Quando la satira era (davvero) dinamite

Quando la satira era (davvero) dinamite

A dispetto del nome, la rivista L'Assiette au Beurre , «Il piattino di burro», con le sue copertine faceva andare di traverso la colazione ai lettori. Che si arrabbiavano, protestavano e poi tornavano a comprarla, divertiti da quella dose d'insolente creatività. Siamo agli inizi del '900 e in Francia si contavano circa 250 fogli satirici, merito anche della recente legge sulla libertà di stampa.

Mentre discutiamo dell'opportunità di pubblicare vignette contro il Papa o Maometto e facciamo mille distinguo sul diritto di espressione, cent'anni fa alla stampa satirica d'Oltralpe era concesso il lusso di essere come la dinamite: nessun problema con ritratti di giudici trasformati in rospi, preti dalle mani lorde di sangue, donne nude e persino feti. Non vi pare possibile? Allora aspettate qualche settimana: al Palazzo delle Paure di Lecco aprirà una mostra sulle origini, incendiarie davvero, della satira contemporanea e ci sarà da strabuzzare gli occhi. Disegno e dinamite. Le riviste illustrate fra satira e denuncia (dal 1° marzo al 31 maggio) è l'appendice italiana di un grosso progetto espositivo legato all'anarchia che ha il suo cuore nell'esposizione curata da Simone Soldini al Museo d'Arte di Mendrisio, in Svizzera: Anarchia tra storia e arte. Da Bakunin al Monte Verità, da Courbet al Dada (dal 22 marzo al 5 luglio).

A Lecco, in drammatica coincidenza con le cronache di questi giorni, vedremo come la prima vera satira moderna parli en français e sia figlia dell'Illuminismo e dell'irriverenza rivoluzionaria e un po' anarchica di fine '800. Vedremo anche come le riviste si contendessero - altro che censurare - le voci più scomode e controcorrente: erano le firme che garantivano il dibattito, facevano impennare le vendite, davano fama alla testata. In mostra ci saranno una settantina di copertine e tavole originali di testate leggendarie quali Les Temps Nouveaux , L'Assiette au Beurre , La Feuille , Le Père Peinard , Le Libertaire : palestre di spirito libero e laboratori di raffinata impaginazione, ebbero fortuna grazie a tavole feroci contro i poteri costituiti (magistratura, esercito, clero) e a un'impietosa ironia verso la società contemporanea.

Per solleticare con le immagini e poche parole i facoltosi borghesi pronti a ridere prima di tutto di se stessi, servivano matite di spessore come quelle di Jossot, Kupka, Grandjouan. Incendiari e irriverenti più di quanto oggi sarebbe comunemente accettato, i loro disegni spopolavano in Francia, Belgio, Germania.

Questa satira, nella sostanza e nella forma, riuscì a influenzare persino le nascenti avanguardie: «Tutta l'iconografia anarchica delle riviste ha pesanti ricadute sulla produzione artistica dell'epoca: l'arte impara a prender parte ai conflitti sociali - spiega Simone Soldini -. Si rompono gli schemi tradizionali della pittura, e appaiono nuovi soggetti: lavoratori che protestano, borghesi che oziano, vagabondi».

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