Controcultura

Minoranze da difendere? Tutte, tranne gli ebrei...

La sinistra non tutela più il "popolo" bensì le "diversità". Ma si è "scordata" una religione

Minoranze da difendere? Tutte, tranne gli ebrei...

Il progressismo attuale, cioè la sinistra, lo sappiamo, non tutela più le classi lavoratrici e il «popolo» quanto le minoranze. Non c'è minoranza etnica, linguistica, religiosa, sessuale e persino di scelte culinarie (il veganesimo) che non sia difesa dai progressisti come modello di uno stile di vita che dovrebbe arricchire spiritualmente questo triste Occidente. Segno tangibile di decadenza, troviamo questa spasmodica ricerca della diversità anche in altri periodi caratterizzati dalla fine di una civiltà, come durante l'epoca alessandrina, il tardo impero romano, gli ultimi tempi di quello bizantino e così via.

In attesa dei barbari che vengano a rivitalizzare la decadenza, la sinistra oggi è essenzialmente ed esclusivamente genderista, immigrazionista, filo islamica. L'unica minoranza religiosa che i progressisti si guardano bene dal difendere, e anzi spesso aggrediscono, è costituita dagli ebrei. Si riconferma così il classico paradosso che l'identità ebraica è al tempo stesso invisibile eppure onnipresente, e che la figura dell'ebreo è oggetto di operazioni di proiezione fantasmatica da parte dei non ebrei. In più, a complicare il quadro, sta il sostanziale filo islamismo dell'attuale sinistra, e per quanto non possiamo istituire una meccanica sovrapposizione tra antisemitismo e islam, oggi, in Occidente, gli islamisti sono i principali nemici degli ebrei.

La patria di tutti questi paradossi non è gli Stati Uniti, nonostante il peso della identity politics (cioè l'assemblamento di minoranze) sia molto forte e gli ebrei abbiano un ruolo importante nella vita pubblica di oltre oceano. No, il luogo in cui cercare la contraddizione è il Regno Unito, dove la sinistra intellettuale e politica, rappresentata dal Labour, è al tempo stesso profondamente anti popolare e con uno spiccato carattere anti semita, e certamente anti israeliano. Le dimissioni di Corbyn non hanno modificato di molto il quadro: nonostante il linguaggio marxista e persino leninista, il Labour party è esattamente questo patchwork di minoranze di ogni tipo. Tutte tranne gli ebrei, che anzi spesso sono stati vittima della propaganda laburista. Ma il fenomeno è più profondo: il Labour non fa nient'altro che farsi collettore di immagini che circolano nella sfera pubblica inglese e in quella culturale, e della cultura che una volta si sarebbe detta di massa.

Per questo il tema dell'antisemitismo a sinistra, ben tracciato da una serie di studi, appare in una luce nuova in questo volumetto proprio perché scritto da un attore (David Baddiel, Jews don't count, Harper Collins) il cui nome da noi non dice molto ma nel Regno Unito è un noto attore e presentatore televisivo, nonché sceneggiatore e romanziere, spesso impegnato nell'attività della comunità ebraica inglese. E qui si dimostra coraggioso assai perché anche a Londra tv e cinema sono occupati militarmente dai progressisti: che Baddiel sfida apertamente, accusandoli di difendere tutte le cause delle minoranze, meno quella degli ebrei.

Di fatto, come spiega l'autore, per la sinistra gli ebrei non sono affatto una minoranza. Prova ne è che, nel mondo delle sceneggiature tv e cinematografiche, tutte dominate dal politicamente corretto, nella storia devono essere presenti tutte le minoranze, tutte ovviamente incarnazione di figure positive (i cattivi sono quasi sempre maschi bianchi etero ormai), tranne gli ebrei. Attraverso esempi calzanti spesso molto divertenti (si sente la penna dell'umorista), Baddiel cita i rarissimi casi in cui ebrei sono presenti nelle fiction, e sono quasi tutti personaggi negativi o perlomeno ambigui. Così, secondo un paradosso, alla fine la sinistra politicamente corretta finisce per fare la stessa cosa della produzione artistica della Germania nazista; in cui gli ebrei dovevano essere assenti, salvo incarnare figure negative.

Persino nella scelta degli attori è così: rarissimamente personaggi ebrei sono interpretati da attori che lo sono davvero, diversamente da quando accade per le altre minoranze. Ovviamente la questione palestinese occupa un posto fondamentale, fino a un Ken Loach che spiega come «l'antisemitismo» sia una reazione «comprensibile» di fronte alle «azioni di Israele».

Quanto all'antisemitismo nel Labour, Baddiel mostra come la spiegazione della intellighentsia rossa di oltre Manica sia piuttosto primitiva: solo propaganda della destra e dei suoi giornali. Fino a un noto editorialista del Guardian che istituisce una rigida gerarchia del razzismo, partendo dalle etnie o dalle religioni più aggredite fino a quelle più tollerate: indovinate chi siede all'ultimo posto? Gli ebrei, quasi estinti in Europa nel secolo scorso da un progetto sterminazionista, sarebbero insomma oggi poco toccati dal razzismo, quando non sarebbero razzisti essi stessi nei confronti degli arabi. Una sorta di neo negazionismo, come denuncia la scrittrice Deborah Lipstadt intervistata dallo stesso Baddiel. Che alla fine non fornisce rimedi e soluzioni: intanto però diverse organizzazioni islamiche hanno già chiesto che sia bandito dalla tv per... razzismo.

Amara conferma della correttezza della sua tesi.

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