Salviamo la bellezza dall'effimero

Se per la non-arte si utilizzasse il termine «sgunz» non ci sarebbero problemi né fraintendimenti, non dovremmo tenere insieme forzatamente nello stesso ordine le statue di Fidia e la merda d'artista di Piero Manzoni, la cappella Sistina e la Turbo Cloaca di Wim Delvoye, Caravaggio e le foto di escrementi scattate da Andres Serrano, il Cristo morto di Mantegna e il dito medio alzato di Cattelan. Gli oggetti «sgunz» avrebbero un proprio statuto ontologico (ed estetico), nessuno ne farebbe una tragedia, anzi sarebbe una branca del sapere da frequentare con giusta attenzione. Gli artisti che proseguono sulla linea tracciata da circa tre millenni continuerebbero a definirsi «artisti», gli altri sgunzatori. \
Lo «sgunz» in sostanza è (o non è) un oggetto, deve massimamente tendere all'orripilante, all'informe, all'insensato (meglio se tutto insieme), deve essere il più nuovo possibile (questo è imprescindibile), deve autodefinirsi come «arte» e avere un pubblico che pur non capendone la portata plaude entusiasta al suo valore.
Ovviamente lo «sgunz» annovera storici e critici, curatori e giornalisti, collezionisti e pubblico osannante, galleristi e direttori di museo, restauratori, un nugolo neppure troppo esteso di happy few che governano quello che viene definito art-system. I critici hanno elaborato una teoria, i galleristi la fanno propria, i curatori scovano la materia prima, cioè lo «sgunz», in seguito i galleristi e i direttori dei musei la espongono, gli uffici stampa sguinzagliano i giornalisti amici, il mercante si arricchisce scambiandola, il collezionista ne fa incetta godendo di un beneficio sociale poiché attraverso questa neolingua si eleva rispetto al borghese grasso e al povero incolto, il pubblico generico annuisce.
Lo «sgunz» è una fede che non prevede eterodossie, per cui i custodi del sacramento sono inflessibili. Il sacramento passa di bocca in bocca e tutti i fedeli ripetono la liturgia senza comprenderne il mistero.

Quando provi a obiettare, le risposte sono sempre le stesse: se tenti di dire che lo «sgunz» è brutto ti guardano perplessi, «come fai a dire bello, non esiste la bellezza oggettiva, al massimo puoi dire “mi piace”»; se davanti a una «merda» insisti che però il brutto oggettivo esiste, restano ancora più perplessi, «allora sei un nazista, sei uno di quelli che vuole distruggere le opere d'arte perché non gli piacciono»; se azzardi a dire che è incomprensibile replicano che «pure Caravaggio all'inizio non venne capito» ma poi diventò Caravaggio e dunque «è un problema tuo»; se dubiti della modestia del manufatto ti schifano: «Non mi dire che sei uno di quelli che pensa che avresti potuto farlo tu... conta l'idea»; se, ancora poco convinto, insisti nel sostenere che l'idea conta ma se la forma non è adatta non è arte, ti guardano con commiserazione e passano oltre...

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