Il mai pubblicato finora in Italia Charles Ryder ai tempi della scuola , che qui presentiamo, fa parte della raccolta di Tutti i racconti (pagg. 648, euro 19, trad. Mario Fortunato e Giovanni Fletzer) di Evelyn Waugh ora edita da Bompiani e, come appendice, del romanzo Ritorno a Brideshead (pagg. 420, euro 13, trad. Ottavio Fatica e Mario Fortunato) dallo stesso editore ristampato in occasione del settantesimo della prima uscita in inglese. Si tratta di una duplicità voluta e insieme necessaria e del resto non è la prima volta che nell'opera di Waugh nomi, luoghi, ambienti ritornino e si mischino, racconti che divengono capitoli di romanzo, finali e/o capitoli di romanzi incompiuti che subiscono sistemazioni in forma di racconto. C'è insomma una circolarità, anche stilistica, tutta interna a una sorta di geografia umana, ideale, più che ideologica, e sentimentale, che con qualche forzatura può essere definita delle 4C: College, Club, Cocktail, Caserma. Nato agli inizi del Novecento, Waugh è stato l'ultimo rappresentante dell'anacronismo inglese, i figli di un impero destinati a perderlo, i cantori di una Roaring London finita con il cibo razionato del secondo dopoguerra, gli esteti del carpe diem e del disimpegno condannati alla routine del matrimonio e del posto fisso. In fieri , Waugh colse il tramonto di un mondo, che era il suo per cooptazione e per affinità elettiva: borghese, condivise sino in fondo l'ultimo passaggio di quell'aristocrazia che era passata dall'età della supremazia a quella dell'ingiusto privilegio per poi andarsi a spegnere in una sterile vanità. Nessuno scrittore britannico ha, come lui, raccolto e messo in pagina un simile campionario di stranezze, idiosincrasie, bizze umorali, stupidità, sordità, inefficienza, tese nel loro insieme a caratterizzare un' élite , un modello comportamentale, una nazione. Se tutto ciò da un lato rappresenta il formidabile spaccato sociale di un'epoca, dall'altro è l'epitaffio, cinico ma sentimentale, di uno stile di vita, la sua nostalgica rievocazione nel momento stesso in cui se ne colgono vacuità e nonsense . Sotto questo aspetto, Waugh è un Wodehouse strappato dal suo parco giochi e obbligato a fare i conti con il dolore. Ha imparato a proprie spese che non era vero niente di quello che gli volevano far credere, ma la sua è una consapevolezza priva di gioia. La felicità di un infelice.
diC'era un che di polveroso nell'aria; nel crepuscolo rimaneva l'ultima traccia delle nuvole d'oro che, sollevate dai lavori di pulizia nella sala comune, prima della funzione, avevano riempito gli ultimi raggi di sole. La luce declinava. Oltre le finestre a tre ante con le loro elaborate colonnine, l'imponente fogliame autunnale appariva ora spento e incolore. L'intero pendio a est di Spierpoint Down, dove il College sorgeva, giaceva nell'ombra; tutto intorno, in direzione di Chanctonbury e Spierpoint Ring, il primo giorno del trimestre si spegneva dolcemente.
Nella sala comune, trenta teste erano recline sui rispettivi libri. Solo alcuni insegnanti avevano assegnato dei compiti, quel giorno. Come era tipico degli studenti del quinto anno, la nuova classe in cui si trovava Charles Ryder, ci si dedicava al lavoro di revisione di quanto studiato l'anno precedente. Nascosto sotto la copertina del volume di storia di Hassall, Charles stava scrivendo sul suo diario. Alzò gli occhi dalla pagina fissando, intorno al fregio, l'oscura iscrizione in caratteri gotici, che diceva: Qui diligit Deum diligit et fratrem suum.
«Ryder, vai avanti con i tuoi compiti», disse Apthorpe.
Charles scrisse: Apthorpe ha sgomitato per diventare capo-squadra, quest'anno, e questa è la sua prima sera in carica. È superzelante e si dà molte arie.»
«Si potrebbe accendere la luce, per favore?»
«Certo. Accendi pure, Wykham-Blake.» Un ragazzetto si alzò dal suo banco. «Ho detto: Wykham-Blake. Non c'è bisogno che si alzino altri.»
Rumore della catenella per l'accensione, sibilo del gas, una luce bianca, brillante che illumina metà della stanza. Un'altra lampada pende sopra i banchi delle matricole.
«Su, anche uno di voi, comunque si chiami, accenda la luce.»
