Cari lettori del Giornale,
quest’anno vi racconterò per tre settimane il mio Tour de France. Ve lo racconterò dalle viscere della corsa più importante del mondo, la più ambita, temuta e stressante: la più corsa di tutte. Sia ben chiaro: il Giro d’Italia è pur sempre una grandissima gara: io l’ho vinta quattro anni fa, e non potete immaginare la gioia che ho provato nel vestire la maglia rosa a Milano. Ma il Tour è la mamma di tutte le corse.
Il mio Tour è cominciato martedì, quando ho salutato mia moglie Margherita e la piccola Ludovica per andare a dormire in Franciacorta. Da Orio al Serio mercoledì mattina, alle 7.45, mi sono imbarcato per Parigi con Guido Bontempi, mio direttore sportivo, e Paolo Tiralongo, mio compagno di squadra. Lì, poi, ci siamo trovati con tutto il resto della squadra e del personale, e siamo volati verso Brest, da dove parte oggi la gara. Con il pullman ci siamo trasferiti a Lampaul-Guimiliau, un paesino di duemila anime, dove l’organizzazione del Tour ci ha riservato l’albergo: l’Hostellerie des Enclos. Un piccolo albergo, pulito e tranquillo, solo un po’ umido, tanto è vero che io mi sono fatto subito portare in camera una piccola stufetta. In una corsa a tappe, il vero problema è non cadere mai, riposare bene e non ammalarsi. Sembra facile, ma non lo è.
Tre settimane in giro per la Francia, in posticini piccoli e sconosciuti: dove l’organizzazione ti manda, ci si deve andare. Possono essere anche dei piccolissimi Logis o dei Campanile: non ci si può opporre. Non è più come ai tempi dei mitici Goddet e Levitan, dove i corridori dormivano tutti assieme in enormi stanzoni di scuole o conventi, ma anche noi dobbiamo superare le nostre belle prove di resistenza: anche i trasferimenti e gli alberghi, alla fine restano nelle gambe e fanno selezione. In questi tre giorni di Francia abbiamo comunque già preso tanto freddo e tanta pioggia. Le nuvole corrono veloci e velocemente cambia anche lo scenario: sole, vento e pioggia, poi ancora sole. Giovedì poi c’è stata la presentazione del Tour: una grande emozione, davanti ad una moltitudine di appassionati. Christian Preudhomme, il direttore del Tour, ci ha catechizzato tutti e ci ha ricordato che il mondo ci guarda.
In questo Tour farò coppia fissa con Marco Marzano. Sarà lui il mio compagno di stanza. Controfigura di Marco Pantani nella fiction televisiva, Marco è un ragazzo tranquillo, riservato e silenzioso: per questo la stanza la divido con lui. Io sono un tipo particolare: amo stare molto per i fatti miei. Cosa faccio? Cerco di rilassarmi il più possibile. Quindi sento Margherita e Ludovica, le mie donne. E poi mi isolo con il mio mp3. Musica a manetta: Doors e Who i miei preferiti. Oggi si parte, dalla Bretagna, dove ci resteremo per tre giorni. Via alle 12.30, da Brest: sulla schiena ho il numero 71. L’arrivo a Plumelec, altro piccolo paesino con alta densità di passione ciclistica. Agli esperti dico che inforcherò la mia nuova Wilier Triestina modello Cento 1, con geometrie leggermente modificate e la forcella dritta, realizzata dall’azienda della famiglia Gastaldello proprio per questo Tour de France. Sarà lei la mia compagna di viaggio.
Oggi sarà una tappa nervosa con arrivo in leggera salita: gli ultimi 1300 metri hanno anche punte del 6%. È un buon trampolino di lancio per corridori scattanti. Sarebbe anche una tappa adattissima al sottoscritto. Io non dico nulla. Preferisco scriverlo: ci proverò. E domani ve lo racconterò.
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