D’Alema fa dietrofront ma la folla lo contesta «Hai fatto solo danni»

RomaNapolitano? Non poteva non firmare il decreto «salva-liste». A dirlo non è Bonaiuti o Bondi, ma Massimo D’Alema che in un colpo solo sconfessa l’alleato Di Pietro e mette un freno a qualche suo collega di partito tentato di seguire l’Italia dei valori nell’attacco al Colle. «Il presidente della Repubblica poteva opporre un problema di costituzionalità per una norma sostanziale - ha spiegato il piddino presidente del Copasir -, ma questo non poteva avvenire per una forma interpretativa». E sulla scia di D’Alema si inserisce anche il dalemiano Nicola Latorre, pronto a difendere la giustezza del comportamento del capo dello Stato: «Napolitano continua a operare con grande equilibrio e garanzia per tutto il Paese. La posizione di Di Pietro è assolutamente inaccettabile».
L’avallo del Quirinale, di fatto, è sacrosanto anche per molti pezzi grossi del Pd che riconoscono come Napolitano avrebbe potuto non mettere la firma in calce al decreto soltanto se avesse rilevato elementi seri di incostituzionalità - vale a dire la mancata urgenza e la diversa copertura formale del decreto. Ma il provvedimento, in quanto «interpretativo», era corretto: quantomeno formalmente.
La tesi di D’Alema e dei dalemiani, curiosamente, coincide con l’opinione del ministro degli Interni Roberto Maroni, secondo cui il decreto «è assolutamente nell’ambito della Costituzione. Se non fosse così voi pensate che il presidente Napolitano avrebbe firmato il decreto? La sua firma è un’assoluta garanzia, dunque chi attacca il nostro provvedimento attacca il presidente della Repubblica». Idem Gianfranco Fini: «Il capo dello Stato nel momento in cui firma un decreto, si limita a verificare i presupposti che la Costituzione prevede, non entra nel merito». Ed è forse anche per questo che D’Alema, subito sceso in piazza del Pantheon a Roma, è stato contestato appena arrivato tra i contestatori: «Che ci fai qui? Ti rendi conto dei danni che hai fatto al Paese?».

E lui impassibile, fermo nella linea di difesa del Quirinale: «Noi dobbiamo rivolgere la nostra critica, la nostra indignazione a chi porta la responsabilità politica di questo atto: nel nostro ordinamento il capo dello Stato non fa decreti e non ha la responsabilità politica dei decreti. La firma è un atto istituzionale. Quindi da questo punto di vista non c’è motivo di fare polemiche con il presidente della Repubblica».

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