Tanti lo ricorderanno sempre come “l’ebreo fortunato”, dal titolo del suo primo libro autobiografico scritto in forma di romanzo. Vittorio Dan Segre, giornalista e analista storico de Il Giornale scomparso lo scorso settembre in Piemonte all’età di 92 anni, dopo una lunga vita avventurosa vissuta a ponte tra Italia e Israele, è stato ricordato da amici italiani e israeliani a Gerusalemme l’11 dicembre. Nell’auditorium gremito dell’Istituto Van Leer, l’Ambasciatore d’Italia in Israele Francesco Maria Talò, che ha voluto organizzare la serata, anche in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura, ha letto i due ricordi di Segre ricevuti dal Presidente emerito di Israele Shimon Peres e dal Presidente Giorgio Napolitano. Peres rammenta l’aristocratico amico di numerose imprese diplomatiche all’epoca di Ben Gurion e Golda Meir; Napolitano sottolinea quanto il suo profondo spirito risorgimentale e italiano abbia spinto Segre ad aiutare la costruzione dello Stato di Israele. L’Ambasciatore definisce Vittorio Segre “l’uomo che ha coniugato risorgimento italiano e risorgimento ebraico”.
Sul grande schermo scorrono le foto di una vita: con Ben Gurion a Tel Aviv, con Golda Meir a Parigi, su un cavallo bianco a Gerusalemme, con la divisa dell’esercito inglese in Cecoslovacchia, con Giovanni Agnelli a Torino, con l’Ambasciatore Talò nella tenuta piemontese di Govone. Al microfono di alternano invece i suoi tanti, illustri e incredibilmente diversi, amici: dal rabbino talmudista Adin Steinsaltz, con il quale Segre cercava di avvicinarsi a Dio, al beduino Yunis Abu Rabiah, che adottò negli anni settanta; dall’ambasciatore israeliano Michael Bavli, con il quale condivise alcune missioni diplomatiche per portare Israele in Africa, all’esperto di islam Emmanuel Sivan che partecipò a diversi tentativi di dialogo con i Paesi arabi; dal folosofo della scienza Josef Agassi, che servì sotto il suo comando quando Segre era a capo di un’unitàdi paracadutisti ebrei nella Palestina mandataria, all’architetto italo-israeliano David Cassuto che ha vissuto con lui l’inegrazione degli ebrei italiani fuggiti alle leggi razziali nella nuova patria sionista; da Uzi Elam del Mossad, che racconta di un volo misterioso verso il Sud Africa, al demografo Sergio Della Pergola e e all’analista Manfred Gershenfeld con i quali Segre parlava di politica. Una narrazione corale, nel tentativo di ricostruire, tessera dopo tessera, il mosaico di una vita molto originale. Una vita che ha preso una svolta inattesa quando il giovane Vittorio Segre fu catapultato, a causa delle leggi razziali, da una famiglia ebrea fascista nei ranghi del primo esercito ebraico della Palestina inglese.
Poi il succedersi di molte carriere: militare, diplomatica, di intelligence, di giornalista, di accademico, di analista e forse molto altro. In chiusura, l’illustrazione della sua ‘teoria della neutralità’, disegnata con chiarezza dal giornalista Maurizio Molinari; argomento su cui continuerà a lavorare l’Istituto di Studi Mediterranei da Segre fondato a Lugano. A cucire i diversi racconti, Simonetta Della Seta, che gli succedette come corrispondente dal Medio Oriente ne Il Giornale ed ora è consigliere dell’Ambasciatore d’Italia in Israele. Della Seta ha letto dei passaggi dai suoi tre libri autobiografici. Nell’ultimo, “Storia dell’ebreo che voleva essere eroe”( Bollati Boringhieri), uscito tre giorni prima che morisse, Segre scrive: “Cercare è non meno importante del trovare e lottare è più importante che vincere.” Alla commovente, ma anche festosa commemorazione erano presenti entrambi i figli di Segre, Michael e Emanuel, con i nipoti.
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