, dalla direzione della Business International Corporation alla collaborazione con l’ Economist , e un terzo a dirigere una casa editrice. Cui ha dato- privilegio dei Mondadori, dei Bompiani, dei Laterzail proprio nome. Un vezzo di pochi. Pochi vezzi e tanto Keats, un talento per il business e una passione per il romanticismo inglese, Elido Fazi è riservatissimo, ma senza darne l’impressione è al centro di un salotto culturale di critici e scrittori... Li chiamano i «giri romani». Politicamente allineato («Quando ho votato, ho sempre votato a sinistra») ma intellettualmente anarchico («Fatico a capire l’ intellighenzia italiana che si è innamorata di Monti ») Fazi ha pubblicato giganti della letteratura, per lo più anglosassoni, come Seamus Heaney, Gore Vidal e Elisabeth Strout, e pamphlettisti politici, perlopiù radical, come Giulietto Chiesa, Gianni Vattimo e Parag Khanna. Editorialmente raffinato, ha tradotto lui stesso La caduta di Iperione , ma commercialmente intelligente, ha fatto il boom con 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire.
Prima pensava che l’editore per essere libero deve essere economicamente indipendente. Poi ha pensato che una volta economicamente indipendente potesse fare quello che gli piace. E così è tornato al primo amore, l’economia. L’ultima frontiera del business in casa Fazi è la collana di ebook One euro dedicata alla divulgazione di temi economici e politici, scaricabili in italiano e in inglese al costo di un euro.
Non ci sono abbastanza giornali e trasmissioni tv che parlano di spread e oligarchie bancarie? Servono anche gli ebook?
«Sì certo, perché facciamo fatica a mettere in fila tutte le informazioni che ci arrivano e dare loro un senso, e soprattutto è difficile capire come si evolvono le cose. E allora ecco la mia idea: veloci pamphlet, a costi bassissimi, che in poche pagine, diciamo due-tre ore di lettura, diano una chiave di interpretazione della realtà. Aggiornabile per di più, perché ogni titolo è come se fosse una puntata della stessa serie».
Lei stesso ha scritto i primi due libri, intitolati La terza guerra mondiale?, uno su Monti e le banche, e il secondo su Obama e Wall Street. Stava finendo la sua autobiografia, un romanzo prosimetro, in prosa e versi, e all’improvviso abbandona tutto per sferrare l’attacco alla Finanza Mondiale.
«Sono rimasto folgorato quando, a gennaio, ho letto un’intervista su Nesweek in cui un finanziere come George Soros dichiarava che Lloyd Blankfein, il capo della Goldman Sachs, non è solo un uomo avido e poco illuminato, ma il “male assoluto”, come Hitler e Stalin... Capisce? Ho iniziato a riflettere su Monti, per anni consulente della Goldman Sachs... Sul fatto che gli Usa, il paese più indebitato al mondo, possano uscire dalla crisi in cui si trovano senza innescare una guerra... Insomma ho scritto su queste cose».
E che idea s’è fatto su queste cose?
«Che la crisi attuale è peggiore di quella del ’29, e lontana dalla fine. Che le soluzioni adottate finora, negli Usa e in Europa, sono palliativi. E che il modello di sviluppo su cui ci basiamo, quello neo-capitalista e neo-liberista, è fallimentare».
A Lei Obama non piace. E neanche Monti.
«Obama mi piaceva e spero possa riscattarsi nel secondo mandato, se ci sarà. Ma per ora tutte le sue promesse sono rimaste tali. E Monti... Mah... Ero e rimango convintissimo che al posto di Berlusconi ci dovesse essere un altro governo. Ma che ci dovesse essere questo governo, ho molti dubbi. Mi fa senso che la sinistra lo appoggi».
Lei cosa propone?
«Bisogna costruire un’idea condivisa del nostro futuro. Vogliamo una società fatta di giganteschi centri commerciali in mano a pochi colossi, aperti 24 ore su 24? Io no... Sono più per la micro-economia, quella delle piccole-medie imprese, visto che la grande in Italia non ha portato risultati eclatanti. Bisogna accordarsi su alcuni valori: dare alla gente un lavoro, nuove prospettive morali, e poi, però, anche soddisfazioni spirituali... Ecco, con la mia casa editrice voglio dire queste cose».
Fazi: l’editore che scende in campo. Che sceglie l’impegno intellettuale...
«Sì, per me l’editore deve anche prendere posizione, quando è il momento. Attenzione, non ho nulla contro i libri commerciali...».
Lei ha pubblicato Melissa P.
«Appunto. E va bene, perché i bestseller servono a tenere i conti a posto. E infatti cerco anch’io di vendere il più possibile, sfruttando la narrativa di intrattenimento, i fenomeni di costume eccetera. Però voglio anche intervenire sui temi caldi della contemporaneità, dire la mia sulla crisi, su chi ci governa, proporre punti di vista nuovi...».
In che modo?
«Pubblicando, ad esempio, gli scritti del filosofo brasiliano Mangabeira Unger, che Lula ha scelto per guidare la Segreteria di Pianificazione a lungo termine, soprannominata “ Ministero del Futuro”...Sarà un libro di 600 pagine, che certo non mi farà guadagnare. Ma farà girare nuove idee in Italia e offrirà ricette alternative alla crisi».
Crisi. E quella dell’editoria?
«In Italia il mercato editoriale fino al 2009-10 incredibilmente ha tenuto, poi c’è stato il crollo. Negli ultimi mesi gli editori hanno perso il 10-20%. All’improvviso si è fermato il consumo di libri. Noi, come tanti, abbiamo puntato sugli ebook».
Si continua a parlare dell’ebook come del futuro dell’editoria. E continua a rappresentare l’1% del mercato...
«Quest’anno. L’anno prossimo sarà il 2. L’anno dopo il 4.L’anno dopo ancora l’8, poi il 16... In cinque anni saremo come gli Usa, con un rapporto carta-ebook del 70-30. Il 70% del mercato al libro di carta, il 30 all’ebook».
Al 30% in 5 anni? Per me arriveremo al 5% in 30 anni.
«Mi spiace: sbaglia. Io non sono mai stato un entusiasta dell’ebook. Ma ho capito che si possono fare cose impossibili, anche pensare a un’evoluzione dell’ebook, libri con inserti multimediali, filmati, audio...
Come Elido Fazi.
«Sì, ma io ci sono entrato vent’anni fa. Oggi non ce la farei più».
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