Così l'arte contemporanea torna all'epoca dell'Homo Faber Al Castello sforzesco di Milano fino al 6 gennaio

Dopo l'ubriacatura concettuale, l'arte contemporanea torna tèchne, «arte del saper fare». Lo dimostra «Homo Faber. Il ritorno del fare nell'arte contemporanea», al Castello Sforzesco di Milano (fino al 6 gennaio, catalogo Ed. Allemandi&C.). Curata da Mimmo Di Marzio con la collaborazione di Nicoletta Castellaneta, la mostra presenta i lavori di una trentina di artisti contemporanei italiani e stranieri. L'allestimento nelle sale del Museo di Arti decorative (tra ceramiche, arazzi e strumenti musicali il più completo d'Italia, anche se poco noto) non è casuale: le opere del passato dialogano a meraviglia con quelle di oggi. Téchne e tecnologia vanno a braccetto, come in Parnographia dell'inglese Mattew Collishaw, giostra di statuine animate da luci strobo, o nelle inquietanti sculture in plastilina protagoniste dei video della svedese Nathalie Djuberg.

Ci sono poi artisti-demiurghi quali la svizzera Beatriz Millar con i suoi totem di pane, la bolognese Sissi che tesse sculture di tela o Vanni Cuoghi che ritaglia storie d'arme e d'amore in stile rinascimentale. «Lo potevo fare anch'io», per citare il saggio di Francesco Bonami sull'arte odierna, questa volta non lo si può proprio dire.

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