Così Montale si convertì al cattolicesimo

Così Montale si convertì al cattolicesimo

Sul rapporto tra Eugenio Montale e Annalisa Cima (un legame di amicizia iniziato quando lui aveva 72 e lei, bellissima, 27, e che durò per tredici anni, con un Nobel di mezzo), così come sul Diario postumo e sulla vexata quaestio della sua autenticità, ormai assodata, si è scritto e pettegolato molto. Cosa, del resto, più che accettabile, visto che si parla di una delle coppie letterarie più affascinanti del nostro secondo Novecento.
Ora, però, ad aggiungere qualcosa al triangolo lirico fra «Eusebio», la sua ultima Musa e la Poesia, arriva il libro della stessa Cima, oggi settantunenne: Le occasioni del «Diario postumo», sottotitolo «Tredici anni di amicizia con Eugenio Montale», pubblicato da Ares. Un libro che spiega la circostanziata genesi di molte poesie del Diario (con i commenti-spiegazioni della Cima) e rivela aspetti inediti del Montale «privato»: il carattere molto meno burbero di quanto tramandi la vulgata, l’inclinazione agli scherzi, l’affettuosità...
Ma, tra le numerose «occasioni» che offre il libro, una delle meno scontate, oltre l’invito a rileggere l’opera postuma di Montale, è costituita della prefazione di Cesare Cavalleri, critico letterario finissimo e rigorosissimo direttore della casa editrice, cattolica, Ares. Sciogliendo il nodo della conversione di Montale, avvenuta secondo lui negli ultimi anni di vita (quando era nella seconda dimora di via Bigli, a Milano), Cavalleri accenna al lungo e graduale passaggio da «ateo» a «credente» e al ruolo di «voce di salvazione» svolto dalla stessa Cima.
Cavalleri, da una parte nega in maniera tranchant qualsiasi relazione extra-letteraria tra la Musa e il Poeta: insomma, nessuna sensualità, soltanto affetto. E per questo basta una citazione montaliana, del 1968: «Non appartengo ai paradisi artificiali di Palazzeschi, né agli inferni lussuriosi di Ungaretti; sono un uomo che ha vissuto al cinque per cento. Appartengo al limbo dei poeti asessuati e guardo al resto del mondo con paura». E, dall’altra, pur dedicando poche righe alla conversione, interrogato di persona si lascia andare.

E ricorda di come Montale «fu sempre in dialogo con il Mistero», di come era uso donare il vino per la Messa alla parrocchia di San Francesco di Paola, in via Manzoni, e soprattutto di quanto gli raccontò il cappellano della clinica San Pio X, dove Montale morì il 12 settembre 1981: e cioè che il Poeta volle recitare il rosario, e che si spense «cristianamente».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica