Cultura e Spettacoli

"In Cina non c'è più speranza è morta con il comunismo"

Lo scrittore dissidente autore di Servire il popolo racconta la Pechino di oggi: "Siamo un Paese devastato e senza memoria"

"In Cina non c'è più speranza è morta con il comunismo"

Pordenone - Ci sono tante cose che colpiscono parlando con uno scrittore cinese dissidente, uno come Yan Lianke, autore incredibilmente prolifico, che a 55 anni ha pubblicato racconti, saggi di critica letteraria e romanzi, fra i quali, usciti in Italia, Servire il popolo (Einaudi 2006), satira eroica ed erotica sui precetti maoisti (Yan Lianke negli anni Ottanta lavorava all'Ufficio propaganda del Partito e scriveva i discorsi per i capi politici) e Il sogno della città dei Ding (nottetempo 2011), violenta denuncia dell'epidemia di Aids nelle campagne cinesi: libri colpiti in patria dalla censura e baciati dal successo all'estero. Comunque, le cose che colpiscono sono queste: la prima è che lui pensa che «è vero, la censura c'è, ed è pesantissima, si sa benissimo da noi cosa si può e cosa non si può scrivere, nell'ultimo mio romanzo ad esempio ho dovuto accettare circa un centinaio di modifiche... Però, anche grazie al lavoro degli editor che sanno dove intervenire, alla fine il libro esce». Scrivere a Pechino ai tempi del Comunismo 2.0... La seconda è che lui pensa che «l'ultimo romanzo, che racconta la forza dei legami familiari nella Cina rurale agli albori della Rivoluzione culturale, è andato benissimo, e piace molto ai miei connazionali» perché ha venduto circa 200mila copie: in un Paese di 1,35 miliardi di persone. Che è come se da noi un libro vendesse 20 copie... L'ultimo romanzo di Yan Lianke, finalista nel 2013 al Man Booker International Prize e oggi insegnante all'Università del Popolo di Pechino, s'intitola Pensando a mio padre (nottetempo) - presentato in anteprima italiana ieri a Pordenonelegge - ed è bellissimo. Diviso in capitoli-quadri racconta la storia del padre, un contadino nella provincia rurale dell'Hean, morto a 58 anni di asma - «lavorare era un dovere e solo faticando giorno e notte si sentiva vivo e riusciva a dare un senso alla propria esistenza» - e la storia della Cina di ieri vista con gli occhi un cinese profondamente deluso anche dalla Cina di oggi.

Cos'è la memoria?
«Quella cosa che fa esistere il passato».

Cosa fa rivivere il suo libro?
«Una Cina in cui, nonostante la Rivoluzione Culturale, era fortissimo il senso della terra, delle tradizioni, della famiglia, degli affetti fra fratelli, e fra figli e padri. Fra io, figlio, e lui, mio padre».

Tutto questo è morto?
«È morto il rapporto affettivo fra le persone, oggi non ci si preoccupa più degli altri: se tu mi sei utile, ti sto vicino. Se non lo sei, non mi servi. La gente non si fida più dell'altro. Siamo sprofondati in un vuoto di valori spaventoso... Finché c'è stato il sogno comunista, la gente aveva una fede. Oggi c'è ancora il Comunismo, ma tutti hanno capito che è un'utopia. E non ci è rimasto più niente, nessuna fede, nessun valore. Se non quelli del denaro e del potere».

Nella Cina di ieri si era più poveri ma felici?
«Voglio dire che oggi si è un po' più ricchi ma molto più poveri di spirito».

Cos'è stata la Rivoluzione culturale cinese?
«Disastri e sofferenze».

E il capitalismo cinese di oggi?
«Sofferenze e disastri».

Cos'è stato il Comunismo di Mao?
«Un sogno fallito».

E quello di oggi?
«La stessa cosa, ma ancora più corrotto».

Come si vive a Pechino?
«Si vive. Ma non c'è un luogo dove non si soffochi per l'inquinamento. Non trovi un albero sano. La Cina è un Paese devastato. Con poco fiducia nel futuro e senza memoria del passato».

E per questo che scrive libri?
«Il compito della letteratura è estendere, allungare la memoria. Non fare dimenticare le cose accadute. I giovani nati negli anni '80 e '90 non sanno cos'è stata la Cina di Mao, la Rivoluzione culturale, il Balzo in avanti, la fame... Cioè le cose di cui non si può scrivere. Oltre che di Tienanmen».

Cos'è la censura?
«Proibire di ricordare. O obbligare a ricordare solo quello che vogliono loro».

E come la si supera?
«Continuando comunque a scrivere. Magari senza fare nomi, raccontando storie, ricordando ai ragazzi di oggi da dove provengono, chi erano i loro nonni, chi era loro padre. Quindi chi sono loro adesso».

Come si può scrivere pensando che loro potranno cambiarti o toglierti qualcosa?
«Lo sa che tutto ciò che non viene pubblicato in Cina viene pubblicato a Taiwan? Là tengono una copia di ogni testo. Un gigantesco deposito legale della memoria cinese.

Scrivo pensando che un giorno quell'archivio si aprirà».

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