Gioco di spie

Quando il Kaiser voleva essere il "Grande Fratello"

Guglielmo II fece allestire una fitta rete di spie per carpire pensieri e segreti dei suoi sudditi all'interno delle taverne del Reich. Egli temeva gli estremisti: ma alla fine dei giochi, adorava impicciarsi di tutto...

Quando il Kaiser Guglielmo voleva essere il "Grande Fratello"

"I re torturano col vino colui che essi non sanno se sia degno d'amicizia", cantava il poeta romano Orazio, ben prima che assassinassero Giulio Cesare. E Guglielmo II, Kaiser del Reich di cui si celebrano i 150 dalla nascita, doveva aver capito quanto fosse importante “suggere” le verità delle labbra dei sudditi mentre erano ebbri e distolti dai loro dibatti in osteria. Tanto da stabilire un Grande Fratello onnipresente nelle taverne dell'Impero.

Molto prima della famigerata Stasi, il servizio segreto che spiò per più di 40 anni la vita dei tedeschi della Germania Est - secondo le stime stilarono ben 5 milioni di dossier - un'altra fitta rete di spie ascoltava segretamente idee e ideali del popolo per annotare ogni avvisaglia che potesse ricondurre ad un estremista, alla maturazione di un dissidente, alla nascita di un pericoloso anarchico o di un possibile cospiratore.

A ricordare gli efficienti metodi degli "Spionen", che fa molto fumetto di Bonvi ma è solo una traduzione di spie, è stato il supplemento storico della nota rivista Der Spiegel, che, come ricordato da Italia Oggi, raccontando la vita quotidiana di allora, non ha potuto tralasciare l’efficienza dell’operoso servizio d’informazione agli ordini del Kaiser Guglielmo. Gli occhi e le orecchie di Guglielmi II che venivano mandati nelle osterie per mischiarsi alla classe operaia e carpire idee, passoni, tumulti, e talvolta, i segreti. La missione principale degli spionen doveva essere quella di scoprire quale fosse il giudizio dell’uomo della strada nei confronti del Kaiser. Per scovare detrattori e individuare o mettere sotto sorveglianza possibili rivoluzionari. Ma data la capacità delle spie di infiltrarsi e confondersi perfettamente nelle osterie del Reich - spesso gli agenti si vestivano come i lavoratori imitandone i costumi - la curiosità del Kaiser, e delle alte sfere del neonato servizio segreto tedesco da cui sarebbe nato l’Abwehr prima e la Gestapo poi, finì con ricadere su altre numerose tematiche d'attualità politica all'epoca.

Cosa pensavano i sudditi del capitalismo, e della sua critica? Cosa pensavano del comunismo che gonfiava le sue fila nell'impero dello Zar? E del colonialismo? Era fiero, critico o disinteressato nei confronti della cosiddetta “Corsa all’Africa”, o del vessillo con l’aquila imperiale che sventola nella lontana città cinese di Tsingtao?

Secondo lo storico Richard J. Evans - che si è imbattuto nei documenti degli archivi della polizia durante alcune ricerche sull’epidemia di colera che colpì l’impero alla fine del XIX secolo - furono almeno 20mila i dossier redatti dalle spie del Kaiser. Uomini che con l'aiuto dei collaboratori assoldati di volta in volta ascoltavano i bevitori nelle taverne in attesa di coglierli in fallo e poter riferire ai superiori chissà quale fervore antipatriottico. Di questi, ben 348 documenti sono stati pubblica nel libro "Kneipegrespräche im Kaisereich 1892-1914", "Colloqui nelle osterie nel Reich" (Rowohlt Verlag). E le segnalazioni, zelantemente annotate, spaziano da affermazioni in discussioni di natura teologica, come sulla paternità del Cristo, a commenti antisemiti, dai giudizi su casi di cronaca nera, agli umori "rossi" dei socialisti che lavoravano al porto di Amburgo. E poi ancora conversazioni, illazioni, mugugni appena percepibili, vaneggiamenti, risse e schiamazzi avvenute nelle taverne di Berlino, di Dresda, di Monaco. Ventidue anni di umori di un popolo che s'incontrava nelle taverne ogni sera, e che a sua insaputa si preparava ad abbandonare la Belle Epoque per ritrovarsi travolto dalle atrocità della Guerra Totale.

Secondo gli esperti che hanno esaminato i dossier redatti dagli Spionen del Kaiser, essi sembrano essere, almeno in più di un'occasione, avvezzi alla "fantasia". Esaltando quisquilie e intessendo trame spesso prive di alcun fondamento, tanto per dare un senso all'infruttuoso servizio di una notte. Del resto i nomi dei "colpevoli" di codeste ciarle da bancone non dovevano essere scritti in calce - a meno che non si scorgesse il profilo di un vero e proprio rischio per quella che oggi chiamiamo "sicurezza nazionale" (in assenza d'imperi). E i veri anarchici, i pericolosi cospiratori e futuri rivoluzionari, già allora si guardavano bene da farsi sfuggire la minima invettiva. Oggi per certe cose, in barba alla tanta decantata privacy, basta ficcanasare sui nostri social network e tra i dati che vengono immagazzinati dai motori di ricerca. Almeno se si vuole dare rette alle rivelazione del signor Edward Snowden sul controllo delle masse.

Sul vero, impalpabile quanto plausibile, Grande Fratello.

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