Sei ragazzini spaventati fissarono prima Apthorpe e poi si guardarono l'un l'altro. Tutti insieme si alzarono dai banchi e tutti insieme si sedettero, sempre fissando Apthorpe atterriti.
«Oh, per l'amor del cielo!»
Apthorpe si chinò sulle loro teste e tirò la catenella; si udì il sibilo del gas, ma niente luce. «Il dispositivo non funziona. Accendi manualmente.» Lanciò una scatola di fiammiferi a una delle matricole, che la lasciò cadere, la raccolse e salì sul banco fissando avvilita il paralume bianco di vetro, il beccuccio sibilante di gas e Apthorpe. Non aveva mai visto prima una lampada di quel genere; sia a casa sia nella precedente scuola c'era l'elettricità. Accese un fiammifero e lo avvicinò alla lampada, ma senza che all'inizio accadesse nulla; poi ci fu un forte botto; il ragazzo fece un passo indietro, inciampò e perse quasi l'equilibrio tra i libri e i calamai, arrossì violentemente e ritornò al suo posto. I fiammiferi gli rimasero in mano. Li fissò incerto, agonizzando nella propria indecisione. Che cosa doveva farne? Nessuna testa si mosse ma tutti, nella sala comune, erano col fiato sospeso. Dall'altro lato della stanza, Apthorpe tese invitante la sua mano.
«Quando avrai finito con i miei fiammiferi, magari potresti essere così gentile da restituirmeli.»
Disperata, la matricola lanciò i fiammiferi in direzione del capo-squadra, ma li lanciò disperatamente lontano. Apthorpe non fece nessun tentativo di prenderli, con curiosità li guardò cadere in terra. «Ma che bel tiro», disse. Il ragazzo fissò la scatola dei fiammiferi; Apthorpe fissò il ragazzo. Disse: «Ti scoccerebbe molto se ti chiedessi di restituirmi i fiammiferi?»
La matricola si alzò in piedi, fece pochi passi, raccolse i fiammiferi da terra e li porse al capo-squadra con un penoso accenno di sorriso.
«Ma che bel gruppo di matricole abbiamo quest'anno», disse Apthorpe. «Sembrano completamente idioti. È stato richiesto a qualcuno di voi di badare a questo ragazzo in particolare?»
«Sì, a me», disse Wykham-Blake.
«Una responsabilità pesante per qualcuno così giovane. Cerca di far capire a questa mente limitata che potrebbe avere qualche problema a lanciare in aria scatole di fiammiferi, durante i corsi serali, e a ridere in faccia a un capo-squadra. A ogni modo, è un libro scolastico quello che stai leggendo?»
«Certo, Apthorpe.» Wykham-Blake esibì la sua faccia da cherubino innocente e mostrò il retro di copertina del Golden Treasury .
«E perché lo stai leggendo?»
«Mr. Graves ce lo ha chiesto. Dobbiamo imparare una poesia a piacere.»
«Tu quale hai scelto?»
« On His Blindness , di Milton», disse in un soffio.
«Ci si potrebbe chiedere come mai hai scelto proprio questa.»
«La conoscevo già», disse Wykham-Blake, mentre Apthorpe sorrideva indulgente.
«Piccola canaglia», disse.
Charles scrisse nel diario: « Ora Apthorpe sta curiosando in giro per vedere che libri leggiamo. Sarebbe piuttosto tipico se scegliesse qualcuno da picchiare, questa prima sera di scuola. Ieri l'altro alla stessa ora, ero in giacca scura seduto al ristorante d'Italie con la zia Philippa, prima di andare a teatro al Wyndhams, a vedere The Choice. Quantum mutatus ab illo Hectore . Viviamo tutti in compartimenti stagni. Adesso sono completamente risucchiato nei piccoli giochi di potere del college. Graves ha giocato sporco facendo sì che Apthorpe diventasse capo-squadra e O'Malley responsabile dello studentato. L'unica consolazione è stata vedere il dolore disegnarsi sulla facciona di Wheatley quando si è visto che l'incarico non toccava a lui. Era sicuro di farcela, questo trimestre, come responsabile dello studentato. A ogni modo neanche Tamplin ha avuto fortuna. Io non mi aspettavo niente ma avrei avuto tutto il diritto di arrivare prima di O'Malley. Certo che Graves è proprio un tipo. Comunque tutto dipende da questo corrotto sistema di rotazione dei responsabili dello studentato. Dovremmo avere i migliori responsabili, invece di trovarci sulla nostra testa tipi come Graves. Se solo ci fosse ancora Frank. »
Charles Ryder's Schooldays
© 1945 by Evelyn Waugh
© 2015 RCS Libri S.p.A. / Bompiani
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