D’Alema e Bertinotti in guerra sugli immigrati

Il leader Prc: «I centri di permanenza vanno chiusi». L’ex premier: no, sono una garanzia anche per gli stranieri

D’Alema e Bertinotti in guerra sugli immigrati

Marco Bastiani

da Firenze

Altro che elezioni politiche. La sinistra pensa soprattutto alle primarie dell’8 e 9 ottobre. Lo hanno dimostrato bene ieri sera a Firenze il presidente dei Ds Massimo D’Alema e il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti. Ospiti della festa dell’Unità in uno dei territori più rossi d’Italia, i due si sono lasciati andare in affondi che lasciano presagire un confronto senza esclusioni di colpi. Le elezioni di primavera possono aspettare. È lo stesso popolo di sinistra che si divide al suo interno. A chiarire qual è il clima della platea ci ha pensato subito Michele Santoro, che per una sera si è tolto il cappello di eurodeputato. «Quanti di voi voteranno per Bertinotti alle primarie?», ha urlato al microfono davanti al popolo diessino. Almeno metà dei presenti ha alzato la mano. «Ci sarà da discutere», ha commentato cauto Santoro.
«Le primarie sono una buona cosa - ha esordito Bertinotti -, ma se non c’erano almeno due candidati era un referendum, non una scelta. E la discussione non finirà certo con le primarie, ma dovrà continuare anche dopo, visto che questa Unione dovrà andare verso la sinistra. C’è una favola che si chiama Puglia e non vedo perché non possa essere esportata a tutta l’Italia». Di rimessa la replica di D’Alema: «Le primarie devono essere considerate un’opportunità, non un impiccio. Le iscrizioni sono aperte e i candidati saranno almeno cinque, noi ci assumiamo la responsabilità di far vincere Prodi alle primarie».
Politica internazionale, immigrazione, sviluppo economico: su tutte le questioni la ricetta di D’Alema è diversa da quella di Bertinotti. E se il collante elettorale dell’antiberlusconismo regge ancora bene anche di fronte alla platea che applaude ogni affondo contro il governo, i problemi iniziano quando si tratta di snocciolare le ricette per le singole questioni. Oggi sono dibattiti da festa dell’Unità domani, in caso di successo elettorale, diventeranno da Consiglio dei ministri.
Incalzati anche da Rula Jebral di La7, Bertinotti e D’Alema non hanno nascosto i punti di divergenza. «Se i punti controversi resteranno - ha detto Bertinotti -, come si fanno le primarie si faranno anche le consultazioni della base su tante questioni e vedremo quali decisioni prendere».
Poi c’è la questione terrorismo, «una forza reazionaria - l’ha chiamata D’Alema -, non il frutto delle cattive politiche dell’Occidente, ma il rifiuto del progresso del mondo islamico. Guai se lasciamo alla destra questa verità, anche se dobbiamo dire che la guerra si è dimostrata inefficace e che l’unica via d’uscita è la soluzione politica». Seccata la risposta di Bertinotti. «È stato un errore bombardare Belgrado», ha detto tagliente Bertinotti, alludendo a quando fu il governo D’Alema a «dare il la» alle bombe, senza neanche l’avallo dell’Onu. «Non avremmo avuto difficoltà a raccogliere il documento di Prodi di lunedì - ha poi siegato Bertinotti -, ma il secondo non va bene perché l’unica cosa da fare è ritirare le truppe italiane dall’Irak subito come ha fatto Zapatero».
E il «confronto» si accende anche sui Centri per i clandestini. «I Cpt vanno chiusi» ha detto il leader del Prc, aggiungendo che sono «manifestazioni indegne della civiltà». D’Alema ha invece ribadito che «dobbiamo combattere l’immigrazione clandestina anche perché dobbiamo combattere le organizzazioni che la praticano». Ricordando che i centri «sono anche a garanzia degli immigrati che chiedono asilo», D’Alema ha detto che «laddove questi centri risultino essere come prigioni, allora vanno chiusi».

A Bertinotti che osservava che tutti i presidenti di regione del centrosinistra si sono espressi contro i Cpt e che il presidente della Toscana si è sempre rifiutato di crearne uno, D’Alema ha risposto: «La civile Toscana crei dei centri di accoglienza civili, metta la sua civiltà al servizio dell’accoglienza degli immigrati e non lasci questo problema solo ai centri di accoglienza del Sud».

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