Uno, nessuno e centomila Philip Roth E non è finita

Uno, nessuno e centomila Philip Roth E non è finita

Quante vite ha Philip Roth? Roth ha scritto decine di romanzi autobiografici, in alcuni dei quali compaiono personaggi che si chiamano addirittura Philip Roth ma non sono lui, e la maggior parte invece - una vera un'epopea a sé - che hanno al centro il suo alter ego letterario, Nathan Zuckerman, nel ruolo di narratore o di protagonista. La prima comparsa del «caro» Zuckerman avviene in un libro intitolato (simbolicamente?) My life as a Man, del 1974, nel ruolo di alter ego dello scrittore Peter Tarnpool, a sua volta alter ego di Philip Roth... Mentre la sua prima volta da protagonista avviene, nel '79, nel romanzo intitolato (simbolicamente?) Lo scrittore fantasma. In cui Roth inizia ad affrontare il (suo) problema dell'identità. L'identità reale e l'identità letteraria.
Narratore bi-polare, schizofrenicamente diviso fra realtà romanzesca e finzione biografica, Philip Roth ha sublimato il rapporto fra vita e romanzo in un libro-spartiacque dal titolo I fatti. Autobiografia di un romanziere, scritto nell'87, a 54 anni, dopo un esaurimento nervoso, uscito nel 1988, pubblicato per la prima volta in Italia da Leonardo nell'89 e ora riproposto da Einaudi, in una nuova traduzione di Vincenzo Mantovani. Un libro che non fa che complicare il gioco di scatole cinesi della bio-bibliografia di Roth.
Aperto da una splendida lettera che l'autore scrive a Nathan Zuckerman in cui lo scrittore chiede al suo alter-ego di leggere il manoscritto che segue, per capire se è il caso o meno di pubblicarlo, e chiuso da una lunga, strepitosa risposta negativa di Zuckerman («Ho letto il manoscritto due volte. Non pubblicarlo.

Te la cavi molto meglio scrivendo di me che facendo una cronaca “fedele” della tua vita»), l'autobiografia-romanzo I fatti racconta il Roth bambino che cresce in un quartiere di Newark, il rapporto col padre (al centro anche di Patrimonio, del '91), e poi gli anni del college, la sua «ragazza dei sogni», il primo matrimonio, il divorzio... Insomma, la sua (contro)vita. Tutte cose scritte «senza maschera» (?!), «nel tentativo di riprendermi la vita», confessa Roth a Zuckerman. Cioè a un se stesso, che non esiste.

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