Cultura e Spettacoli

Se il museo chiude per paura di una scollatura

I funzionari del museo d'Orsay proibiscono l'ingresso a una ragazza troppo scollata. Ma si dimenticano dell'importanza del seno nella storia della letteratura

Se il museo chiude per paura di una scollatura

Capita, intorno ai 14/15 anni, che le scuole portino i propri studenti in gita in Francia, destinazioni Parigi. La cosiddetta "gita lunga", il cui tour è più o meno sempre lo stesso: la Sainte-Chapelle, il centro Pompidou, Notre Dame, il Louvre e la Tour Eiffel, solo per citarne alcuni. Tutto stupendo, come solo la capitale francese sa essere. Tutto noioso, come è frequente che sia a quell'età. Ma è varcando le soglie del Museo d'Orsay che si sveglia l'attenzione di tanti ragazzi e ragazze. Perché è lì, sotto le volte di quella che una volta era una stazione ferroviaria, che si nasconde qualcosa di proibito: "L'origine del mondo" di Gustave Courbet. Un dipinto osceno, crudo ("un'opera famosa ma poco vista", si legge sulla scheda realizzata dal museo), che raffigura i genitali di una donna. Chiunque passi di lì si ferma incuriosito dall'impertinenza e dalla profondità, sottolineata anche dal titolo, dell'opera. I ragazzi, sogghignando, si tirano gomitate, le ragazze guardano un po' imbarazzate il proprio sesso spiattellato su tela.

Quella raffigurata da Courbet è una donna che non ha volto e che può dunque essere chiunque. Che è Eva, la prima madre. Che non è solo una donna, ma è la Donna. Il femminino cercato dal Boccadoro di Herman Hesse. Ecco, il museo d'Orsay, che giustamente espone un'opera come quella di Courbet, non ha fatto entrare una ragazza, Jeanne, perché troppo scollata. E sì che, varcando quelle mura, la giovane sarebbe stata in ottima compagnia. Avrebbe infatti incontrato La casta Susanna, che poi tanto casta non è, La Sorgente, che sgorga acqua e sensualità, la bella Olympia, prostituta dallo sguardo fiero, e la venere di Pafo, dagli occhi (e i seni) parlanti.

Jeanne, come è noto, ha raccontato la sua storia su Twitter: "Arrivata all’ingresso non ho il tempo di mostrare il biglietto che la vista dei miei seni turba la funzionaria incaricata del controllo delle prenotazioni, che parte salmodiando: 'Ah no, non è possibile, non si può lasciare passare una cosa simile', mentre la collega cerca di convincerla a lasciare perdere". Non sappiamo il perché del livore della funzionaria. Ci vengono però in mente le "comari" di un certo "paesino" cantato da Fabrizio De André che, invidiose, si presero la briga di denunciare Bocca di rosa. "Gli utenti - hanno proseguito i funzionari del museo - devono conservare una tenuta decente e un comportamento conforme all'ordine pubblico e devono rispettare la tranquillità degli altri utenti".

Ed ecco che Jeanne pubblica la foto del vestito (e dei seni) dello scandalo: certamente abbondante e sfrontata nel suo décolleté, ma non più di tante sue coetanee. Scrive giustamente Il Corriere: "Giudicare della decenza di un abito può essere operazione delicata, affidata alla sensibilità di chi è chiamato a farlo". Perché dunque giudicare la giovane, certamente poco vestita ma non scandalosa? Ma sopratutto: perché proibire al bello - e certamente Jeanne lo è - di godere di altro bello? Se volessimo analizzare il comportamento dei funzionari del museo, potremmo dire che hanno agito con zelo puritano, dimenticandosi dell'importanza del seno nella storia dell'arte. Fu Philippe Daverio, scomparso solo pochi giorni fa, a farlo e a ricordare che "il primo topless fu del Carpaccio nel secondo Quattrocento, con Michelangelo i seni sono possenti, con Rubens barocchi, poi i corpetti, e via così, sino al trionfo del seno esaltato dal push-up e ingrandito dai chirurghi". Fino a quello di Jeanne, che ci ricorda che l'arte è una cosa viva.

E dovrebbero esserlo anche i musei.

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