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Cultura

Al quarto romanzo - Il Carezzevole (Newton Compton, pagg. 332, euro 14,90), l’inviato speciale Massimo Lugli alza il tiro. Esaurita infatti la fortunata miniserie del «Lupo», entra ora in scena l’aspirante cronista e voce narrante Marco Corvino, che se non è un alter ego del narratore gli somiglia tuttavia molto. I fatti si svolgono nella redazione di un quotidiano romano, sezione cronaca nera, e nelle strade di una Roma travolta da una serie di delitti sempre più efferati, di cui Corvino è chiamato a dare conto. Ogni capitolo è però preceduto da un testo in corsivo, in cui una seconda voce narrante (il Carezzevole, appunto) descrive con tono mellifluo delitti ben più cruenti, condotti sul filo di un sadismo anche troppo esplicito. Lugli racconta il male attraverso la luce deformata di de Sade; prendendone le distanze come può fare un laico romano disincantato, senza celarne tuttavia il fascino perverso. Ad arricchire il panorama dei rimandi, il cronista Corvino pratica inoltre il karate, arte marziale che la narrativa italiana ha di recente frequentato, per esempio, nei racconti giovanili di Antonio Franchini.
La mescolanza di cronaca nera, letteratura sadiana e Oriente marziale può suonare incongrua ed è senz’altro una scommessa rischiosa. Massimo Lugli la vince perché, intanto, ha vissuto in prima persona le redazioni di nera dei primi anni Settanta. Non soltanto verosimile, la sua prosa è soprattutto autentica. Lo stesso si dirà delle arti marziali. Esse servono a spiegare le crudeltà del Carezzevole, ispirate ai cinque elementi della tradizione cinese (acqua, terra, fuoco, legno, metallo), e forniscono anche lo spunto per alcune riuscite descrizioni di incontri di karate. In queste pagine Lugli dà prova di una lingua rapida e precisa, come fosse ispirata alle movenze stesse del karate; di cui, nei momenti più riusciti, evoca anche il tempo del silenzio e della riflessione. Accanto alla violenza e al male, elementi primi e necessari della narrazione, Il Carezzevole si distingue per il tono insieme sarcastico e partecipe con cui Lugli racconta le acrobazie del suo cronista alle prime armi. Guardato con distacco da una famiglia alto borghese, per questa ragione preso a gabbo in redazione, conosce vicende sentimentali intricate fino al paradosso: e Lugli simpatizza per lui, lo scusa anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Ci sono anche momenti propriamente umoristici e, già notati negli altri romanzi, molti botta e risposta con tempi teatrali ammirevoli.
Come negli altri romanzi, le donne di Massimo Lugli non sono proprio degne di memoria. Si salva forse Onda, una ragazza di bellezza avanzata e trascorsa, che si concede a quasi tutti e della quale il Corvino, forse, crede persino d’innamorarsi. Il coro è costituito dai colleghi di redazione, tutti buoni caratteristi di un film andato in scena mille volte e di cui, ogni volta, a Corvino tocca scoprire un nuovo particolare, un dettaglio mancando il quale rischia di fallire l’agognata assunzione.
Molto ben preparato in corso di narrazione, il romanzo si chiude a sorpresa, con effetto di catarsi per la voce narrante e, chi lo sa, forse per tutti i protagonisti, compreso il cattivissimo Carezzevole. Il Carezzevole è infatti diviso in tre parti (noviziato, contaminazione, ribellione), precedute da un prologo e chiuse da un epilogo che traduce in spagnolo una parte del prologo. Si tratta di un vero e proprio cammino iniziatico, che deve tanto al marchese de Sade quanto ai testi della meditazione orientale e, bene inteso, cristiana. Ancora una mescolanza, stavolta tra sacro e profano, condotta però con rispetto e cognizione di causa.

A fine lettura, l’impressione è che Marco Corvino abbia davvero adempiuto alla sua missione e non ci sia possibilità di ritrovarlo in altri romanzi di Massimo Lugli. Fosse così, si è contenti d’averne condiviso l’ingenuità, l’ostinazione e l’impudenza.

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