Michele chi? Michele Monina L’autore più prolifico d’Italia

Michele chi? Michele Monina L’autore più prolifico d’Italia

L’instancabile della penna, che però usa il pc, scrive a raffica e parla a mitraglia. È l’autore più prolifico d’Italia - «o quasi» ammette - anche se non c’è un Guinness dei Primati a certificarlo. Però c’è la sua personalissima bibliografia: 42 libri pubblicati («che non significa scritti, quelli sono molti di più») in 15 anni di professione. Dopodomani Michele Monina compie 43 anni e esce in libreria con il suo 42º titolo. Congratulazioni. O auguri? Augurandosi di infilare l’ennesimo, silenzioso, successo di copie («finora, in totale, ho venduto 600mila copie, e mancano ancora i rendiconti dell’anno scorso»), senza mai andare una volta da Fazio, Michele Monina sta per osare l’inosabile: pubblicare per la stessa casa editrice, Laurana, 12 libri-reportage, uno dietro l’altro, in 12 mesi, da giugno 2012 a maggio 2013, ognuno su una capitale europea al tempo della crisi, da Atene a Stoccolma. Grand tour de force. Dopo, entrerà nella storia. Editoriale.
Anconetano di nascita e milanese di rinascita, una moglie, quattro figli e un mutuo («se no, farei altro»), Monina scrive con la sua firma, sotto pseudonimo, come ghost-writer, a quattro mani, addirittura a sei, per procura, perché ci crede o perché - soprattutto - lo pagano. Scrive di tutto, su tutti, per tutti. Narrativa («ma per la minor parte»), saggistica («per la maggior parte»), biografie («soprattutto star della musica»), libri di viaggio («con Gianni Biondillo ho scritto un reportage sulle tangenziali milanesi, che ho girato a piedi...»), libri interviste («Quello che è andato meglio è stato con Vasco Rossi, e io sono uno dei pochi a essersi occupato di lui senza finire insultato sulla sua pagina Facebook»). Tutto, tranne poesie. «Non è il caso». A dimostrazione che la scrittura per Michele Monina più che un demone esistenziale è una necessità economica. E, in effetti, i suoi libri, molto pop e avant-pop, che spaziano dal fenomeno dei tronisti ai libri-inchiesta sulle tifoserie di calcio, vanno sempre benissimo. «Quando qualcuno vuole offendermi dice che sono il Fabio Volo della varia. Magari... Gian Arturo Ferrari, invece, dice che io non scrivo libri, faccio “libroidi”...».
Androide delle lettere e oggetto misterioso dell’editoria, Monina - romanziere, saggista, giornalista, editor, traduttore, autore tv, paroliere («Sto lavorando ai testi di un album per una band femminile...») - è anarchico nella vita, ma disciplinatissimo sul lavoro. «Mi metto al pc tutti i giorni, tranne a Natale, per 10-12 ore al giorno, studio, leggo, mi preparo, scrivo complessivamente due ore, minimo 20mila battute, massimo 50mila. Ci sono libri che mi piace molto scrivere, come i romanzi, e altri meno, come la biografia di Laura Pausini, che se non fosse stato per i soldi non l’avrei fatta. In compenso c’è un libro che mi sono divertito a scrivere, ma che nessuno mi pubblica: Il libro nero del pop italiano, una sorta di Hollywood Babilonia della scena musicale italiana, che conosco molto bene, forse troppo. Parlo di leggende metropolitane, che proprio leggende non sono, che girano sulle nostre rock star. Cose a rischio querela, che ti inimicano un ambiente, e poi finisce che non pubblichi più».
E piuttosto che non pubblicare più, Monina si taglierebbe le mani. Poi, inizierebbe a dettare un libro.
Altro che genio e sregolatezza. Rigore e tazze di caffè. Monina a suo modo è un puro. Non crede all’ispirazione, forse neppure al talento. Confida nel mestiere e nel mercato. «E se c’è un mercato per le biografie pop, perché non sfruttarlo? E se adesso c’è così tanta attenzione per l’Europa, perché non andare a vedere cosa sta succedendo nelle diverse capitali e raccontarlo in tempo reale, in una serie di instant-book?». E così è nato il mega-progetto, insieme a Giulio Mozzi e a Gabriele Dadati, della casa editrice Laurana: un pacchetto di 12 libri, spalmati in 12 mesi, per spiegare non cosa dice Ballarò di Atene, ma cosa sta davvero accadendo ad Atene, e a Londra, a Lisbona, a Istanbul... «Sono libri per metà reportage-inchiesta, e per metà guide tradizionali, ovviamente aggiornatissime». Impegnativo. «Insomma... Sono libri di 150 pagine, e io ho scritto nove anni per Gente Viaggi...». Se è per questo anche parecchio tempo per la Mondadori. «Facevo il ghost. Scrivevo i libri dei vip dello spettacolo e dello sport. Poi tentai col romanzo, e pubblicai Aironfric, fantastoria di un transessuale obeso che vuole diventare una strafiga alla Kate Moss ma che per un incidente genetico diventa un supereroe... Vendetti 3500 copie. E tutti in Mondadori a compatirmi: “È stato un bagno di sangue...”. Poi vedevo i grandi romanzi degli Albinati, degli Affinati... Arrivavano a 400 copie e tutti: “Complimenti! Benississimo”, pacche sulle spalle... Mah. Ero giovane, non capivo l’editoria. Ora sì, però. Ho capito qual è la differenza tra Michele Monina e un Carmine Abate, per dire. Io non andrò mai allo Strega, neppure se scrivessi un capolavoro.

E lui non venderebbe mai le copie che vendo io, neppure se scrivesse la biografia di Lady Gaga. A parte il fatto che se lui scrivesse la biografia di Lady Gaga nessuno la pubblicherebbe. E se io scrivessi un capolavoro, me lo farebbero presentare da Paola Maugeri».

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