Viaggio sul sacro Indo dove confluiscono tutti gli dèi del mondo

Alice Albinia racconta la terra culla di molte civiltà millenarie ma anche origine di fondamentalismo e instabilità planetaria

Viaggio sul sacro Indo dove confluiscono tutti gli dèi del mondo

A un certo punto si è trovata a Bannu, uno dei covi di Al Qaeda in Pakistan, chiusa in un burqa, zuppa di sudore, osservata da un guerrigliero che imbracciava un Ak 47 Kalašnikov «amorevolmente coperto di adesivi blu e rosa». Situazione che avrebbe atterrito chiunque, ma non lei. Alice Albinia, nata nel 1976, studi di letteratura tra Londra e Nuova Dehli, autrice di Imperi dell'Indo (Adelphi, pagg. 493, euro 30). Il libro è un reportage accurato, da Pakistan, Afghanistan e Tibet, dal mare di Karachi alle sorgenti del fiume che ha dato il nome al subcontinente indiano. Un lavoro costato tre anni di viaggio e uno di preparazione. Ma c'è di più: uno sguardo attento anche alla storia di quelle regioni, fino al punto in cui l'antichità delle fonti sconfina nella mitologia, e nel sacro. Un bel campione di reportage storicamente consapevole. O, se si preferisce, un libro di storia e antropologia con forti iniezioni di attualità. Giustamente è stato un successo. Prima in patria, dove il libro, pubblicato nel 2008, ha vinto diversi premi. Ora in Italia. Sabato prossimo, a Lignano Sabbiadoro alla Albinia sarà conferito il premio Hemingway.
«Uno dei momenti di malessere è arrivato alla dogana tra India e Pakistan. Aspettavo da ore per poter passare, e per ingannare l'attesa ho preso un gelato che si è rivelato un covo di batteri. Il momento peggiore che io ricordi è legato a questo malore fisico, più che alla stanchezza o al pericolo» racconta l'autrice al Giornale. Anche se poi aggiunge: «Mentre mi trovavo in Tibet, mentre attraversavo a piedi una montagna dalle parti delle sorgenti dell'Indo sono stata investita da una tempesta, e mi sono persa. In quel caso ho avuto davvero paura». Ma subito puntualizza: «non ci sono stati solo momenti di difficoltà, anzi ci sono stati magnifici momenti di amicizia e di gioia».
L'Indo, dunque, il fiume e la zona del mondo che per molte correnti di pensiero è l'archetipo della civiltà e il punto di confluenza Oriente-Occidente, ma anche un contenitore di conflitti e di instabilità planetaria, e non solo negli ultimi anni o decenni. Nel libro è ricordata anche la terrificante sconfitta inglese in Afghanistan del 1842: 16mila vittime, tra civili e soldati britannici. «Il modo migliore di capire davvero quei luoghi è andare oltre gli strati superficiali dell'attualità», spiega la Albinia: «Penso che la storia dia forma al presente più di quanto comunemente si creda. Non è un caso se nel testo sacro dei Rig Veda ho trovato delle indicazioni geografiche perfettamente rispondenti alla realtà. Anche il fatto che Alessandro Magno abbia trovato l'edera, che riteneva un segno del passaggio di Dioniso, in quei territori, ho potuto riscontrarlo in prima persona».
In Pakistan e in Afghanistan uno degli aspetti che ha più colpito l'autrice è la religiosità onnipresente. Non soltanto in forma di fondamentalismo (non sono pochi i casi raccontati di insofferenza della popolazione nei confronti di alcuni mullah, «ignoranti, corrotti, e socialmente inferiori»), ma come sfondo esistenziale di qualsiasi attività. Ovvio, quindi, che la popolazione femminile di un paesino afghano non apprezzasse l'arrivo delle volontarie Ong ansiose di insegnare loro l'educazione sessuale («volevano spiegarci come succhiare quello e leccare questo»). Però poi magari è una sorpresa scoprire che i versi del poeta contemporaneo pakistano Ghani Khan, «Suona l'Azan \ e io penso alla mia amata», vengono interpretati dai ragazzi di Peshawar come uno stimolo, mentre suona la preghiera, a cercarsi una ragazza, purché disponibile. Paese che vai, trasgressione che trovi.
Ma non sono soltanto note di colore, naturalmente. La partizione tra India e Pakistan (raccontata da Dominique Lapierre in Stanotte la libertà) è esposta in tutte le sue ricadute, come la situazione del Pakistan e dell'Afghanistan attuali. Viene una curiosità: come si trovano i soldi per un lavoro così lungo e approfondito? «La documentazione è stata finanziata come master di un anno a Londra», racconta la Albinia. «Prima ancora di iniziare il viaggio ho scritto un progetto, e il mio editore mi ha messo sotto contratto per scrivere il libro. Verso la fine del viaggio ho avuto la fortuna di vincere il Jerwood/Royal society of literature award, un premio destinato ai libri sotto contratto, ma non ancora finiti. Un'idea brillante, questo premio, perché arriva proprio nel momento in cui uno scrittore ha bisogno di soldi, e conforto, per concludere il lavoro».
C'è da morire di invidia per il sistema di facilities culturali anglosassoni.

Ma resistiamo, e notiamo che il libro successivo della Albinia, Leela's book, è un romanzo. Il futuro dell'autrice sarà fiction o nonfiction? «Continuerò su entrambi i generi - conclude - ma se ci sarà un altro reportage sarà su una zona più vicina a casa».

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