William Faulkner, che pure fu impiegato in un negozio di armi, in una libreria, in un ufficio postale, fece il fochista, l'istruttore di golf e il falegname, non aveva propensione ad alcun tipo di lavoro, che non fosse leggere e scrivere. Non era un tipo loquace, e non amava particolarmente neppure parlare in pubblico, né farsi intervistare. Ma ogni tanto accettava di raccontare qualcosa di sé a qualche giornalista, o di tenere una lezione in qualche scuola. Bene. Alcune di quelle «confessioni» sono state raccolte, a cura di Alessandro Carrera, nel volume Faulkner. Il gioco dell'apprendista (Medusa, pagg. 126, euro 13). Sono dieci testi, quasi tutti inediti in Italia, e coprono un arco di tempo che va dal 1931 (quando esce il romanzo Sanctuary) alla morte (nel 1962): si tratta di sei interviste di giornalisti americani, una di un inglese, due di studenti suoi ammiratori che andarono a trovarlo nella fattoria di Oxford, Mississippi, e infine la trascrizione di un dialogo con gli studenti del dipartimento di Anglistica dell'Università del Mississippi, siamo nella primavera del '47. Un libro ricchissimo di giudizi, battute, insegnamenti, consigli sulla letteratura e la scrittura, leggendo il quale si scopre che:
UN TIPO INCORREGGIBILE Faulkner era un tipo trasandato nell'abbigliamento, appassionato di birra fatta in casa, che aveva sempre in mano la pipa, silenzioso, gentile, ovviamente con un forte accento del Sud, completamente indifferente al successo, alle recensioni dei giornalisti (che non leggeva), a quanto facevano i suoi colleghi. Diceva quello che pensava, anche se non era molto corretto, sia sulle donne che sui niggers. A parte scrivere, era interessato solo a far abboccare i pescigatto, tenere lontani i conigli dall'orto e cacciare.
LADRO DI ESISTENZE Quando lavorava come impiegato in un ufficio postale fu licenziato perché perdeva tempo a sfogliare riviste e giornali, stropicciandoli (secondo un'altra leggenda perché fu sorpreso a leggere lettere private per rubare la vita da mettere nei suoi romanzi).
NESSUNO INVENTA NIENTE A proposito del suo metodo di scrittura, secondo alcuni critici simile a quello di Joyce: «Mai letto l'Ulisse... Credo che le idee fluttuino nell'aria come polline, che feconda menti simili tra loro che non sono mai entrate in contatto diretto».
MASSIMA DI VITA «Don't be a writer. Be writing!». «Non fare lo scrittore. Scrivi!».
EDITOR ADDIO Non ne ebbe mai, a parte Ben Wasson che gli corresse, prima e ultima volta, il romanzo Sartoris (siamo nel 1928). Una volta, al proposito, disse: «I may get angry, I may get drunk, I may get thrown off a horse, but I don't get edited». Che si può tradurre più o meno così: «Mi posso arrabbiare, mi posso ubriacare, posso cadere da cavallo, ma non posso essere corretto».
PERSONAGGI Sono il punto chiave di ogni narrazione, nei confronti dei quali lo scrittore ha atteggiamenti che cambiano con il tempo: «Il primo stadio, quando credi che tutti siano buoni. Il secondo, quello del cinismo quando credi nessuno sia buono. E poi l'ultimo, quando capisci che tutti possiamo essere capaci di qualunque cosa, di essere degli inetti o degli eroi, o codardi, gentili o crudeli». E probabilmente è a questo stadio che si deve arrivare.
DONNE «Una donna dovrebbe saper fare solo tre cose: dire la verità, andare a cavallo, firmare un assegno». E crediamo che intendesse quest'ultima cosa come l'unica relazione possibile tra le femmine e la scrittura.
SCRITTURA Come tutti i veri geni non credeva nell'ispirazione, ma solo nell'«artigianato». Era più interessato a un lavoro di falegnameria piuttosto che a una qualsiasi idea metafisica delle tecniche di scrittura. «Cerco solo di infilare dritti i chiodi, così la credenza viene bene». E crediamo questa sia una metafora.
QUANTE STORIE! Speso scriveva due o più romanzi o racconti contemporaneamente: «Quante idee per delle storie ha in testa?». «Sono sempre indietro di quattro o cinque».
SENSO DEL ROMANZO «Cerco soltanto di dire la verità sull'uomo. Esagero quando devo, e la crudeltà è l'ultima spiaggia».
CONSIGLI/1 «Qual è il miglior allenamento per scrivere» «Leggere, leggere, leggere. Leggere tutto: robaccia, classici, buoni e cattivi, e vedere come fanno. Assorbite. Poi scrivete. Se è buono lo vedrete. Se non lo è, buttate tutto».
CONSIGLI/2 «Il giovane scrittore non dovrebbe pensare troppo al successo. Il successo è femmina. È come una donna. La tratti con disprezzo e lei ti segue bramosa. Ma prova a darle la caccia e allora ti disdegnerà».
NO HOLLYWOOD, NO PARTY Faulkner odiava Hollywood (e anche il cinema, non ci andava neppure a vedere i suoi film). Scriveva sceneggiature solo per soldi. «Non mi piace il clima, la gente, il loro modo di vivere». Durante una battuta di caccia con Howard Hawks e Clark Gable, resosi conto che la conversazione verteva sugli scrittori americani, si presentò come uno dei maggiori scrittori viventi. Divertito, Gable gli chiese: «Oh, lei scrive?». Faulkner rispose: «Certo, signor Gable. E lei, cosa fa?».
HOME SWEET HOME «Viaggiare? Non è necessario per prepararsi a scrivere. Omero non ne ha avuto bisogno. Basta parlare con le persone».
HEMINGWAY Non pensava avesse molto coraggio nella scrittura: «Non ha coraggio, non ha mai rischiato. Non ha mai usato una parola che il suo lettore dovesse andare a cercare sul vocabolario».
CANONE LETTERARIO Considerava I Buddenbrook di Thomas Mann il più grande romanzo del secolo. Poi consigliava i Sonetti e l'Enrico V di Shakespeare, alcuni romanzi di Dickens e Lord Jim e Nostromo di Conrad. E poi «mi sento molto vicino a Proust. Dopo aver letto Alla ricerca del tempo perduto ho detto Ci siamo!. E ho desiderato averlo scritto io».
NERI Faulkner stava dalla parte dei neri umanamente, ma non era del tutto capace di stare dalla loro parte politicamente. Non gli piaceva la segregazione, certo. Ma neppure l'integrazione forzata. Voleva che la gente di colore avesse gli stessi identici diritti dei bianchi. «Ma con calma».
GERARCHIE Faulkner, che da giovane scrisse anche raccolte di versi (ma smise presto) era convinto che la poesia, che in pochissimi scrittori sono in grado di fare veramente, fosse l'espressione più alta della letteratura. Poi viene il racconto breve, che è la forma più difficile dopo la poesia. «Fallito anche questo tentativo, lo scrittore si dedica infine al romanzo».
DIVERTIMENTO «Un romanzo deve suscitare
piacere nel lettore. L'unico errore che si può fare è scrivere un romanzo che non suscita piacere. Non è vero che è irrilevante: un libro che non diverte non è un buon libro». Una cosa che in molti dovrebbero tenere presente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.