Caruso e il freddo glaciale con Toscanini alla Scala

Nel centenario della scomparsa il libro di Maurizio Sessa racconta il re dei tenori e la sua vita, dagli esordi fino al grande successo d'oltreoceano, dal 1899 al 1904. In questo stralcio del libro si parla del dissidio con il grande Maestro Arturo Toscanini

Da Wikipedia
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Per gentile concessione dell'editore pubblichiamo uno stralcio del libro "Caruso & Friends - La nascita del re dei tenori (1899-1904)", Maurizio Sessa (Florence Art Edizioni 2021, pp. 128). Una biografia che prende spunto da una collezione di fotografie fino ad oggi inedite e ci aiuta a riscoprire, nel centenario della sua scomparsa, il re dei tenori e la sua vita, dagli esordi fino al grande successo d'oltreoceano, dal 1899 al 1904.

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Caruso, in preda a mal di gola, riprese la rotta per il Sudamerica. A Buenos Aires, il 10 maggio 1900, le sua voce roca provocò le proteste vibranti del pubblico in Mefistofele. Caruso, indispettito, era deciso a mollare tutto, a rimbarcarsi. Gli applausi riscossi nella successiva replica lo indussero a restare. Ada Giachetti, lontana, gli era vicina con il sentimento. Il 27 maggio, con una cartolina da Milano, riferendogli del figlio Rodolfo detto Fofò, lo incoraggiò: «Cuore mio. Scrivimi dei tuoi successi pensa sempre alla tua Ada che tutto andrà bene. Fofò è tanto bellino e sta bene. Bacioti con lui tua Ada».

In pochi anni Caruso aveva bruciato le tappe: ventidue teatri, quaranta ruoli, cinquecento e più recite. Dietro gli aridi numeri statistici, quanta fatica, quanti sforzi. A Bologna, a novembre Caruso “sfidò” due tenori di casa: Giuseppe Borgatti (1871-1950) di Cento e Alessandro Bonci di Cesena. Tra i due litiganti locali vinse l'ospite “terzo incomodo”. Prima a Treviso e poi a Bologna, le ventiquattro esecuzioni di Tosca, tra ottobre e novembre del 1900, furono le ultime apparizioni di Enrico e Ada Giachetti come colleghi.

Con queste credenziali, l'ex ginnasiale serale dallo scarso profitto Enrico Caruso, il 26 dicembre 1900, fu ammesso al Teatro alla Scala di Milano, ambita e severa Università del melodramma internazionale: compenso trimestrale di cinquantamila lire. Ottimo il trattamento economico, irto di ostacoli il percorso di avvicinamento alla prima lezione.

Tutto era cominciato da una sostituzione improvvisa. L'apertura del cartellone spettava a Borgatti con Tristano e Isotta di Wagner, ma il tenore ferrarese ammalatosi non si ristabilì per tempo. Il manager della Scala, Giulio Gatti Casazza, scelse la Bohème di Puccini con Caruso come alternativa per dare avvio alla stagione. Per Enrico un nuovo esame all'insegna delle melodie pucciniane. Il tenore che non era al meglio delle condizioni fisiche «e forse non ancora tecnicamente agguerrito sull'emissione del “do” acuto» ebbe contrasti con il direttore d'orchestra.

Un direttore quanto mai severo e puntiglioso. Il più severo e puntiglioso, che rispondeva al nome di Arturo Toscanini. Le prove stentavano tra interruzioni, screzi, imbarazzi. Caruso partì con il piede sbagliato, o meglio con la voce in falsetto. «Alle prove, malgrado le insistenze e gli inviti perentori del maestro, Caruso continuava ad emettere il “do” della “gelida manina” in falsetto». Forse, semplicemente, Caruso risparmiava il fiato. «Si arrivò ad un compromesso, abbassando di mezzo tono la romanza. Ma Caruso continuava ad emettere in falsetto la nota acuta, il “si” naturale».

E Toscanini sbottò. Depose la bacchetta, scese dal podio. Tirava aria di tempesta. Caruso, come al solito, si diceva disposto a rifare le valige, a restituire l'anticipo. A riportare un po' di calma nella Sala del Piermarini contribuirono le virtù diplomatiche del duca Giuseppe Visconti di Modrone (1879-1941) e l'autorevolezza e l'autorità del direttore generale Gatti Casazza, che, da ingegnere navale, riportò in linea di galleggiamento la barca che rischiava di affondare. In questo clima che non faceva presagire nulla di buono si arrivò all'apertura. Toscanini, cane che abbaia non morde, si era riaccomodato sul podio. A dispetto di Mimì interpretata dalla napoletana Emma Carelli, soprano verista rivelazione per eccellenza, l'opera ambientata a Parigi ma di chiara ispirazione milanese non spiccò il volo. Almeno secondo le cronache del tempo.

Quegli stessi resoconti, però, che raccontano di una pronta e convincente rivincita di Caruso and friends nelle nove repliche conclusesi con applausi e richieste accettate di bis. Toscanini, che considerava la ripetizione a richiesta “roba da fiera”, ingoiò amaro mugugnando.

Caruso&Friends

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