"I buoni libri da pubblicare li cerco su social e autobus"

Il responsabile della narrativa italiana Mondadori spiega come lavora. Fra pianti e scoperte inattese

"I buoni libri da pubblicare li cerco su social e autobus"

Una mattina di sole degli anni Dieci, a Villa Borghese, una ragazza, classe 1978, chiede a un ragazzo, classe 1980, se vuole diventare il suo junior editor in Mondadori. Lei è Giulia Ichino e collabora con un big del lavoro editoriale, Antonio Franchini. Lui è Carlo Carabba, fa l’assistente di Storia della Filosofia alla Sapienza, lavora a Nuovi Argomenti e risponde di sì, mollando l’Università. Oggi Carabba è da poco più di due anni responsabile della narrativa italiana Mondadori, ha pubblicato unamonografia, due premiate raccolte di poesie, Gli anni della pioggia (peQuod) e Canti dell’abbandono (Mondadori), scrive per varie testate e in marzo debutterà per Marsilio con il romanzo Come un giovane uomo.

Come si entra a Nuovi Argomenti?

«Tutto parte nel 2003: invio delle poesie alla redazione e c’era Enzo Siciliano che - come vuolelaleggenda,che confermo - leggeva a una velocità mostruosa tutto ciò che arrivavain redazione, esempio quasi sovrannaturale di dedizione agli esordienti. Albinati, Veronesi, Piperno, Saviano: tutti le diranno che l’incontro con lui è stato decisivo».

Anche lei gli piace parecchio.

«Trova pubblicabili un paio dimie poesie. Parliamo. Mi dice: “Guarda, è arrivato dalla Puglia un giovane scrittore che ha bisogno di una mano. Magari potete legare”. Era Desiati: correggo bozze, imparo, si fa il 2008, lui se ne va a Fandango e io prendo il suo posto».

Sette anni dopo, la storia si ripete.

«Nel settembre 2015 Franchini mi dice che se ne va a Giunti e che il principale candidato a sostituirlo sono io. Non ci credo finché Selva Coddè non mi chiede se me la sento».

E ora avete arruolato Alberto Rollo, che lascia Baldini+Castoldi. Come mai?

«La narrativa italiana Mondadori è la più grande d’Italia. Era normale ampliare la squadra. E Alberto Rollo era in cima ai nostri desideri per cultura, sensibilità, visione».

Il suo più grande successo in questi due anni?

«Mi affido al criterio quantitativo: L’arte di esserefragilidi Alessandro D’Avenia. Un libro che lui mi presentò come un ufo, differente da tutto».

L’ultima volta che ha letto un manoscritto e ha detto: “Che bomba”?

«Con Dawla di Gabriele Del Grande, chepubblichiamoadaprile.Con il prossimo di Alessandro Barbaglia: mi ha commosso e mi sono messo a piangere. Ho pensato: “Era un momento di idiozia” e l’ho riletto. Ho ripianto».

Il 2018 cosa porterà all’editoria?

«Sono filosoficamente contrario alle tendenze “contenutistiche” e all’esordiente “col botto”. A livello, per così dire “strutturale” spero che si rafforzilo scambio fecondo tra forme espressive diverse e tangenti: libri, film, serie tv, fumetti, videogiochi e musica».

Tre qualità per trovare il libro giusto nella pila di manoscritti?

«Essenziale è l’apertura mentale. Mai ragionare per dogmi dell’industria culturale tipo: “Ilibri sulla camorra nonfunzionano”, “I film sui pirati portano male”, “Non si possono dare best seller a fumetti” o “Non esiste la poesia commerciale”, smentita dall’ingresso in classifica di Guido Catalano e Francesco Sole».

Seconda qualità?

«Entrare in ascolto. Non la sto mettendo sul New Age, ma bisogna donarsi al testo. L’editing è ammissibile solo da una prospettiva maieutica, non normativa. Far sì che il testo sbocci senza accanirsi troppo, perché spesso i difetti accrescono la bellezza».

Ultima?

«Sarò tradizionalista, forse reazionario: la preparazione».

Tutto questo serve a pubblicare bei libri o libri che vendono?

«Non ci deve essere frattura tra qualità e commerciabilità. Bisogna evitare di pensare che le cose belle siano per pochi spiriti eletti e le cose brutte piacciano al volgo vile e bovino. Sono orgoglioso di aver pubblicato Stefano Massini e Paolo Sorrentino:mi piaccionoilibri unici. Trovo perniciosissimo il culto del successo, che lascerei ai rapper. Con uno scarto a livello qualitativoil successo commerciale segue, esponenziale».

Bacini di scouting?

«Internet ha forme di scrittura ibride come Massimo Bisotti, che ho scoperto su Facebook.Bisogna tener d’occhioi social, Wattpad, le fan fiction, il self publishing. Ma anche i piccoli marchi, i premi come il Calvino oppure il bus: uno ha vistola tuafotoin un’intervistae ti proponeil suomanoscritto.Magari èun capolavoro. Purtroppo succede di rado: gli scrittori non pubblicati pensano che lo scopo degli editori sia non pubblicarli».

Carabba scrittore?

«Ho impiegato cinque anni a scrivere Come un giovane uomo. L’ho finito nell’estate del 2015. Poi Franchini ha dato le dimissioni e mi è sembrato giusto riporlo in un cassetto per un po’».

Incompatibile con la carica?

«Facevo considerazioni di opportunità nel pubblicare un libro facendo questo mestiere. Ne ho parlato con alcuni miei autori emi hanno detto: “Ma che problema ti fai, ma sei pazzo? Lo fanno tutti”».

Di che si tratta?

«Non è autofiction, non èfiction, non è un romanzo: direi che il termine che lo descrive meglio è memoir. Una serie di riflessioni senza capitoli e senza stacchi, a partire da un evento doloroso che mi è capitato nel 2010 e da una coincidenza».

A quali lettori piacerà?

«Inclini a farsi attaccare pippozzi ubriachi sulla vita e sulla morte».

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