Invece di notizie su amici dei quali si è perso il destino, la posta porta in casa Hesse noiose richieste, dettagli di poca importanza, segni che pure attraversano con un sorriso il crepuscolo di fine guerra... È il 1945, la carneficina mondiale è finita da pochissimo, Hermann Hesse (1877-1962) è nel suo buen retiro di Montagnola, nel Canton Ticino: l'anno successivo sarà chiamato a ricevere il Nobel per la Letteratura. Qui, nella grande casa che divide con la moglie Ninon, Hesse vive la routine quotidiana: mattina e pomeriggio dedicati a pittura e giardinaggio, la sera a scrittura e lettura. E qui è ambientato il breve racconto Vita quotidiana di un uomo di lettere che esce ora per la prima volta in italiano (Henry Beyle, pagg. 32, euro 20; trad. Elisabetta Dell'Anna Ciancia). Un racconto apparentemente inessenziale, come molte storie di Hesse, eppure rivelatore, in questo caso dello strano rapporto fra gli scrittori e il loro «pubblico».
Che tipo di richieste - ecco il cuore della cronaca autobiografica dell'autore svizzero - possono avanzare i lettori a un noto uomo di lettere? Lo svela la posta consegnata quella mattina di giugno al pacifico, e sorpreso, Hermann Hesse. Nel primo plico - scambiato per il solito manoscritto mandato in lettura per un consiglio - c'è un volumetto di poesie dello stesso Hesse, con un piccolo dipinto di suo pugno, trovato su una bancarella: il mittente vuole avere conferma che quel disegno sia davvero di mano del famoso scrittore... Forse per rivederlo a prezzo maggiorato? Nella seconda lettera c'è di peggio: la richiesta di inviare all'ammiratore una foto con dedica e addirittura biografia autografa... Che strani collezionisti ci sono in giro.
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