L’«autunno arabo» di Jonathan Littell

L’«autunno arabo» di Jonathan Littell

Il Taccuino siriano (Einaudi) di Jonathan Littell è un esperimento riuscito. L’autore statunitense di lingua francese, divenuto famoso col romanzo Le benevole (Einaudi), torna sul campo di battaglia che ha già frequentato sul fronte ceceno (Cecenia, anno III, Einaudi). Ora Littell si propone di raccontare senza filtri la guerra civile siriana, raccogliendo le testimonianze degli insorti. Il libro è una raccolta di materiale grezzo, di appunti utilizzati come base di un reportage in quattro puntate pubblicato a febbraio da Le Monde. Si procede per frammenti di un’intensità intollerabile. I fatti sono privi di ogni orpello letterario e separati solo da brevi riflessioni. L’andamento sussultorio riproduce quello della guerra civile, che alterna scontri intensi a momenti di attesa angoscianti quanto irreali.
Littell arriva a Homs, in Siria, nel gennaio di quest’anno. La rivolta contro il regime di Bashar al-Assad è in corso da mesi. Tuttavia l’esercito di liberazione, formato da dissidenti e disertori, non ha ancora conosciuto la repressione più feroce. Manca poco: all’inizio di febbraio le prime bombe cadranno sulla città simbolo della rivoluzione. Lo scrittore registra ciò che vede: le atrocità, gli attimi di eroismo, la gioia spontanea dei cortei. Ecco dunque i cecchini del regime che infieriscono sui bambini; le cliniche improvvisate in cui medici impotenti assistono alla morte per emorragia dei feriti; i segni delle torture spesso inflitte direttamente negli ospedali pubblici da infermieri-carnefici armati di cavi elettrici; le manifestazioni guidate da leader diciassettenni.
La Siria è avvelenata dalla delazione e soffocata dalla polizia segreta. Il partito Ba’th ha politicizzato le istituzioni e controlla tutto. Come in Corea del Nord. La dittatura ha modificato il Dna dei cittadini: «Prima di uccidere il vero Bashar, dovranno uccidere il Bashar che sta nella loro testa». I ribelli sognano uno Stato di diritto. Della democrazia hanno invece un’idea vaga. La rivolta si direbbe senza colore politico. Si scende in piazza per condurre una vita dignitosa ed essere rispettati da un sistema che discrimina in base all’appartenenza etnico-tribale. A sentire i combattenti, cristiani e musulmani convivono senza problemi. Le tensioni fra religioni diverse sono opera di Assad, che vuole accreditare la tirannia come indispensabile al fine di tenere unito il Paese. L’atteggiamento del reporter non è accondiscendente con i rivoltosi. Non solo manca la retorica sulla Primavera araba ma sono numerosi i passi che mettono in risalto le bugie degli interpellati. Littell non nasconde il pericolo che l’insurrezione possa degenerare in «guerra santa». Quando osserva che, per convincere l’Occidente a schierarsi, i liberatori devono dimostrare la propria correttezza e soprattutto la propria distanza da Al Qaeda, essi rispondono che se saranno lasciati soli la guerra si allargherà: «Attaccheremo Israele e altri Paesi, internazionalizzeremo il conflitto per forzare la comunità internazionale a intervenire. Proclameremo il Jihad». Littell non lesina critiche: questa posizione è dettata dalla convinzione (sbagliata) che Usa ed Europa non vogliano saperne, perché una Siria lacerata favorisce gli interessi di Israele. Secondo l’autore, sono altri i motivi per cui i siriani sono stati abbandonati. Innanzi tutto, la debolezza dell’Onu. E poi i timori della Nato, che non vuole ripetere l’esperienza libica in una regione ancora più complicata dal punto di vista politico-militare. L’Occidente si dimostra incapace e ignavo.
Taccuino siriano, si diceva all’inizio, è un esperimento. Anche dal punto di vista editoriale. Einaudi lo propone per ora nel solo formato e-book, a 99 centesimi per oltre duecento pagine. Da giovedì il prezzo salirà a 9,99 euro. Il volume cartaceo, a 17 euro, uscirà il 26 giugno.

E sul social network Spinterest sono stati caricati contenuti speciali audio e video che accompagnano la lettura del reportage. Roba mai vista. Una fortissima promozione, dunque, a vantaggio del formato digitale. E non per un bestsellerista qualsiasi ma per lo scrittore più interessante (e controverso) degli ultimi anni.

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