Il martirio di Rolando Rivi: così uccidevano i partigiani

Tredici aprile 1945. La guerra è quasi alla fine. Ormai si può pensare al dopo e qualche partigiano rosso decide di darsi da fare alla sua maniera. Così quel giorno alle Piane di Monchio, in provincia di Modena, muore un giovane seminarista di soli 14 anni: Rolando Maria Rivi. Una storia terribile, raccontata oggi nei dettagli da Andrea Zambrano, giornalista reggiano e collaboratore del Giornale. L’esecuzione di Rivi avviene senza ragione eppure è contrassegnata da una ferocia inaudita. Il ragazzino sparisce misteriosamente dal suo paese, San Valentino di Castellarano, il 10 aprile. Il 13 lo ammazzano. Qualche giorno dopo un partigiano pentito, o forse meno inquadrato degli altri, racconta a don Alberto Camellini, un sacerdote molto vicino a Rolando, i particolari della spietata esecuzione.

“In privato – scriverà in seguito don Comellini – mi confessò che prima di essere ucciso Rolando fu torturato. Quando poi fu condotto nel bosco, di fianco alla fossa che doveva accogliere il suo cadavere, si aggrappò alla gamba del suo assassino dicendo: “Ma perché mi vuoi uccidere?” Non ottenendo pietà chiese almeno di poter recitare, prima di morire, una preghiera per il suo papà e la sua mamma. Si inginocchiò e in quella posizione fu ucciso, mentre pregava, con due colpi di pistola. Ai pochi partigiani che chiesero spiegazioni di quella barbara uccisione, Corghi rispose gelido: “Un prete in meno domani””. Giuseppe Corghi, 25 anni, è uno degli assassini di Rolando. A don Camellini che disperato è venuto a cercarlo, dirà poche parole pesantissime: “Non ho nessun problema a rispondere. Sì, è stato ucciso qui. L’ho ucciso io, ma sono perfettamente tranquillo”.

In seguito i partigiani, per difendersi, metteranno in giro una menzogna senza capo né coda: Rolando era una spia. Una colossale bugia: semmai Rolando voleva unirsi ai patrioti cattolici delle Fiamme Verdi. Il 5 ottobre del 2013, dopo un lungo periodo di oblio, Rolando Rivi è stato proclamato beato.

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