Che sapore ha un numero? Di che colore è una lettera? Che forma ha una moltiplicazione? Sono tutte domande senza senso per noi «normali». Per noi la matematica è una faticosa astrazione, mentre fare colazione o gonfiare le gomme della bicicletta è una facile concretezza. Se, invece, avete a che fare con persone come Daniel Tammet queste domande diventano perfettamente sensate, quotidiane e ineludibili.
Per Daniel, il 37 è grumoso come semolino rappreso, le parole sono sempre rosse, i 9 sono sempre azzurri mentre le moltiplicazioni sono gigantesche spirali che si dilatano nella sua mente. Questo perché Daniel per certi versi è un genio, per altri una persona che ha avuto gravissimi problemi di adattamento. Nato a Londra, primo di molti figli, oggi scrittore ed esperto di tecniche di memorizzazione e di linguistica, è uno di quei rarissimi casi che vengono classificati come «sindrome di Asperger». Quella che il grande pubblico ha imparato a conoscere attraverso il film Rain man per intenderci.
Così questo inglese dallaria timida è in grado di compiere calcoli rapidissimi mentre i numeri gli esplodono nella corteccia cerebrale come forme solide, mentre gli altri, i «normali», devono arrancare come bradipi armati di carta e penna. In compenso però deve contare i vestiti che indossa, altrimenti non riesce a uscire di casa, ha sofferto di epilessia, fatica moltissimo ad adattarsi ai cambiamenti, è costretto ad affidarsi a una serie di routine che gli sono vitali per non sentirsi schiacciato dalla realtà circostante. Tutto questo, in fondo, non sarebbe una novità: la patologia è nota e ogni tanto torna alla ribalta.
Però Daniel Tammet è riuscito a fare qualcosa che non era ancora riuscito a nessuno, qualcosa che lo ha fatto definire da alcuni esperti «la stele di Rosetta dellautismo». Ha colmato il fossato, è riuscito a raccontare a noi, confinati in un mondo di fatti e astrazioni, la percezione sinestetica degli autistici. Nel suo libro Nato in un giorno azzurro (Rizzoli, pagg.
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