Ma da dove proviene questa specie di Italia? Vorrei porre da prospettive insolite tre questioni che riguardano l'assetto geopolitico italiano, la matrice culturale della frattura tra nord e sud e l'origine storica del presente collasso.
Parto da una premessa antica. Dante nel De vulgari eloquentia distingueva l'Italia non tra nord e sud ma tra Italia occidentale e Italia orientale. La storia d'Italia, soprattutto dall'unità in poi, gli ha dato ragione. L'Italia è nata e cresciuta sul versante occidentale. La unificò il Piemonte sabaudo, il piemontese Cavour e i liguri Garibaldi e Mazzini. La composizione unitaria avvenne, oltre le guerre d'indipendenza, lungo la linea tirrenica. Da Quarto a Talamone, da Marsala all'Aspromonte, da Sapri a Teano. La Capitale discese da Torino a Firenze a Roma, mai si spostò a est. Crispi e Giolitti, i più significativi premier, provenivano dall'Italia dell'ovest, Sicilia e Piemonte. Il fascismo, è vero, sorse come fenomeno padano: Milano fu l'unica leggera deviazione, pur sempre occidentale nella storia d'Italia. Curiosamente anche la Repubblica italiana ha avuto, come la dinastia che l'ha preceduta, solo presidenti dell'Italia ovest: piemontesi come Einaudi, Saragat e Scalfaro; sardi come Segni e Cossiga, liguri come Pertini, toscani come Gronchi e Ciampi, napoletani come De Nicola, Leone e Napolitano. Tutti dell'Italia ovest. Da notare l'assenza totale di presidenti romani, nativi della Capitale; tra i tanti premier l'unica eccezione romana fu Andreotti. Ma è curiosa la pendenza occidentale dell'Italia.
Seconda curiosità. La nascita culturale del razzismo interno non ha una matrice reazionaria e nemmeno secessionista. La prima feroce teoria razzista sui meridionali ha un marchio scientifico e illuminista, progressista e socialista. È stato ripubblicato da Bompiani L'uomo delinquente di Cesare Lombroso che fondava la storia italiana sulla fisiognomica e l'etnia, basi razziali. «L'intero popolo del Mezzogiorno assume i connotati del delinquente atavico» scrive Lombroso che non era un reazionario oscurantista ma uno scienziato materialista e positivista d'ispirazione socialista. Il suo allievo Enrico Ferri, che fu direttore de l'Avanti! e parlamentare socialista, sosteneva che «la minore criminalità dell'Italia settentrionale derivava assai dall'influenza celtica». Perfino lo studioso siciliano e progressista Alfredo Niceforo scriveva: «la razza maledetta che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il Mezzogiorno d'Italia dovrebbe essere trattata col ferro e col fuoco - dannata alla morte come le razze inferiori dell'Africa e Australia». E Giuseppe Sergi, siculo anch'egli, faceva risalire alla conformazione diversa del cranio l'inferiorità razziale dei meridionali. Curioso questo maso-razzismo meridionale... Nessuno di loro era reazionario, cattolico, controriformista; erano tutti materialisti, darwiniani, positivisti, progressisti. Se l'umanità ha origine zoologica, come vuole l'evoluzionismo, il razzismo ne è la conseguenza rigorosa. Curiosa genesi.
Ma entriamo nella storia culturale e civile dell'Italia. È uscito un saggio di Ermanno Rea che tratteggia «il lato oscuro e complice degli italiani» (La fabbrica dell'obbedienza, Feltrinelli, pagg. 220, euro 8). Lo scrittore napoletano rilancia la solita lagna sulle origini della Malaitalia presente: il guaio è la mancata riforma protestante, il dominio della Chiesa controriformista. Rea ripropone la linea cattiva che va dalla Controriforma al fascismo, poi Craxi, infine Berlusconi. Un compendio di luoghi comuni & solite lamentele. Vorrei ricordare con la stessa sommaria conseguenzialità che se la Controriforma ha partorito il fascismo, la Riforma ha partorito il nazismo, come l'illuminismo generò il Terrore giacobino. Il totalitarismo del '900 è ateo e pagano. Non basta attaccarsi alla matrice austriaca e dunque cattolica di Hitler; il nazismo è un fenomeno profondamente tedesco, e il razzismo attecchì più nei Paesi di marca protestante (oltre la Germania, l'Inghilterra, i Paesi calvinisti) e in forma più blanda e riflessa nei Paesi della Controriforma. Se il clerico-fascismo fu figlio della Controriforma, madre di ogni arretratezza, si dovrà pur spiegare perché la modernizzazione d'Italia, le grandi opere pubbliche, la previdenza sociale e la legislazione del lavoro, l'integrazione del sud e del nord nello Stato siano avvenute proprio sotto regimi reputati controriformisti, autoritari o clerico-democristiani. E a ritroso si dovrà spiegare lo splendore europeo di Napoli (e Palermo) controriformista tra fine Seicento e primo Settecento, la gloria della Spagna controriformista col suo secolo d'oro. O la grandezza del pensiero di Vico, cattolico nel solco della Controriforma. Sarà poi un capriccio della storia se le maggiori scoperte scientifiche su cui regge la modernità non provengano dai Paesi nordico-protestanti, così aperti alle scienze, ma dall'Italia oscurantista e antimoderna, figlia della Controriforma, ad opera di Galvani, Volta e Meucci, Marconi, Fermi e Majorana, Natta e Olivetti. Non difendo affatto la Controriforma, e non baratterei la libertà; ma la verità va raccontata intera.
Viceversa, non abbiamo ancora affrontato i danni prodotti al sud dai massacri compiuti nel nome degli ideali giacobini dai francesi e dai loro collaborazionisti della Repubblica napoletana, paesi messi a ferro e fuoco, stragi di popolazioni inermi che fanno impallidire le repressioni del regime borbonico e le bande del cardinale Ruffo. O per tornare alla storia recente, chiedo cosa hanno opposto gli illuminati riformatori all'Italia controriformista. Il nulla rancoroso, le utopie rispettabili ma sterili e impopolari di alcune sette intellettuali, la subalternità del Pci al comunismo sovietico, il terrorismo rosso dalla guerra civile agli anni di piombo, lo sfascio del sessantotto, la fuga dal merito e dalle responsabilità, la demagogia sindacale, l'incapacità cronica di una vera proposta di governo delle sinistre. Solo antagonismo: settant'anni di antifascismo, venti di antiberlusconismo.
Se la storia italiana è stata viziata per secoli dal dominio oscurantista dei controriformisti fino a Berlusconi, dov'erano e cosa facevano i saggi e illuminati salvatori d'Italia? Infine mi chiedo se il cinismo dominante derivi dal nostro passato nazional-clericale o non piuttosto dal nostro presente globale, dominato dalla tecnica e dalla finanza, dalla mercificazione dell'uomo e dal consumismo, dalla speculazione finanziaria, l'egoismo individualistico e il nichilismo, mostri partoriti non certo dalla Controriforma e dai suoi santi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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