Ultimo viaggio

"Non si saprà mai": così iniziò il mistero del "triangolo del Diavolo"

Nel 1948 un aereo passeggeri della neonata compagnia britannica Bsaa scomparve senza lasciare traccia mentre era al largo delle isole Bermuda. Il suo sfortunato destino rimarrà un mistero, alimentando la leggenda del "Triangolo maledetto".

"Non si saprà mai": così iniziò il mistero del "triangolo del Diavolo" alle Bermuda

La storia di questo ultimo viaggio è rimasta tuttora senza una vera spiegazione e ha inizio nell’aeroporto di Heathrow, in Inghilterra, il 27 gennaio del 1948. Appartiene all’incidente aereo che forse più di tutti ha contribuito - insieme a quello della famigerata Squadriglia 19 - ad alimentare la leggenda del "Triangolo delle Bermuda": quel tratto di mare dove, almeno secondo i fanatici del paranormale, questo nostro mondo si collegherebbe con altre dimensioni a noi ignote.

È una mattinata fredda e umida, quando i primi temerari e facoltosi passeggeri sono in procinto di imbarcarsi sul quadrimotore pilotato da esperti aviatori militari. Uomini che avevano appena vinto la guerra e maturato l'expertise adatto a mettere in piedi un'idea ambiziosa quanto insidiosa: fondare una compagnia aerea che potesse competere con la Boac (al tempo la maggiore compagnia aerea statale britannica, ndr) per conquistare le rotte che dall'Europa portavano nel cuore delle Americhe del Sud.

A bordo di aerei basati su i migliori bombardieri a lungo raggio - come gli Avro York, Avro Lancaster e Avro Tudor - la neonata Bsaa pensava di offrire lussi mai visti prima come la proiezioni di film in volo o il servizio ristorante incentrato su pasti surgelati, attraendo il pubblico con lo slogan "Vola con le stelle", e facendo rotta su mete esotiche come i Caraibi.

C'erano tutte le carte in regola per diventare una compagnia aerea di successo, se non fosse stato per un tragico incidente che già nel 1947 aveva scosso la compagni, dando luogo a una delle prime leggende sulla sparizione di un aereo di linea collegabile agli extraterrestri. Stiamo parlando della perdita dell'Avro Lancaster nominativo Star Dust, avvenuta il 2 agosto 1947. Scomparso nel nulla mentre era in volo sulle Ande. Poi ritrovato dopo oltre mezzo secolo in seguito allo scioglimento dei ghiacci. Ma torniamo a noi.

Ogni viaggio ha i suoi problemi

Quel giorno a Heathrow i primi passeggeri dell'Avro Tudor nominativo Star Tiger (G-Ahnp) si stavano imbarcando per il lungo viaggio che li avrebbe condotti all'Avana, facendo scalo a Lisbona, Santa Maria nelle Azzorre, St. David nelle Bermuda e Kingston in Giamaica. E non ci volle molto prima che s'imbattessero nella prima piccola insidia, appena poche ore dopo il decollo. Il sistema di riscaldamento dell'areo era difettoso li avrebbe costretti a viaggiare a delle temperature che sarebbero stato considerate proibitive anche per l'equipaggio di un bombardiere militare in missione - figuriamoci per dei civili in viaggio di piacere.

A bordo c'erano 25 passeggeri più l'equipaggio, composto da quattro veterani dell'aria capitananti B.W. McMillan, un neozelandese che aveva servito nella Reale aeronautica neozelandese ed era ben noto per le sue qualità, e due hostess. Tra i passeggeri invece, sedeva sir Arthur Coningham, maresciallo dell'aria che aveva condotto gli squadroni tattici degli Alleati nei cieli della Normandia.

Un sistema di riscaldamento che fa cilecca non può mettere a rischio un volo di linea. Ma non sarebbe stato l'ultimo problema tecnico a insidiare il viaggio dello Star Tiger. Una bussola difettosa e un motore che faticava a riavviarsi, rallentarono il viaggio che prevedeva la sua seconda tappa a Santa Maria nelle Azzorre per un necessario rifornimento di carburante. Non va dimenticato infatti come la distanza che separa Londra dall'Avana fosse enorme per i tempi, e che pure gli aerei come l'Avro Tudor, benché vantassero un'autonomia di 6.500 chilometri anche a pieno carico, dovevano garantirsi degli scali intermedi per essere certi di arrivare a destinazione interi, e con i galloni di carburante necessari alle manovre d'atterraggio.

