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L'inedito Napoleone: cattolico, apostolico e soprattutto romano

L'inedito Napoleone: cattolico, apostolico e soprattutto romano

Chi avrebbe mai sospettato che Napoleone, il deportatore di papi, il devastatore d'Europa, diventasse un apologeta del cattolicesimo? Nei colloqui col positivista generale Bertrand a Sant'Elena (Conversazioni sul cristianesimo, Esd, pagg. 90, euro 8, prefazione del card. Biffi) si rivela profondo conoscitore della storia ed esperto di religioni comparate.
Dice: «Maometto è credibile solo quando si appoggia sulla Bibbia e sul sentimento innato della fede in Dio. Per tutto il resto, il Corano è un sistema ardito di dominazione e di penetrazione politica». Per Bertrand, scalfariano ante litteram, Cristo è solo uno dei grandi uomini del passato. Ma Napoleone: «Il mio esercito ha già dimenticato me, mentre sono ancora in vita \. Ecco qual è il potere di noi grandi uomini! Una sola sconfitta ci disintegra e le avversità si portano via tutti i nostri amici». E ancora: «Non c'è via di mezzo: o Cristo è un impostore o è Dio». E se Bertrand non capisce, l'ex Imperatore si pente di averlo fatto generale: «È vero che Gesù propone alla nostra fede una serie di misteri, il primo dei quali è la seguente sconcertante affermazione: Io sono Dio, con la quale affermazione scava un solco incolmabile tra la sua e tutte le altre religioni». Dia retta, Bertrand: «Io conosco gli uomini e le dico che Gesù non era un uomo. Gli spiriti superficiali vedono una somiglianza tra il Cristo e i fondatori di imperi, i conquistatori e le divinità delle altre religioni. Questa somiglianza non c'è». Punto.
«Cristo affida tutto il proprio messaggio alla propria morte: come può essere ciò l'invenzione di un uomo?». Gesù, infatti, ha puntato tutte le proprie carte sul fallimento umano, profetizzando che da ciò sarebbe scaturita la sua signoria universale. «I popoli passano, i troni crollano ma la Chiesa resta. Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall'oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo?». Infatti: «Dopo san Pietro, i trentadue vescovi di Roma che gli succedettero furono tutti, senza eccezione alcuna, martirizzati. Così, per almeno tre secoli, la cattedra romana fu sinonimo di morte sicura per coloro che vi salivano». Eppure continuavano a salirvi. «Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall'oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo?». Collera e disprezzo di cui, continuatore e completatore dell'opera iniziata dai giacobini, Napoleone stesso fu gran parte. Evidentemente, nella triste pace dell'esilio aveva avuto modo di riflettere e studiare. Avrebbe potuto sprecare gli anni che gli restavano in sconsolati bilanci, ma da buon genio guarda avanti, alle Grandi Domande a cui fin lì non ha avuto tempo per pensare. E, da par suo, risponde a tutte, azzeccandole.
Napoleone volle morire nella religione cattolica apostolica romana con tutti i sacramenti. Chiese al papa un confessore della sua terra natale e fu appunto un sacerdote còrso a provvedere. La Chiesa, «mater misericordiae», accolse a Roma sua madre e i suoi congiunti rimasti privi di mezzi.

Sì, in quella Roma che lui aveva occupato, depredato e trasformato in un'appendice del suo impero europeo.

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