Benvenuto ai "Maniaci" i nuovi ragazzi terribili

Luciana Maniaci e Francesco D'Amore hanno entrambi ventisette anni, ma sembrano due diciottenni di buona famiglia e di buone maniere che, non si sa come, sono approdati al teatro. Ma è un’impressione sbagliata GUARDA IL VIDEO / Trailer I Pazzi - Lacaniana

Benvenuto ai "Maniaci" i nuovi ragazzi terribili

Hanno entrambi ventisette anni, ma sembrano due diciottenni di buona famiglia e di buone maniere che, non si sa come, sono approdati al teatro. Ma è un’impressione sbagliata perché il duo che va sotto l’etichetta controcorrente “I maniaci” (dal cognome di lei, una soave ragazzina dagli occhi azzurro cielo di nome Luciana) sembra nato solo ed esclusivamente sul palcoscenico. Che, come dice Francesco d’Amore, suo partner e coautore delle molteplici avventure quotidianamente affrontate con spirito pionieristico, non solo è il loro luogo d’elezione ma addirittura la culla che, ogni sera, li vede nascere e soffrire, ridere e poi rinascere in un’osmosi continua e inarrestabile. Superfluo aggiungere che destano la nostra curiosità, dopo aver assistito al loro ultimo show dall’insolito titolo “Il nostro amore..schifo” che, dopo due settimane di caloroso consenso al Teatro Libero di Milano è attualmente in tour.

Come e perché avete deciso di diventare non solo attori ma addirittura interpreti dei vostri copioni?, gli chiediamo curiosi. “Forse per sfuggire al modus vivendi dell’Italia del sud, ancora vittima di luoghi comuni duri da digerire e difficili da abbattere”, rispondono all’unisono i due partner, la prima di Messina e il secondo di Bari. “Eravamo alla ricerca di un luogo diverso da cui cominciare a crescere per esprimerci”, dice lei. “E Torino, col gruppo diretto da Gabriele Vacis, ci è parso l’ideale per spiccare il volo”, incalza Francesco. D’accordo, ma come è cominciato il vostro viaggio espressivo? “Abbiamo iniziato con “Serenase”, una serie di monologhi dedicati a coloro che soffrono di manie depressive. Il Serenase, per chi non lo sa, è il medicinale che cura le psicopatie gravi, quelle che possono condurre al suicidio o perlomeno a gravi stati d’angoscia che possono minacciare la vita emotiva del paziente. Non appena ne siamo venuti a conoscenza, abbiamo pensato di interpretare in due piccoli atti unici le conseguenze che questo anomalo stato d’essere può comportare per i meno fortunati. Per questo in scena siamo diventati due freaks che si straziano, si torcono, gridano il loro furore di vivere. E’stata un’esperienza intensa ed emozionante”.

Guarda guarda! Per questo vi siete autonominati “I maniaci”? “Anche, ma non solo. Chi sono i cosiddetti maniaci se non coloro che,prigionieri delle proprie ossessioni, cercano di imporle agli altri come fanno gli attori coi loro spettatori, i testimoni che li guardano?’”, fa lei. E lui di rimando: “Sa che dopo quell’esperienza, dato che i teatri – quelli veri – non volevano saperne di una coppia come la nostra, siamo entrati negli appartamenti di chi ci voleva ascoltare?” Bravissimi, ma posso sapere cosa gli avete fatto vedere? “Risponde a tutto il titolo di quella performance ovvero “Le cose nelle case”, mormorano entrambi. “La gente che all’inizio era sconcertata. Ma poco per volta si lasciò coinvolgere vedendo che da soli, con pochi oggetti d’uso comune, evocavamo gioie e scompensi della famiglia che avevano fondato da quando occupavano il loro domicilio. Dove i ricordi, gli utensili, i soprannomi, i parenti facevano tutt’uno col loro vissuto”.

Eravate sponsorizzati da qualcuno o no? “Facevamo tutto da soli. A volte nella dimensione lillipuziana di un negozietto per chi voleva capire, vedere, comunicare con noi. Alzavamo la saracinesca e a chiunque entrava proponevamo non degli spettacoli veri e propri ma delle letture prendendo spunto da tutto ciò che cadeva sotto la nostra attenzione”, si sussurrano l’un l’altro. Anche “Il nostro amore..schifo” è nato così? “Certo. Io e Francesco”, spiega paziente Luciana, “dapprima ognuno per sé, abbiamo scritto la versione dell’amore di coppia visto da un lui e da una lei immaginari. E poi, quasi senza accorgercene, siamo andati in scena”. In che modo, se è lecito? “Piano piano, mentre io recitavo e lei mi guardava”, prosegue Francesco, “mi è venuto naturale cominciare a corteggiare la donna ideale dei miei sogni. Dal primo incontro all’innamoramento, poi alle nozze e infine alla tristezza della vecchiaia”. E Luciana? “Io gli sono venuta dietro di getto con l’entusiasmo di una neofita”, lo interrompe la protagonista. femminile.

“Dapprima come una bambina che mima inconsciamente l’amore, un gioco che non conosce, e poi come un’adolescente che senza accorgersene percorre tutte le età”. Fino alla fine, alla desolazione, a… “Oh, fino alla morte no!”, protestano vivacemente I maniaci. “Non sarebbe leale verso chi viene a vederci, che si aspetta ancora tutto dalla vita!”.

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