Carburante o passeggeri? Una scelta delicata

Il bollettino meteorologico consegnato allo Star Tiger prima della partenza era oltremodo scoraggiante. Forti venti di burrasca e fenomeni temporaleschi avrebbero accompagnato la tratta Azzorre-Bermuda. Deciso a proseguire il suo viaggio sull’Atlantico per arrivare a destinazione, il comandante McMillan si trovò di fronte a una decisione da prendere: evitare di riempire al massimo i serbatoi per raggiungere in sicurezza le Bermuda, considerando che i forti venti lo avrebbero potuto spingere fuori rotta allungando il viaggio, o essere costretto a lasciare a terra alcuni passeggeri con il loro bagaglio per alleggerire il carico e fare spazio ad altri preziosi galloni di carburante?

Optò per la prima - col sennò di poi potremmo dire incautamente - decollando alla volta delle Bermuda con i serbatoi non riempiti al massimo della loro capienza, ma neanche un passeggero infuriato alle sue spalle. Con un bollettino meteo che riportava venti forti e piogge, ma l’idea di volare ad appena 2.000 invece che a 20.000 piedi di altitudine per evitare i venti di tempesta peggiori. Con un po' di fortuna ce l'avrebbero fatta. E alle 4.00 del mattino sarebbero atterrati a destinazione senza ricevere alcuna lamentale da parte dei passeggeri. Così l’Avro Tudor proseguiva nel suo volo notturno, sorvolando un oceano scuro e agitato, e attraversando banchi nuvolosi capaci di privare i piloti della la visibilità da un momento all’altro.

Secondo le stime, quando lo Star Tiger era prossimo a oltrepassare il "punto di non ritorno”, si trovava un centinaio di chilometri fuori rotta a causa dei venti. Le rilevazioni astrali, nonostante il maltempo, avevano consentito al navigatore di ricalcolare la rotta senza che a bordo si perdesse la speranza di arrivare - con ritardo - all’aeroporto di Kindley Field sull'isola di St. David alle Bermuda, ex base militare con cui era già entrato in contattato radio. Alle 3.15 e alle 3.17, l’operatore della Guardia aerea a Kindley Field contattò per l'ultima volta lo Star Tiger in rotta di avvicinamento per le Bermuda. Il segnale era chiaro. A bordo erano stanchi e provati, ma lucidi e tranquilli. Poi, d'un tratto, sopraggiunse il silenzio.

Alle 3.50, quando era ormai trascorsa più di mezz’ora dall’ultima comunicazione radio, alla torre di Kindley apparve chiaro che le cose dovevano essere andate per il peggio. Lo Star Tiger non si era più messo in contatto. Non aveva lanciato nessun messaggio Sos. Non aveva raggiunto la sua destinazione come previsto, neanche con ulteriore ritardo. Non aveva lasciato - apparentemente - nessuna traccia di sé a questo mondo. Solo una nave mercantile, la Ss Troubadour, aveva riferito l'avvistamento (alle ore 2.10 del mattino) di un aereo con luci lampeggianti che volava basso sull'oceano, da qualche parte tra le Bermuda e la baia del Delaware. Una segnalazione che, se collegata allo Star Tiger, lo avrebbe trovato completamente fuori rotta.

Le operazioni di ricerca e quegli strani messaggi

All'alba venne immediatamente lanciata un'operazione di soccorso dalla forza aerea statunitense, che convolse ben 26 aerei nelle ricerche di quell'aereo scomparso nel nulla. Altrettante furono le unità navali impegnate nei giorni successivi. Nessuno trovò traccia di detriti, del relitto e dei superstiti. Solo il primo di febbraio un bombardiere B-17 riferì di aver avvistato diverse scatole e un fusto di petrolio a 325 miglia a nord-ovest delle Bermuda. Questo avvistamento non sarà sufficiente a collegare i detriti alla sparizione dello Star Tiger.

Inquietanti furono i messaggi confusi e incompleti che vennero captati dai radioamatori che rimasero in ascolto lungo tutta costa orientale del Nord America, e giurarono di aver ricevuto messaggi inviati da qualcuno che non conosceva bene il codice Morse. Secondo molti di loro, tra punti e linee, qualcuno stava tentando di scrivere la parola "T-i-g-r-e".

Sempre in quei giorni di ricerche, una stazione della Guardia costiera di Terranova riferì che insieme al messaggio in codice Morse, avevano intercettato qualcuno che pronunciava le lettere "G-a-h-n-p": il numero di registrazione di Star Tiger. Il velivolo ufficialmente scomparso il 30 gennaio al largo di quello che veniva già soprannominato il "triangolo maledetto" delle Bermuda. Tratto di mare dove tra la Prima e la Seconda guerra mondiale era si era iniziato a credere si consumassero eventi strettamente collegati al paranormale. Un luogo "infernale", frequentemente scosso da tempeste, nel quale navi e aerei sparivano senza lasciare traccia.

