Controcultura

"Quando con il pannello "gordo" dava corpo alle magie di china"

Patrizia Zanotti racconta vita e avventure del creatore di Corto Maltese

"Quando con il pannello "gordo" dava corpo alle magie di china"

È stata giovanissima collaboratrice di Hugo Pratt, poi compagna di lavoro per una vita, oggi è il nume tutelare della sua opera. Un'avventura meravigliosa... Come quelle che lui disegnava e lei colorava. Patrizia Zanotti, milanese di origine argentina, ha 56 anni e mille ricordi del suo Pratt, il più grande autore della letteratura disegnata italiana.


Patrizia, Lei conobbe Hugo Pratt molto giovane. E insieme a Pratt conobbe il suo mondo: dai mari di Corto Maltese all'Africa degli Scorpioni del deserto. Come fu quell'incontro?


«Quello con Pratt è stato per me il tipico caso di un incontro che cambia la vita, un appuntamento che determina una svolta imprevista. Quel giorno me lo ricordo bene perché mia madre, che aveva un ristorante argentino, a Milano, mi portò al tavolo dove Pratt stava pranzando, per mostrargli i miei disegni. Ero appena tornata da scuola, allora frequentavo il liceo artistico e, come ogni giorno, passavo a salutare i miei al ristorante che avevano sotto casa. Che imbarazzo!».

E poi, cosa accadde?


«Poco tempo dopo, una domenica Pratt venne a pranzo da noi e mi regalò Una ballata del mare salato. Fu così che scoprii Corto Maltese e poi, progressivamente, tutto quello che questo personaggio si portava dietro. Era un mondo molto lontano dal mio in quel momento, ma rimasi incantata da quei disegni, da quelle atmosfere. Alcuni giorni dopo mi propose di colorare una sua storia a fumetti. Ed era proprio Gli Scorpioni del deserto, quella che ho appena ricolorato a causa del deterioramento delle vecchie pellicole di stampa. E così, dopo 40 anni, mi sono ritrovata sulle stesse pagine di quel mio primo lavoro».


Hugo Pratt è morto nel 1995, ma è sempre molto amato.


«Soprattutto dalle nuove generazioni. Corto è diventato un'icona, è un marinaio apolide e senza confini, è un classico senza tempo, forse per i valori che rappresenta, prima di tutto la libertà, ma anche il rispetto e l'apertura verso le altre culture».


Pratt cosa amava di più: scrivere le storie o disegnarle?


«Le due cose nascevano assieme, disegnava, scriveva i dialoghi e poi inchiostrava il tutto e finiva la striscia. Mi diceva che la cosa peggiore era avanzare senza completare una pagina, perché dover continuamente tornare indietro era molto noioso. Credo che questa sua tecnica derivasse dall'aver lavorato a lungo in Argentina per i settimanali che macinavano pagine su pagine a un ritmo pazzesco. Il dover completare in tempi stretti tante storie aveva affinato il suo tratto e il metodo per realizzare rapidamente tanti lavori».


Com'era lavorare con lui?


«Divertente! La cosa più bella era, naturalmente, leggere per prima i dialoghi e veder nascere vignette magnifiche. Vederlo usare il pennello carico di china, o come lo chiamava lui gordo, mentre con pochi colpi magistrali creava ombre e movimento... una pura magia. Ricordo di aver riso fino alle lacrime quando, in Samarcanda, Rasputin e Corto si confrontano in un dialogo surreale in mezzo a un campo di battaglia e iniziano a ballare... Ecco, momenti come quelli sono i ricordi più belli dei momenti trascorsi con lui».


Quali erano le fonti delle sue avventure: la vita, la Storia, la letteratura o la fantasia?


«È impossibile separare la sua vita, le letture, i viaggi e le esperienze dalla sua opera, perché il suo lavoro è una sintesi di tutti questi elementi ed è questo che ne fa una delle ragioni della sua unicità, l'evolversi dello stile e dei contenuti. I suoi libri sono creature che evolvono con lui, penso ad esempio a Wheeling, un libro scritto in tre fasi nel corso di trent'anni e penso anche a Avevo un appuntamento, un libro che racconta un viaggio che percorre i luoghi dei suoi sogni, letterari e cinematografici, racchiusi nel termine Mari del Sud, dove la tappa fondamentale era il suo omaggio alla tomba di Stevenson e alla sua Isola del tesoro».


I suoi scrittori preferiti?


«Per non citare i soliti Stevenson, Melville e Conrad, direi tanti autori della cultura anglosassone per quanto riguarda il mondo dell'Avventura, e della letteratura argentina per il realismo magico. E poi la poesia. Per Pratt la poesia era la massima espressione letteraria e la più vicina al fumetto, perché sintetica e in grado di costruire nella nostra mente immagini attraverso poche parole, proprio come fa il fumetto con pochi segni. Un verso, a volte, riesce a innescare un percorso che collega la profondità del mondo interiore con l'immaginazione visiva, proprio come il silenzio di una tavola di Ticonderoga o la freccia di un indiano nel bosco».


Cos'era per Pratt l'avventura?


«Pratt l'avventura non l'ha mai cercata, perché l'ha sempre vissuta, ci si è trovato dentro e l'ha saputa vivere in pieno traendone fonti fondamentali per i suoi personaggi, per i dialoghi, per le situazioni imprevedibili».


Lei ha appena ricolorato Gli scorpioni del deserto, una storia sulla brutalità della guerra. Quali sono i temi ancora attuali dell'opera di Pratt?


«Pratt mi spiegò la tecnica per colorare le storie e mi diede una grande quantità di libri specifici sulle divise militari per riprodurne fedelmente i colori di ogni dettaglio di stemmi, bandiere, giberne, armi e mezzi. Per il resto mi disse di seguire la mia sensibilità sull'accostamento dei colori. Ma restando per mesi dentro quel mondo fatto di divise, personaggi ed eserciti di tutte le nazioni, la guerra alla fine passava in secondo piano, perché le vicende narrate non erano quelle di combattenti, ma di uomini normali, con i loro dubbi e le loro paure, che si erano ritrovati loro malgrado in un contesto più grande di loro. Mi appassionai subito alle vicende di quelle terre lontane, perché non parlavano di guerre, ma dei sentimenti e delle contraddizioni degli uomini catapultati in quei contesti. Ecco perché quelle storie restano attuali».


Pratt è anche Venezia. Cosa direbbe della sua città oggi?


«La Venezia che Pratt ha sempre preferito è quella solitaria e notturna, quella delle calli vuote in cui aveva trovato la magia che è riuscito a mettere nelle sue tavole. Oggi avrebbe apprezzato il non vedere più le grandi navi da crociera che la mettevano in pericolo, e ne rovinavano la delicatezza. Pratt ha sempre preferito la Venezia periferica, le isole della laguna, la sua Malamocco, le strade meno frequentate nella zona dell'Arsenale...».


Lei è alla guida della Cong SA, la società che detiene i diritti di edizione dell'opera di Hugo Pratt. Cosa fate?


«Ora stiamo lavorando a un nuovo episodio della saga di Corto Maltese realizzato da Canales e Pellejero, poi stiamo lavorando a una nuova mostra, a Bordeaux.

E, tra tante cose, è la responsabilità più grande, proteggere l'opera di Pratt dai falsi che circolano nel mercato dell'arte, visto il valore che gli originali hanno raggiunto negli ultimi anni».

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