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L'ultimo cameraman di Craxi: "Vi racconto l'esilio ad Hammamet"

“Avevo 26 anni, ero più emozionato di trovarmi comunque davanti a Bettino Craxi che consapevole della storia che stavi vivendo”. I ricordi di Paolo Semeraro sono nitidi, soprattutto riguardo a certi particolari

L'ultimo cameraman di Craxi: "Vi racconto l'esilio ad Hammamet"

“Avevo 26 anni, ero più emozionato di trovarmi comunque davanti a Bettino Craxi che consapevole della storia che stavi vivendo”. I ricordi di Paolo Semeraro sono nitidi, soprattutto riguardo a certi particolari. È il 1997. Il giovane telecineoperatore milanese viene contattato da un collega free-lance più anziano, Luca Meregalli, per un lavoro particolare. Luca Josi, già segretario dei giovani socialisti dal 1991 fino alla tempesta di Tangentopoli, enfant prodige del Garofano rosso e strettissimo collaboratore di Bettino Craxi fino alla fine, vuole realizzare alcune interviste all’ex segretario del Psi. Documenti che entreranno nella storia italiana, con diverse previsioni sul disastrato cammino dell’Unione Europea.

Ma la Storia, si sa, è fatta da storie. Come quella appunto di chi era dietro la telecamera per inquadrare uno dei protagonisti più importanti della politica italiana del Secondo Dopoguerra. E così, agli inizi del 1997, per una settimana circa, Paolo Semeraro si trova a varcare il portone di Route El Fawara ad Hammamet in Tunisia, da maggio 1994 la sede della latitanza-esilio di Craxi fino alla morte il 19 gennaio 2000. “Una strada sterrata, poco fuori Hammamet, lontana dal mare. Ero arrivato lì con la testa piena di notizie bomba sul mitico bottino, il tesoro di Tangentopoli. In Italia si diceva che ad Hammamet Craxi vivesse in una villa, che nell’immenso giardino ci fosse la fontana di largo Cairoli a Milano, che nelle toilettes ci fossero i rubinetti d’oro… non era vero nulla!”

Com’era la casa di Craxi in Tunisia?

“Una casa vissuta, modesta, come poteva essere quella di tanti italiani che andavano in vacanza ad Hammamet. Ricordo in molti angoli i cimeli garibaldini di cui Craxi, anzi Monsieur Le President come lo chiamavano tutti, era collezionista, i vasi di terracotta che dipingeva, le foto con i grandi della Terra, Reagan, Gorbaciov, la Thatcher”.

C’era personale di servizio che lavorava all’interno della casa?

“Ci saranno state un paio di persone a fare alcuni servizi per tenere in ordine una casa vissuta, ma niente di più. Ricordo l’autista-factotum che si spostava su una Toyota Land Cruise marrone. Il tavolo da lavoro sembrava quello della redazione di un quotidiano, affollato di carte, giornali, riviste, libri. Da questo mare emergeva solo il fax”.

Come vi accolse Craxi?

“Vidi per prima sua moglie Anna. Poi lui. Ricordo questa specie di mantello a pois che gli copriva le spalle. E poi la scarpa da ginnastica tagliata in punta per lasciare libero il piede gonfio. Restai colpito, io l’avevo visto sempre in giacca e cravatta, lo ricordo uscire dal Tribunale di Milano dopo aver deposto al processo Enimont (17 dicembre 1993, ndr)”.

Le guardie armate?

“Quella è un’invenzione cinematografica del film di Gianni Amelio. C’erano degli agenti al cancello d’ingresso, ovvio, ma era una presenza discreta”.

Dove avete girato le interviste?

“In casa nello studio e nel salone dove c’era il televisore. All’esterno girammo nei pressi di un carrarmato inglese della seconda guerra mondiale e poi avremmo voluto utilizzare come location il Colosseo tunisino di El Jem, ma non ci fu possibile”.

Perché, che successe?

"I servizi segreti tunisini ci seguivano sempre, non capii mai fino a che punto fossero a protezione di Craxi e dove iniziasse invece un controllo. Fatto sta che bloccarono la strada e ci costrinsero a fare ritorno ad Hammamet”.

Mangiavate a casa con Craxi?

“No, perché prediligeva un ristorante italiano sul lungomare di Hammamet. Una sera, mentre stavamo cenando già da un po’, arrivò una comitiva di turisti italiani. All’inizio foto, autografi, lo stupore d’incontrare un presidente del Consiglio. Poi gli insulti tipici dell’epoca di Tangentopoli”.

Come reagì Craxi?

“Non disse nulla, ci alzammo e lasciammo il ristorante, anche perché avevamo quasi finito. Ma una volta fuori, notai che aveva gli occhi umidi di pianto. Ne rimasi molto colpito”.

Vide qualcuno dei nani e delle ballerine (copyright di Rino Formica) che lo avevano adulato negli anni del potere?

“In quei giorni no. C’erano Umberto Cicconi, il suo fotografo personale, un romano molto simpatico e Luca Josi, un’intelligenza fuori dal comune”.

Come si svolgevano le interviste?

“Josi faceva la domanda, Craxi iniziava a rispondere ma poi ragionava a ruota libera, senza mai perdere il filo del discorso. Ripeto, ero molto giovane, ma consapevole di trovarmi davanti a una personalità carismatica. Una sensazione simile me l’hanno trasmessa solo, nel mio lavoro con la telecamera, Robert De Niro e Giorgio Armani, per capirci”.

In questi giorni si parla molto del film di Gianni Amelio, Hammamet. Lo ha visto? Le è piaciuto?

“L’atmosfera è ben ricostruita, anche perché hanno utilizzato la vera casa tunisina di Craxi. Ma, come ho detto, non c’erano le guardie armate, né cecchini sui tetti”.

Rimpianti?

“Se all’epoca ci fossero stati i videofonini e i social network, chissà in quell’occasione cosa si sarebbe potuto fare a livello di comunicazione video!”.

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