"Gli scrittori di sinistra sono degli infami"

Le parti escluse dall'edizione italiana. Battute acide e riflessioni profonde: "La felicità quasi non si può narrare"

Pubblichiamo «frammenti» di alcune interviste a Roberto Bolaño riunite nel libro di Andrés Braithwaite, Bolaño por si mismo (Santiago, 2011) ma tagliate, per motivi di spazio, nell'edizione italiana Bolaño. La prossima battaglia, appena uscita da Medusa.

«Ho sempre desiderato essere uno scrittore politicamente schierato, ovviamente a sinistra, ma gli scrittori di sinistra mi sembravano degli infami. Se fossi stato Robespierre, anzi no, meglio Danton, qualcuno lo avrei spedito dritto alla ghigliottina. L'America Latina, fra le molte disgrazie, ha avuto anche un vivaio di scrittori di sinistra davvero miserabili. Intendo di re come scrittori, anche se adesso mi vien da pensare che lo furono anche come uomini, e molto probabilmente persino come amanti, sposi e genitori. Una vera disgrazia. Pezzi di merda sparsi dal destino per provare, suppongo, la nostra tempra, perché se potevamo sopravvivere ai loro libri sicuramente potevamo sopportare di tutto. In fin dei conti non stiamo esagerando: il ventesimo secolo fu prodigo di scrittori di sinistra, che, più che cattivi scrittori, furono perversi».

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«In America Latina si pensa agli scrittori come ad elementi sovversivi o froci, drogati e bugiardi. In fondo, forse è proprio quello che siamo».

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«La letteratura assomiglia molto alle lotte dei samurai, però un samurai non combatte contro un altro samurai: combatte contro un mostro. Di solito sa anche che verrà sconfitto. Avere coraggio, sapendo in anticipo che verrai sconfitto, e combattere lo stesso: questo è la letteratura».

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«Per uno scrittore, è più importante avere una buona biblioteca che viaggiare, conoscere la sintassi e aver abbastanza lucidità per riconoscersi coraggioso o codardo».

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«Alla letteratura ci si arriva per caso, come si arriva al sesso: mossi dalla curiosità per qualcosa che non si conosce. Ho detto che alla letteratura ci si arriva per caso? No, no, no, alla letteratura non ci si arriva mai per caso. Mai, mai. Che sia ben chiaro. È, diciamo, il destino, sì? Un destino oscuro, una serie di circostanze che ti fanno scegliere. E tu l'hai sempre saputo che questa era la tua strada. Io l'ho sempre saputo, sono sempre stato molto fantasioso».

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«A cosa mi è servita la letteratura? Potrei darle una risposta apparentemente poetica: “per non morire”, ma è falso; sarei comunque vivo e probabilmente con una salute migliore se non avessi optato per la letteratura. A me la letteratura è servita fondamentalmente per leggere. Nel momento in cui decido che sarò scrittore, mi metto a leggere. E grazie alla letteratura ho potuto leggere libri meravigliosi, incredibili, un grande tesoro. Nel corso della mia vita, che è stata piuttosto nomade e in alcuni casi di una povertà estrema, la lettura ha bilanciato la povertà, ed è stata la mia sovranità e la mia eleganza. Potevo trovarmi in qualsiasi situazione, e se ad esempio leggevo Orazio, il dandy, colui che viveva al di sopra delle proprie possibilità, ero sempre io. La letteratura a me ha prodotto ricchezza: è ricchezza».

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«I momenti di felicità assoluta quasi non si possono narrare, a meno che tu non sia uno scrittore come Tolstoj, ma persino le sue migliori pagine parlano dell'infelicità».

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«La letteratura è un esercizio noioso e innaturale, e dunque, se non lo prendi come un gioco può trasformarsi in un vero e proprio supplizio».

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«Gli scrittori non servono a nulla, la letteratura non serve a nulla. La letteratura solo serve per la letteratura, e per me basta».

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