D’Alema frena: a Gaza solo con l’ok di Israele

Alessio Garofoli

da Roma

«È evidente che il dispiegamento delle forze internazionali a Gaza deve passare attraverso un accordo con gli israeliani e i palestinesi». Lo ha detto Massimo D’Alema in un’intervista al Tg5, tornando sulla sua proposta di schierare una forza multinazionale anche nella striscia. Ci tiene, il ministro degli Esteri, a conservare buoni rapporti sia con Israele che col mondo arabo. Perché l’Italia sta per impegnarsi in una missione, quella in Libano, «lunga», ma non di guerra. Una missione cui partecipiamo «per difendere e consolidare la pace, e siamo visti come amici sia dai libanesi che dagli israeliani». Nel frattempo inizia il conto alla rovescia per la partenza dei nostri soldati, che avverrà domani.
Ieri è salpata da Porto Marghera, per raggiungere le altre unità della Marina nelle acque pugliesi, l’unità da trasporto anfibio San Marco con a bordo circa 120 militari del Reggimento Serenissima di Venezia. Il comando del contingente sarà affidato con ogni probabilità all’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, responsabile delle Forze d'altura della Marina militare italiana.
Ora la nave anfibia è in navigazione e domani si riunirà al largo delle coste pugliesi con le altre unità navali che comporranno la missione di quella che è la cosiddetta Forza d’ingresso e che tra qualche mese sarà avvicendata da 3mila uomini della Brigata di Cavalleria «Pozzuolo» del Friuli, con aliquote di altre Brigate. Le altre unità navali sono la portaerei Garibaldi e la corvetta Fenice, che salperanno nel frattempo da Taranto, e le navi da sbarco San Giusto e San Giorgio, che molleranno gli ormeggi da Brindisi. L’arrivo della formazione navale italiana al largo delle coste libanesi è previsto per venerdì prossimo.
In attesa del Consiglio dei ministri che oggi varerà il decreto sulla missione, la maggioranza tiene a mostrarsi compatta e orgogliosa. Eppure, all’interno del centrosinistra convivono ancora idee diverse sulla nostra presenza nel Paese dei cedri. La questione è nota: si va là per difendere Israele o per contenerlo? Un falso problema, a sentire il sottosegretario agli Esteri, Bobo Craxi che, al quotidiano tunisino La Presse, parla di un impegno «pacifico e neutrale, nel rispetto del mandato Onu». In attesa di dissipare il dubbio, Angelo Bonelli, capogruppo alla Camera dei Verdi, serra le fila, rintuzzando lo scetticismo di alcuni esponenti dell’opposizione. «Il governo Prodi in pochi mesi ha assunto un ruolo internazionale centrale», dice Bonelli, sottolineando che «siamo dinanzi a una svolta nella politica estera del nostro Paese». Quanto al contingente italiano, sarà «di pace e collaborerà insieme a quelli di altre nazioni». Ma la spregiudicatezza politica di D’Alema (che ieri ha ribadito al Times che il nostro scopo non è «distruggere Hezbollah, una parte importante della società libanese») lascia aperti spiragli per la polemica.

Ed ecco Daniele Capezzone, uno dei pochi filoisraeliani senza se e senza ma dell’Unione, chiedere al ministro degli Esteri, «sempre prodigo di moniti e rilievi quando si tratta di criticare Israele», cosa pensi del fatto che la milizia sciita non ha nessuna intenzione di farsi disarmare. Sull’altro lato della barricata, la sinistra radicale protesta contro Fassino che ieri ha spiegato, al Corriere della Sera, che le nostre truppe difenderanno lo Stato ebraico da chi intenda distruggerlo.

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