Che noia i libri ecocompatibili Meglio l’iPad dei finti Tarzan

Da Corona a Bonanni, fino alla Hack: chi vuole vivere con 200 euro al mese, chi mangiare a chilometro zero, chi usare solo la bicicletta. Demonizzando il progresso e l’Occidente

Che noia i libri ecocompatibili Meglio l’iPad dei finti Tarzan

Meglio Tarzan, almeno era giustificato, viveva nella giungla e, passando da una liana all’altra della modernità, non sapeva cosa si perdeva, non era iscritto al Game Center, non aveva mai giocato a Call of Duty Black Ops 2. O meglio L’enfant sauvage di Truffaut, che dall’inizio alla fine non spiccica parola e mai scriverebbe un libro.

Invece le librerie sono invase dal naturalismo ingenuo, l’ecosostenibilità è anche narrativa. Non mi riferisco al solito Andrea De Carlo che vive in campagna e del solito Mauro Corona che vive in montagna, tra il bio e dio c’è di tutto, dalle stelle alle stalle, perfino le stelle e le stalle insieme, cioè un libro con Margherita Hack che gira la Toscana in bicicletta, perché la bicicletta è bella. Anche questa storia della bicicletta ha veramente rotto. Tutta una retorica del pedala e del pedalare, e noi già avevamo Prodi, e prima di Prodi eravamo stati perseguitati da bambini, con la mamma che ci diceva: «L’hai voluta la bicicletta? Pedala!» per qualsiasi cosa avessimo voluto e di cui ci fossimo stancati. E prima ancora il nostro grandissimo cinema, ovviamente pezzente, inizia con Ladri di biciclette, una fissazione. Io ormai quando vedo uno in bicicletta lo etichetto come scemo, e quando lo vedo arrancare in salita sotto il sole mi piace sfrecciargli vicino con la macchina e Smooth Criminal a tutto volume, per fargli vedere quanto odio lui e Jean Jacques Rousseau.

Come quelli che ascoltano Lifegate, ora solo in digitale perché l’FM inquina, così ha dichiarato il furbo Roveda, quello delle Fattorie Scaldasole, perché l’FM non incassava abbastanza. O quelli che si curano solo di farmaci naturali e moriranno di morte naturale. A me le erboristerie mi danno l’orticaria solo a vederle, quasi peggio di Report, ma per carità, ben vengano, loro si curino pure con le tisane, io con farmaci testati, vediamo chi vive di più. E mangino il mais naturale prodotto da Mario Capanna, che ha appena scritto Il fiume della prepotenza, cioè l’Occidente moderno, io mi mangio il mais OGM consigliato da Umberto Veronesi, senza aflotossine cancerogene. In linea di massima se volete vivere sani seguite questo consiglio: quando qualcuno vi offre un prodotto naturale voi rispondete sempre come me, con la faccia schifata: «Ah, peccato, artificiale non c’è?». Se vi portano in un ristorante al chilometro zero, lamentatevi che non hanno il sushi fresco norvegese.

Quanto la natura faccia male è certificato non solo dai turisti negli agriturismi, ma anche dai suddetti libri, prova evidente del fatto che l’intelligenza è inversamente proporzionale all’integrazione nella modernità. Vi ricordate il film Into the wild di Sean Pean, dove un imbecille voleva vivere nella natura e nella natura alla fine ci moriva, mangiando le bacche avvelenate? È il primo film dove il lieto fine è dato dal fatto che il protagonista in cui identificarsi muore. Come Grizzly Man di Werner Herzog, documentario su Timothy Treadwell, l’uomo che voleva vivere tra gli orsi e stava sempre appiccicato agli orsi e alla fine viene sbranato da un orso ma dopo 13 anni, il che dimostra l’infinita pazienza degli orsi.
Noi nel nostro piccolo abbiamo un certo Denis Bonanni, ha appena pubblicato per Marsilio il libro Pecoranera in cui insegna a «come vivere con 200 euro al mese», e di questi tempi attira molto l’attenzione. Siccome è belloccio, in copertina c’è un suo primo piano in mezzo al verde. Siccome è belloccio, la stessa foto è anche sulla quarta di copertina. Come giri il libro vedi la sua faccia. Comunque sia il sottotitolo non lascia adito a dubbi: «Un ragazzo che ha scelto di vivere con la natura», eccone un altro. L’incipit è da urlo: «I bisogni schiacciano l’uomo e avvelenano il Pianeta. Appaghiamo l’ultimo capriccio ed eccoci ancora in difetto, condannati a perdere il passo nella rincorsa al Benessere». Il problema principale è che «sediamo a tavola annoiati da tanta abbondanza e sapore. Senza fame non ci sarà pietanza in grado di soddisfarci. Perché abbiamo bandito la fame dalle nostre tavole?». Si potrebbe distribuire questo libro all’Unicef e a tutte le Ong preoccupate per la fame del mondo per spiegargli che morire di fame è bello. Io a proposito non ho mai capito questi adepti del mito del buon selvaggio che però vogliono aiutare l’Africa, portargli da mangiare, internet o gli antiretrovirali, insomma: perché l’Occidente dovrebbe aiutarli? Se noi siamo i moderni cattivi, almeno lasciamo i selvaggi in pace.

In ogni caso la ricetta del belloccio è fare a meno di tutto: dell’iPad, dell’iPhone, della X-Box, della Playstation, della televisione, dell’aria condizionata, dei libri, perfino del cibo e del sesso. Tranne che della bicicletta, la bicicletta non poteva mancare: «Sono un partigiano del pedale! Sulle due ruote ricerco il passo svelto per volare lontano e sogno la beffa al mezzo motorizzato. Sorpasso un’Ape 50 e ghigno mentre vedo il guidatore trasalire dal torpore del suo abitacolo. Mi fa lo scalpo una berlina che mi sputa nei polmoni il suo diesel e mi piego affranto». Se lo incontro prima di sorpassarlo rallento e lo sputo io.

Alla fine la ricetta geniale per vivere con 200 euro è tornare al Pleistocene per godere dei piaceri della vita, quando la vita non aveva nessun piacere. Anzi, non si capisce neppure a cosa gli servano 200 euro, forse per comprare una bicicletta usata, un cervello nuovo costa troppo.

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