Dai muscoli ai superpoteri La «mutazione» degli eroi

I «guardiani» dell'era Reagan erano imbattibili e coraggiosi ma umani. Quelli dell'era Obama sono semidei insicuri. Ecco perché rimpiangiamo Rambo, Rocky e Indiana Jones

Dai muscoli ai superpoteri La «mutazione» degli eroi

Negli anni Ottanta gli eroi erano uomini. Adesso sono diventati semi-dei dotati di poteri sovrumani. Oppure macchine. Ma chi vide in azione i personaggi di oltre trent'anni fa vuole rivederli com'erano, anche se di tempo ne è passato a sufficienza. Poco importa se hanno imboccato il viale del tramonto.

Da qualche giorno è nelle sale Usa il terzo episodio de I mercenari , geniale intuizione di Sylvester Stallone. Nel 2010 Stallone aveva stiracchiato fino allo sfinimento l'icona che lo aveva reso celebre, con il quinto Rocky della serie (2006) e l'ennesimo Rambo (2008). Ritirarsi? Macché. Casomai rilanciarsi! Come sempre il fiuto l'aiutò. Gli venne in mente un film tagliato sulla sua figura, tutto sommato ancora possente. Il film lo scrisse, diresse e interpretò. Niente ragazze, ma pistole, pallottole, fucili e mitragliatrici a volontà. Un paio di bravi attori (Jason Statham e Jet Li), un «bello (e vecchio) maledetto», Mickey Rourke, e partì la nuova sfida. Per rafforzare il prodotto chiese ad altri due «eroi muscolari» venuti alla ribalta negli anni Ottanta una breve apparizione: Bruce Willis e Arnold Schwarzenegger. Il giocattolo I mercenari ( The Expendables , 2010) funzionò bene e due anni dopo arrivò la seconda puntata. Stavolta Schwarzenegger, liberatosi dagli impegni politici, ebbe più tempo, e accanto a lui ci furono, oltre a Bruce Willis, altri due miti degli anni Ottanta: Chuck Norris e Jean-Claude van Damme. Adesso, per il terzo appuntamento, alla squadra si sono aggiunti Mel Gibson e Harrison Ford. E visto che il cinema americano è sempre più latino, è stato imbarcato anche Antonio Banderas. Quindi Rambo , Rocky , Commando, Arma Letale , Indiana Jones , tutti insieme a festeggiare la «nostalgia». La «nostalgia» per un cinema fatto di muscoli, fatica, coraggio, pallottole a volontà, stelle e strisce. Un cinema di uomini, senza la corazza degli effetti speciali o armi fantascientifiche. Che differenza con i super-eroi Marvel o DcComics che da qualche anno più che in edicola imperversano al botteghino, tra Iron Man, Capitan America, Avengers, X-Men, Thor, Spider-Man, Superman e ora, da ultimo, I guardiani della galassia . Questi semi-dei hanno grandi poteri ma sono invariabilmente presentati come esseri problematici, insicuri, in conflitto con se stessi e talvolta col resto del mondo. Gli Avengers (e soci in calzamaglia) sono «i guardiani dell'età di Obama»: i custodi, ma anche lo specchio, di una super-potenza in declino o forse soltanto in crisi di fiducia.

I «guardiani dell'età di Reagan» riportarono il cinema americano ad essere quello di un tempo: imbattibile. Il primo a prendere a cazzotti la depressione degli anni Settanta fu proprio Stallone. Nel 1976, quasi sconosciuto, si batté fino allo spasimo per essere Rocky. Un eccellente regista, John G. Avildsen, lo diresse alla perfezione. La Filadelfia del 1975 dove Rocky Balboa ciondolava infreddolito, criminale italo-americano di mezza tacca, era il ritratto dell'America. Sfinita dal Vietnam, dalla recessione, dal Watergate. Il sorriso del democratico Jimmy Carter convinse gli americani (che quattro anni dopo si sarebbero pentiti, preferendogli Reagan). Contro ogni previsione Stallone distrusse tutto e tutti. L'America voleva risorgere. E lui fu il volto, l'icona della resurrezione. Alla lettera: rivedetevi l'apertura di Rocky . Prima il ritratto di Gesù Cristo, poi l'inquadratura del ring. Nel 1982, con Reagan in sella al primo mandato e con il turbo all'economia, Stallone è Johnny Rambo, un veterano del Vietnam incazzato a morte con i politici, che prima lo hanno mandato a combattere e poi l'hanno abbandonato. Tutti gli anni Ottanta Stallone li trascorre con il seguito di Rocky (altri quattro film, fino al 1990) e di Rambo (altre due pellicole). Reagan lo aveva promesso: «America is back». E lo schermo confermava la sua previsione. Accanto a Stallone si imponevano Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis, Chuck Norris, Mel Gibson, Harrison Ford. Li ritroveremo tutti ne I mercenari . Ne manca solo uno: Steven Seagal. Ma ci sarà tempo per arruolarlo.

I mercenari è un film esteticamente vecchio. Direte: e come potrebbe non esserlo, visto che è pieno di quasi settantenni? Ma questi non sono nonnetti. Vogliono battersi, come hanno sempre fatto. Anche a mani nude. E vedendoli ancora scattare, saltare, sparare, ci si dimentica volentieri dei capelli tinti, dei ritocchi chirurgici, di qualche pancera nascosta. In realtà Stallone è sempre Rambo. E Schwarzenegger, Commando. Harrison Ford, Indiana Jones. Mel Gibson, Arma letale. Insomma, essere stati «guardiani di Reagan» un po' è come essere stati carabinieri: lo si resta per sempre. Al cinema la «nostalgia» spesso funziona. Gli anni Ottanta del secolo passato erano ricchi di speranze. Wall Street marciava come un rullo compressore. La ricchezza, per tutti, sembrava a portata di mano.

La nuova modernità prometteva un futuro migliore. E poi, se qualche problema sorgeva all'orizzonte, ci avrebbero pensato loro a proteggerci, ovunque, i «guardiani di Reagan». Dovevamo saperlo che un conto è il cinema, altro la vita.

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