Lo scaffale in alto nelle librerie: "A-cerchiata"

Sullo scaffale in alto delle librerie di casa stanno i libri non freschi di stampa e non recensiti da tutti i giornali. Ma da leggere. Come A-cerchiata. Storia veridica ed esiti imprevisti di Autori Vari (Elèuthera, 2008)

Lo scaffale in alto nelle librerie: "A-cerchiata"

Sullo scaffale in alto delle librerie di casa stanno i libri non freschi di stampa e non recensiti da tutti i giornali. Ma da leggere. Come A-cerchiata. Storia veridica ed esiti imprevisti di Autori Vari (Elèuthera, 2008).

I simboli sono pericolosi. Soprattutto per se stessi. Corrono sempre il rischio di essere impugnati, sbandierati, scopiazzati, ridicolizzati etc, etc, in tutte le salse. È per questo, in fondo, che fanno tutti un po’ tenerezza, persino quelli più cattivi, più truci, più evocativi del Male. Vogliamo parlare delle povere rune prese in ostaggio dai nazisti e internate nella loro delirante propaganda? No, qui vogliamo parlare di una O con dentro una A, cioè della A cerchiata, emblema dell’anarchia.

Fermi tutti, questa non è una rapina. Nel senso che la A cerchiata, avendo una data di nascita (anzi, due…) non può essere spacciata per ciò che non è: la chiave di volta grafica dell’intero pensiero libertario. Infatti, compare per la prima volta soltanto ad anni Sessanta inoltrati. Per la precisione nell’aprile del 1964, sul Bulletin des Jeunes Libertaires di Parigi. L’ispiratore è Tomás Ibañez, l’esecutore René Darras. Ma le repliche, per la verità, sono pochine. La ripresa, e il lancio definitivo, avviene due anni dopo a Milano, quando i ragazzi di Gioventù Libertaria producono volantini e manifesti caratterizzati da quel segno che, frutto della mutazione genetica della mela dei provo olandesi, rapidamente s’impone. Ma attenzione, non ne troveremo traccia nel Maggio francese del ‘68. Segno che l’anarchia ben poco aggrada a chi presto raccoglierà il testimone dell’antico giacobinismo… Fatto sta che, passata la sbornia sessantottina, saranno i primissimi anni Settanta ad assistere all’ascesa della A cerchiata. Intanto, proprio una A cerchiata è la… circolare testata della Rivista anarchica già nel ’71 e quindi, con leggero restyling, nel ’72. Poi l’esplosione della comunicazione, nella carta stampata, nella televisione, sui muri, accoglie di buon grado l’elegante “firma”.

Fra i molti contributi di questo volumetto della memoria, corredato da un gran numero di immagini, ci piace sottolineare quelli di due anarchici conservatori Maurizio Maggiani e Pino Cacucci, guardacaso scrittori, quindi sempre alle prese con tutte le altre lettere dell’alfabeto. Il primo ammette: “e pensare che io non sono mai riuscito a fare un cerchio come si deve. Non sempre la verità è così rivoluzionaria come sembra; o forse sono io che non lo sono mai stato”. Il secondo riassapora nell’amato simbolo la propria medeleine giovanile, ricordando quando, scolaro, la tracciava nel modo più rigoroso possibile: “con righello e goniometro, che diamine, anche per fare la rivoluzione ci vuole tecnica e paziente cura dei particolari, i frettolosi e superficiali diventano spesso stalinisti e successivamente si iscrivono a un partito di governo”. Parole sante.

A proposito di riassaporare. Tra le foto più curiose, quelle dei biscotti anarchici del designer Yoko Miura (c’è anche la ricetta). Mentre il sociologo Giorgio Triani mette in guardia dalla deriva pesudo-anarchica che coinvolge la moda e persino i profumieri.

Certo che vedere Victoria Beckham uscire da un negozio top class di Manhattan sulla cui vetrina spicca la A cerchiata un po’ di effetto lo fa. Ma anche per lei la libertà è importante. Se non altro, almeno la libertà di… spendere.

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