D’Alema vuole l’inciucio e il Pd si spacca

La minoranza frena sull’ipotesi di "compromesso" lanciata dall’ex premier. Veltroni contro Latorre: "Ormai se ne vedono di tutti i colori". Franceschini: "Niente dialogo": Sinistra estremista, Ferrero vince la gara dell'insulto: "Il premier? Come un pedofilo"

D’Alema vuole l’inciucio e il Pd si spacca

Roma - Eccola lì, la diabolica parolina «inciucio», gettata come un fiammifero in un pagliaio.
L’effetto incendiario, nel Pd, è stato immediato, e qualcuno pensa che fosse proprio quello che Massimo D’Alema, nel nobilitare il «compromesso» con il governo che «servirebbe al paese», si aspettava succedesse. Dopo mesi di appeasement interno (se non di inciucio, visto che lo sfidante sconfitto del congresso è diventato capogruppo), la minoranza franceschinian-veltroniana del Pd torna sulle barricate, si riunisce a Cortona, tuona contro la linea del segretario, organizza le truppe sul territorio, promette di farsi sentire nei prossimi mesi. La guerriglia interna ricomincia, e la svolta «moderata» e bipartisan impressa da Bersani e D’Alema dopo l’aggressione al premier offre su un piatto d’argento il casus belli.

Torna in campo anche Walter Veltroni, che non nasconde il suo sdegno e lamenta che nel Pd «se ne vedono di tutti i colori», prendendosela col «sorprendente» dalemiano Nicola Latorre che ha auspicato che le questioni giudiziarie del premier non portino alla caduta del governo. Con Berlusconi, che ha «eliminato i valori e creato un deserto, rendendo coriandoli la solidarietà civile nel Paese», nessun dialogo è possibile.

Dario Franceschini attacca - senza nominarlo - D’Alema: «Di inciuci che hanno fatto bene io non ne ho mai visto uno», sentenzia il capogruppo Pd. E invita: «Piuttosto che sulla giustizia, sfidiamo la destra ad un accordo sulla riforma degli ammortizzatori sociali». Dall’area bersaniana gli risponde il responsabile giustizia Andrea Orlando, che chiede di smetterla di evocare «scambi o inciuci che non ci sono e non possono esserci» e ribadisce: «La posizione del Pd è nitida: no al qualsiasi legge ad personam». E il coordinatore della segreteria Filippo Penati cerca di ridimensionare l’esternazione dalemiana: «Le parole che ha detto ieri erano un evidente paradosso».

Il segretario Bersani, che pure condivide per buona parte l’impostazione dalemiana, è però preoccupato per le ripercussioni sulla stabilità del partito e sull’opinione pubblica. I suoi non nascondono l’irritazione con l’ex ministro degli Esteri, che ha «calcato troppo la mano» evocando l’accordo tra Togliatti e De Gasperi sull’articolo 7 della Costituzione e esaltando l’«utilità di certi inciuci». E sospettano dietro il suo attivismo una «ricerca di ruolo» che rischia di complicare il percorso del segretario. Il quale sta cercando di mediare all’interno tra le varie anime, e non vuole arrivare a scontri frontali con Di Pietro né trovarsi contro Repubblica, che già ieri sparava su D’Alema. E che, come nota un dirigente, «può avere un ruolo totalmente destabilizzante, anche se per ora è rimasta spiazzata dalle aperture al dialogo di Oscar Luigi Scalfaro».

Il leader Pd condivide, come ha dimostrato accorrendo al capezzale di Berlusconi, la necessità di rapporti più sereni con la maggioranza; ripete che «il premier non può essere mandato a casa dai magistrati»; tenta di costruire un rapporto privilegiato con l’Udc smarcandosi da Idv; e punta su uno scambio tra scudo processuale (col Pd contrario ma non certo in trincea) e una legge elettorale «alla tedesca». Se l’alternativa che si rischia sono elezioni anticipate per le quali il Pd non è affatto pronto, ben venga un pochino di «inciucio». Ma senza gridarlo ai quattro venti come fa D’Alema. «La cultura dell’inciucio che esprime Massimo - osserva un dirigente vicino a Franceschini - più che tattica è una convinzione di fondo, secondo cui Berlusconi è imbattibile e il compromesso con lui necessario. L’idillio su Mister Pesc è stato indicativo, e si capiva già allora come sarebbe andata a finire. Ma se perseguono l’inciucio noi ci opporremo senza esclusione di colpi».

Sulla linea dalemiana si ritrova però gran parte degli ex Ppi, Franco

Marini in testa. Per questo la maggioranza bersaniana non si mostra troppo preoccupata per le iniziative dell’opposizione interna: «Dario non può rompere con gli ex Ppi e restare solo con Veltroni», assicurano al Nazareno.

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