Questi messaggi incompleti vennero captati sporadicamente fino al 3 febbraio, quattro giorni la sparizione dello Star Tiger di cui non si sarebbe più trovata traccia. Gli appassionati del paranormale iniziarono a sostenere la tesi che quei messaggi distorti non erano altro che richieste d'aiuto dei superstiti che erano "finiti in qualche modo in un'altra universo o in un altra dimensione spazio temporale". Ma esistono senza dubbio spiegazioni più logiche ed estremamente terrestri. Seppure mai confermate.

Una spiegazione logica dietro al mistero

Le teorie che vorrebbero un buco nero all'interno del famigerato triangolo delle Bermuda, luogo prescelto dagli alieni per entrare in contatto con la nostra civiltà, rimangono plausibili e affascinanti per molti, quanto risibili e inconcepibili - a buon titolo - per molti altri. Tuttavia che in questo inospitale triangolo di mare siano scomparsi nel nulla un numero non trascurabile di uomini e mezzi, non ultimo l'Avro Tudor IV Star Tiger, resta fatto inconfutabile.

Dietro la "misteriosa" sparizione dello Star Tiger potrebbero nascondersi soltanto una spiacevole combinazione di fattori che non hanno proprio nulla a che fare con il paranormale. L'aereo in questione potrebbe essere incappato in una tempesta con venti più forti del previsto, che lo avrebbero portato fuori rotta fino all’esaurimento del carburante - come in realtà è in parte stato dimostrato. Sebbene a bordo fosse presente un serbatoio di riserva da attivare manualmente in caso di emergenza, era necessario del tempo prima che il carburante raggiungesse i motori.

Questo potrebbe non essere stato sufficiente a “salvare” l’Avro Tudor che proprio in virtù della succitata tempesta. Soprattutto perché volava alla ridottissima quota di 2000 piedi. L'estrema vicinanza alla superficie del mare, se sommata a qualche problema al motore, potrebbero aver portato l’aereo privo di propulsione a schiantarsi sulle onde per scomparire in pochissimo tempo tra i flutti. Senza lasciare traccia.

La stessa altitudine ridotta inoltre potrebbe aver visto l'aereo sorpreso da una raffica di vento più forte delle altre. Costringendo i piloti a manovrare improvvisamente a bassissima quota. Una brutta imbardata potrebbe aver condotto il velivolo in mare prima che il capitano e il suo secondo fossero riusciti a recuperare l’assetto. Non ci sarebbe stato il tempo per lanciare un messaggio di May Day.

Non va dimenticata inoltre la possibilità del semplice errore umano dettato dalla stanchezza. Per tutto il viaggio lo Star Tiger aveva comunicato di volare a una quota di 20.000 piedi nonostante volasse - almeno secondo le ricostruzioni - a soli 2.000. Questa semplice dimenticanza, ripetuta più volte, potrebbe aver convinto un pilota stanco ad abbassarsi nella completa oscurità mentre era in rotta di avvicinamento. Ma invece di condurlo a 10.000 piedi, lo avrebbe condotto dritto tra le onde di un oceano oscuro e agitato. Facendo scomparire per sempre lo scintillante Avro Tudor, e le 31 anime che erano a bordo.

Ultima ipotesi, largamente sostenuta, è che lo Star Tiger avesse subito dei danni impercettibili ai serbatoi, maturando nel lungo viaggio una perdita di carburante che forse non venne rilevata dalla strumentazione di bordo.

Un mistero destinato a perdurare

L'assenza di ogni traccia dei corpi dei passeggeri come di detriti riconducibili all'Avro Tudor e la mancata localizzazione di un relitto dopo oltre settant'anni hanno sobillato le più disparate teorie degli ufologi e degli amanti del paranormale di tutto il mondo. Uomini e donne che non hanno mai smesso di credere che proprio lì, nel mezzo del triangolo delle Bermuda, esista una sorta di portale capace di far sparire nel nulla, o peggio inviare in altre dimensioni sconosciute, aerei, navi e chi si troverebbe a bordo. Queste sono e resteranno fantasie.

Le inchieste avviate sull'incidente dello Star Tiger operato dalla Bsaa, non che tutti i rapporti accumulati nel tentativo di trovare una spiegazione all'accaduto, si sono limitate a concludere che: "In completa assenza di qualsiasi prova attendibile sulla natura o sulla causa dell'incidente di Star Tiger, la Corte non ha potuto fare altro che suggerire possibilità, nessuna delle quali raggiunge il livello anche della probabilità. [...

] Cosa è successo in questo caso non sarà mai saputo e il destino di Star Tiger deve rimanere un mistero irrisolto".

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