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Quella lezione del Regno Unito a Conte, Renzi e ai giallorossi

A Palazzo Chigi ogni nuovo arrivato, da Renzi a Conte, perfino Di Maio, vuole paragonarsi a Churchill nell'ora più buia. Ma le differenze sono palesi quanto abissali le distanze. A cominciare dalla lezione che può impartirci il suo governo di Coalizione del 1940

Quella lezione del Regno Unito a Conte, Renzi e ai giallorossi

In Italia nell'ora più buia - che ormai scocca di sovente, e di minuto in minuto pare rabbuiarsi sempre di più - piace tanto e spesso paragonarsi a Winston Churchill: il primo ministro che sconfisse Hitler tenendo unito il governo di Londra e spronando l'Impero Britannico fino all'arrivo degli americani; ma la verità è che nessuno nel Bel Paese, né il premier Giuseppe Conte né l'ex premier frondista Matteo Renzi, ha imparato la lezione politica che il governo britannico ha impartito alla storia e ai posteri - riguardo il carisma e la stoffa degli uomini sopracitati, sarebbe umiliate, almeno per chi scrive, anche solo accennare un paragone con il leone inglese. Ma veniamo ai fatti.

Londra, maggio 1940. Il governo presieduto dal primo ministro laburista Neville Chamberlain deve affrontare la difficoltà accessoria di una crisi interna che minaccia la stabilità del parlamento mentre oltre Manica una nuova guerra sta assumendo, per la seconda volta in poco più di vent'anni, una dimensione mondiale e totale. Le armate di Adolf Hitler hanno conquistato mezza Europa e minacciano di impadronirsi di ciò che resta; mentre l'Impero del Sol Levante minaccia le terre britanniche d'oltremare in quello che diventerà il sanguinoso e sconfinato fronte del Pacifico. La necessità, di fronte alla grave crisi di governance, mentre la “guerra fasulla” non intimorisce i nazisti, la Francia si prepara ad essere sconfitta, e gli strateghi del führer già pianificano l'invasione dell'Inghilterra, è quella di formare un governo di unità nazionale: una coalizione che veda i maggiori partiti antagonisti uniti in un momento di grade crisi e possa garantire la stabilità del Regno e dell'Impero. Una buona abitudine tutta inglese dalle guerre napoleoniche in poi, che era stata perseguita due volte durante il primo conflitto mondiale, e altrettante durante la grande depressione dei primi anni ’30.

Dopo la sconfitta in Norvegia, gli oppositori di Chamberlain decidono di far sentire la loro voce a Westminster, ripetendo le stesse parole che il condottiero repubblicano Oliver Cromwell aveva rivolto allo medesimo Parlamento nel 1653, dopo l'abbattimento della monarchia: “Siete rimasto seduto troppo a lungo, quale che sia il bene che avete fatto. Andatevene, vi dico, e liberateci dalla vostra presenza. In nome di Dio andatevene!”. Churchill, in qualità di gentiluomo e politico responsabile, quanto leale, prese le difese di Chamberlain e del governo in carica: ma la maggioranza votò comunque per la cacciata, e il primo ministro Chamberlain presentò immediatamente le dimissioni; comunicando al Re la necessità di formare quanto prima un governo di coalizione che comprendesse conservatori, liberali e laburisti; suggerendo il nome di Lord Halifax come nuovo primo ministro.

La mediazione delle parti, unita al carisma a alla stima che Churchill aveva accumulato nei lunghi anni di militanza politica fuori e dentro il Parlamento, lo convinse a candidarsi - nonostante le sue riserve e le sue insicurezze - come antagonista di Halifax; e nonostante le antipatie che la famiglia reale aveva sempre nutrito nei suoi confronti, venne incaricato da Giorgio VI - in qualità di monarca costituzionale - di formare un nuovo governo di unità nazionale il 10 maggio. La prima azione compiuta dal futuro primo ministro, vincitore della guerra, premio nobel per la letteratura e cavaliere dell'Ordine della Giarrettiera, una volta lasciato Buckingham Palace, fu quella di scrivere di suo pugno una lettera di ringraziamento per il supporto da recapitare a Chamberlain. Qualcosa che ai nostri tempi, guardando a Trump e Biden, e Conte e Renzi, a Renzi e Letta, appare qualcosa di distante come gli anelli di Saturno dal pianeta Terra. Roba da star “poco sereni”, per abbandonarci ad una citazione abbastanza scontata. Dato che il nostro futuro è legato a doppio filo a queste nuove insidiose, egoistiche e affatto galanti dinamiche. Fatte di uomini e da uomini che nei momenti bui, per assenza di carisma, visione d'insieme e misura, tentano di sostenere non atti, ma solo insostenibili paragoni con il passato - spesso compiendo anche errori storici grossolani. En passant.

Anche se forse in una cosa, e solo una, potrebbe reggere il paragone tra i politici italiani di oggi, che in queste ore stanno litigando per il Conte tris, per le improbabili e indesiderabili elezioni anticipate caccia poltrone, o per un governo PentaMastellaTo: anche a Noi stanno promettendo e senza dubbio prometteranno "sudore, lacrime e sangue”, come annunciò Churchill nel suo discorso di insediamento. Sudore, lacrime e sangue, senza alcuna particolare vittoria all’orizzonte. Dato che se ci dirà bene, superata questa nuova ennesima crisi di governo, saremo sempre noi a dover lottare, con la nostra coscienza civica, e la nostra logora scatola di arnesi - come scriveva Kipling; senza i grandi condottieri e per la nostra sola sopravvivenza.

Virus, vaccini e Recovery Found permettendo.

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