Roma

Cursi: «C’è voluta la serrata a oltranza per convincere il governo al dialogo»

Antonella Aldrighetti

La capitale, crocevia quotidiano di manifestazioni di piazza di professionisti colpiti dalle false liberalizzazioni di Bersani, sta rappresentando con le sue 1.450 farmacie dislocate capillarmente sul territorio la cartina di tornasole delle istanze che Federfarma ha presentato al governo e che finora sono state disattese. Fino alla convocazione, in extremis, dei rappresentanti dei farmacisti da parte del ministro della Salute Livia Turco.
La richiesta di un incontro era stata avanzata due giorni fa dal vicepresidente della commissione Sanità del Senato Cesare Cursi (An). Il governo aveva preso tempo, con Bersani deciso a proseguire sulla sua strada, senza concertazione. Fino a ieri sera, quando il ministro Livia Turco ha cambiato idea, probabilmente preoccupata dai problemi causati dalla serrata. «Mi auguro che l’incontro possa servire - ha detto Cursi - a trovare sbocchi che vedano riconosciuti i legittimi interessi dei farmacisti, il loro ruolo e la loro professionalità. Il decreto Bersani, che è già passato all’esame della Camera, può essere ancora emendato per cercare soluzioni che siano condivise da entrambe le parti. La speranza - ha spiegato il responsabile nazionale del settore sanità di An - è che si faccia presto e bene nell’interesse dei cittadini, evitando situazioni di incertezza, di confusione e di chiusure totali».
Una frecciatina polemica, il senatore Cursi la riserva all’autorità garante che si è addirittura esposta su possibili sanzioni da imporre a quei farmacisti che mantengono le serrande abbassate parlando di «interruzione di pubblico servizio». L’alto numero delle farmacie sul territorio capitolino - fa notare - consente che il servizio comunque venga decentemente garantito.
Sulla «melina» del governo nell’avviare il confronto con i farmacisti, Cursi non ha dubbi: «Solo quando hanno visto le brutte si sono rifugiati in calcio d’angolo» continua, spiegando con una metafora calcistica, la convocazione di Federfarma in extremis. E sul dietro-front del ministro Livia Turco, l’ex sottosegretario alla Salute si lascia andare: «Non mi stancherò di ripetere quanto il ministro diceva e ribadiva prima delle elezioni politiche sulla distribuzione dei farmaci nei supermercati. Infatti - rimarca Cursi - era contraria in toto. Ora il suo comportamento fa comprendere che le posizioni sono dovute cambiare per via di un accordo che il centrosinistra ha stretto con le cooperative. Dovrebbero essere loro infatti a gestire i servizi di distribuzione farmaceutica nei grandi magazzini».
Non ci si deve stupire, quindi, se la protesta dei farmacisti ha assunto toni estremamente decisi, soprattutto nel Lazio e a Roma. Considerato anche che dinanzi all’appello di Federfarma, che si sarebbe detta disponibile a concedere alla grande distribuzione i generi di cosmesi ma non i medicinali da banco, il governo finora ha continuato a fare lo gnorri. Questione di responsabilità? «La protesta dei farmacisti, titolari di farmacia e dipendenti, è legittima perché non stiamo di fronte a un tira e molla ma - dice Cursi - a un’imposizione calata dall’alto che va a ripercuotersi pure sulla tutela del diritto alla salute che, per quanto compete loro, anche le farmacie debbono esercitare.

La vendita dei medicinali da banco nei supermercati non può rispecchiare questa stessa tutela».

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