Roberto Calasso è uno degli intellettuali più riservati, riconosciuti e scontrosi del nostro piccolo mondo culturale. E Adelphi la casa editrice più prestigiosa, citata e influente del Paese. Eppure, uno e l'altra, rimangono, nonostante l'attenzione e gli spazi dedicati all'uno e all'altra dalla grande stampa, degli oggetti misteriosi, se non per gli addetti ai lavori, che adorano spettegolare malignamente su entrambi, almeno per il grande pubblico, ossia la massa. Che, peraltro, sia Calasso che Adelphi disprezzano. Un'ottima occasione per conoscere meglio il mondo «raffinato» e «gnostico» di Adelphi è il nuovo libro dello stesso Calasso, patron della casa editrice nata nel 1962, dal titolo L'impronta dell'editore (Adelphi), una raccolta di testi in parte già editi, in parte inediti. Ecco alcune curiosità poco note, ma molto interessanti che se ne ricavano.
ROTH Nel 1974 Adelphi pubblicò La Cripta dei Cappuccini di Joseph Roth (nome che in quel momento in Italia non diceva nulla) in una tiratura di 3mila copie, suscitando un vero e proprio culto per l'autore: il romanzo venne clandestinamente adottato dai ragazzi dell'estrema sinistra (alcuni di Lotta Continua dicevano che soltanto in quella storia si erano ritrovati) e pochi anni dopo un titolo minore di Roth, Il profeta muto, partì con una prenotazione dei librai di 30mila copie. Per decenni l'Italia fu l'unico Paese in cui il nome Roth evocava subito lo scrittore austriaco Joseph, e non l'americano Philip.
DIGITALE In un paio di pagine Calasso sferra uno dei più micidiali attacchi al libro digitale, a firma di un editore, che gli ultimi anni ricordino: contro le meravigliosi sorte progressite della tecnologia, contro la digitalizzazione universale del sapere di Google, contro l'idea di condivisione del sapere e del «libro unico del mondo» accessibile da tutti i computer, contro la smaterializzazione del libro (senza copertina, risvolti, veste grafica, il libro diventa un'altra cosa), contro il self publishing (che elimina il ruolo dell'editore, cioè colui che sceglie, seleziona, dà un giudizi, dice sì o no: «il self publishing sembrerebbe il trionfo della democratizzazione, e invece lo è dell'ottundimento generale»).
EGEMONIA CULTURALE Aneddoto sulla Sinistra italiana. Su una bancarella Calasso ripesca un vecchio numero di Nuovi Argomenti, del marzo-aprile 1957. Titolo: «Otto domande sullo Stato guida», a cui rispondono, fra gli altri, il responsabile della linea culturale del Pci Mario Alicata, il poeta Franco Fortini, lo scrittore più famoso dell'epoca, Alberto Moravia, e Lucio Lombardo Radice. Bene. A sei mesi dai fatti d'Ungheria, l'élite intellettuale italiana - ricorda Calasso a chi non ha memoria - difende il ruolo di «Stato guida» dell'Urss esortando «a stringere le fila contro i calunniatori di Mosca». Cioè non contro i repressori e i carriarmati, ma contro i «riformisti» che si macchiano di colpe e delitti in nome del socialismo...
GIULIO EINAUDI Per Calasso fu uno dei pochi grandi editori italiani. Ma: non fu mai un lettore né ebbe mai conoscenze profonde in alcun campo; fu un autocrate e un Sommo Pedagogo che «si affidò il compito di educare e di addestrare l'intero popolo della Sinistra»; «l'Enciclopedia Einaudi fu l'ultimo monumento del sovietismo ... perché sovietica era la pretesa, implicita nell'opera, di offrire la versione corretta di come si debba pensare». Di fatto, per Calasso, Adelphi nacque perché nel catalogo Einaudi «mancava una vasta parte dell'essenziale».
GESUITICO Il primo libro curato e tradotto da Calasso per Adelphi fu, nel 1966, l'autobiografia di sant'Ignazio da Loyola.
ROBERTO BAZLEN «È l'uomo più religioso che abbia conosciuto, e certamente il meno bigotto». Le sue letture erano sterminate, ma cercava solo libri che fossero «un esperimento della conoscenza».
GNOSI Viene sempre prima della Fede.
GLI ADELPHI DELLA DISSOLUZIONE Sul numero di giugno del 1978 di Controinformazione, la rivista ufficiale delle Brigate Rosse, un lungo articolo denunciava le «centrali reazionarie del pensiero» attive in Italia, fra le quali la Adelphi. Con parole di stima e rispetto per il «nemico» (che sviava e corrompeva le giovani leve dell'eversione, le quali subivano inconsapevolmente il fascino di quegli autori), l'anonimo articolista metteva in guardia dalla «linea» culturale della casa editrice «informata allo scardinamento dei principi dell'eversione sociale, alla mortificazione della speranza rivoluzionaria collettiva, all'invalidamento della possibilità corale sovversiva». Tra gli autori pericolosi citati, in prima fila c'era Pessoa. A margine della frase del brigatista: «Nella catena di produzione della Adelphi il singolo autore è un anello, un segmento», Calasso chiosa: «L'anonimo settario aveva colto qualcosa che i critici ufficiali non avevano ancora saputo percepire: la connessione che sussisteva fra i titoli adelphiani».
SIMENON Fece la fortuna di Adelphi, e Adelphi fece la fortuna di Simenon, e non solo in Italia. Il suo primo titolo pubblicato, nel 1985, fu Lettera a mia madre, che Mondadori aveva sempre snobbato, perché «troppo corto». Il più bello? Per Calasso, Finestre di fronte, un romanzo con il quale Simenon come nessun altro «era entrato nelle vene di quell'immenso sistema poliziesco e persecutorio che era la Russia sovietica».
CONSIGLI «L'editore che pubblica soltanto per guadagnare è il primo a fallire»; «All'editore si deve chiedere un minimo irrinunciabile: che almeno provi piacere a leggere i libri che pubblica».
RISVOLTI A oggi Calasso ne ha scritti 1089. Regola: «Si tratta di dire poche parole efficaci, come quando si presenta un amico ... rispettando la buona educazione che impone di non sottolineare i difetti dell'amico presentato».
SEGRETO Pubblicare una serie di libri, anche
apparentemente «disconnessi» - un romanzo fantastico, un trattato giapponese sull'arte del teatro, un saggio di etologia, un testo religioso - che può essere letta come un unico libro. Anelli affini (adelphi?) di una stessa «collana».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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