C'è un confessionale, ma è «ribaltato». Non nel senso architettonico del termine, ma in quello metaforico. Da strumento religioso si è fatto strumento politico, e infatti da un lato riceve, sotto forma di immagini, la «confessione» della «scandalosa bellezza» dell'architettura coloniale fascista, rea di un «doppio crimine» (fascista e in più colonizzatrice); dall'altro presta occhio e orecchio all'Italia berlusconiana che tramite il suo premier, allora ancora Cavaliere, chiede perdono pubblicamente a Gheddafi per le malefatte del Ventennio... È, ci spiega sempre il «confessionale ribaltato», «la continuazione del colonialismo con altri mezzi», ovvero le scuse come viatico per nuovi affari economici con la Libia. Come si vede, non c'è scampo. Fetenti una volta, fetenti per sempre.
L'installazione si chiama Italian Ghosts - Fantasmi italiani -, e all'Arsenale apre la sezione «Monditalia» della 14° Mostra Internazionale di Architettura, ovvero una scansione del Paese modulata attraverso 82 film e 41 casi-studio architettonici. Ciò che ne dovrebbe venir fuori è la nostra «unicità», nel bene come nel male: creatività e turbolenza politica, potenzialità e sacche di degrado. Che venga inaugurata mentre il sindaco di Venezia, nonchè vicepresidente della Biennale, finisce in manette per lo scandalo-tangenti del Mose, può essere letto come ulteriore prova della nostra «eccezionalità»: non ci facciamo mancare niente...
Lungo i trecento metri delle Corderie, c'è spazio per l'eredità di Pompei, la villa al mare di Michelangelo Antonioni, il laboratorio turistico di Assisi, il post-terremoto dell'Aquila, le discoteche di Milano Marittima, le case dei malavitosi... «Nell'era del capitalismo, ogni metropoli si rivela una Pompei nascosta» informa una scritta; «Il particolare è sempre già universale» avverte un'altra; «Dissolversi sotto la goccia del tempo è la dimensione dell'architettura» ammonisce una terza, e non saremo certo noi a dire di no. Ogni tanto si incontra una ballerino che, senza musica, si contorce su una sedia; ogni tanto si sentono delle grida provenienti da un gruppo di danzatrici che mimano un andirivieni mistico. Spezzoni di film accompagnano il visitatore: per il caso-studio architettonico dedicato a Venezia e intitolato Effimero: o la condizione italiana post-moderna, le pellicole scelte sono il Don Giovanni di Joseph Losey e Le vacanze intelligenti di Alberto Sordi, quello dove la moglie veniva scambiata per una scultura vivente esposta alla Biennale-Arte...
Una mente semplice si chiederebbe che cosa tutto questo c'entri con l'architettura in senso stretto, e se non sia invece l'ennesima variante di quel pullulare di video-performances-proiezioni-suoni&luci in cui da anni si è rifugiata ogni ricerca intellettuale e artistica e che ha finito per trasformare le esposizioni internazionali in parchi giochi per adulti-bambini. A leggerle sulla carta, le intenzioni che stanno dietro a rappresentazioni del genere sono encomiabili e suonano persino convincenti. Per esempio, Immediate Surrounding vorrebbe essere «la documentazione fotografica dei luoghi di residenza di membri di organizzazioni mafiose passate e presenti», il tentativo di «esplorare le zone grigie in cui queste prosperano». Nella pratica, si traduce in una trentina di foto di strade, edifici, luoghi, fra cui Fontana di Trevi: nelle sue vicinanze infatti c'era la casa di un boss della Banda della Magliana.
Intermundia vuole invece presentare Lampedusa come «metonimia per la contemporanea condizione occidentale di confino» e cerca di delineare «una prospettiva post-umana». Il tutto è reso con una «installazione dalla luce e dal suono tombale» e insomma qui il silenzio è d'obbligo.
Theathers of Democracy ci fa spiare da uno spioncino i luoghi deputati del potere politico: il Parlamento italiano, quello europeo, eccetera. Detto così, è poco, ma «osservando in che modo le idee sulla organizzazione della società si materializzano nell'archetipo predominante per le aule delle assemblee generali, il progetto mira a immaginare il rapporto fra architettura e società». Se non riusciamo a immaginare, è solo colpa della nostra scarsa immaginazione.
Un murales fatto di foto e di ritagli introduce a The Architecture of Hedonism - Three Villas on the Island of Capri, ma bisogna evitare il rischio di concentrarsi sulle natiche di Brigitte Bardot in bella mostra sulla terrazza malapartiana di Capo Massullo. In realtà, il caso-studio architettonico in questione vuole renderci edotti di come Capri sia stata «uno sfogo per le represse fantasie borghesi», nonché «il luogo di una evidente decadenza. La politica italiana recente ha sfruttato i vantaggi dell'isolamento insulare anche in altre zone del Paese. Il territorio è segnato dal marchio del potere e dai suoi effetti collaterali». Vasto programma, viene voglia di dire.
«Monditalia», naturalmente e per fortuna, non è che un elemento della 14° Mostra Internazionale di Architettura. Fundamentals, questo il nome voluto dal suo prestigioso curatore, Rem Koolhaas, è costituita da altre due componenti: la prima comprende i padiglioni nazionali di «Absorbing Modernity 1914-2014», con i suoi 66 partecipanti, un record assoluto; la seconda, «Elements of Architecture», ripercorre nel Padiglione centrale la storia degli elementi fondamentali dei nostri edifici, usati da qualsiasi architetto: pavimenti, soffitti, tetti, porte, balconi, ascensori, camini, eccetera, con annessa ricostruzione di ambienti molto differenti fra loro: museo, fabbrica, laboratorio, archivio, modello, simulazione...
Qui, chi è interessato all'architettura ha tutto quello che gli serve. E anche qualcosa in più, considerato il centinaio di eventi collaterali che ruotano intorno alla Mostra, sparsi nella città, e che fanno di Venezia l'appuntamento per eccellenza sino al prossimo autunno.
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