Dagli amici letterati mi guardi Iddio che dai nemici...

Amici nemici, sodali nella gran Repubblica delle lettere eppure rivali, separati dalla necessità, che per l’autore è quasi fisica, di sfornare il romanzo migliore, il libro migliore. È una storia antica, quasi infinita, spesso combattuta a colpi di versi, di ritorsioni nelle trame dei romanzi. Per andare alle origini della letteratura italiana, Dante Alighieri e Forese Donati (detto Bicci), pur amici, si colpirono a vicenda con una serie di sonetti tutt’altro che gentili. Basti pensare al dantesco: «Bicci novel, figliuol di non so cui...».
Ma non sono mai gli insulti o i colpi di pistola (vedasi il caso Verlaine-Rimbaud) a creare fratture insanabili tra autori che spesso condividono gusti o idee. La vera furia o il dolore che separa nasce sempre dall’ispirazione mancata, tradita, scippata. Così il triste Ippolito Pindemonte, di cui ricordiamo quasi soltanto il nome, si vide scippare il suo bel tema cimiteriale dall’arrembante Ugo Foscolo. Tant’è che il povero Ippolito interruppe il suo lavoro e si limitò a una breve risposta con un cappello bonario: «Io avea concepito un Poema in quattro Canti e in ottava rima sopra i Cimiteri... Compiuto quasi io avea il primo Canto, quando seppi che uno scrittore d’ingegno non ordinario, Ugo Foscolo, stava per pubblicare alcuni suoi versi a me indirizzati sopra i Sepolcri. L’argomento mio, che nuovo più non pareami, cominciò allora a dispiacermi...».
Ma non tutti la prendono con classe. A volte i connubi si rompono per molto meno. A volte durano da posizioni diverse e distanti. Vedasi il carteggio tra Umberto Saba e il grande critico Enrico Falqui, caratterizzato da incipit di lettere tipo: «Caro amico umano e nemico letterario». Certamente più triste e doloroso, anzi ferocemente distruttivo, il diverbio che contrappose Dino Campana ad Ardengo Soffici che era anche suo lontano parente. Campana si presentò alla redazione de Lacerba con il testo manoscritto (l’unica copia esistente) dei suoi Canti Orfici che allora si intitolavano Il più lungo giorno. Soffici smarrì il manoscritto ma negò di averlo mai avuto. Campana minacciò di usare il coltello. Tutta la redazione di Lacerba si mobilitò contro di lui che dovette riscrivere a memoria. Solo nel ’71 il suo testo saltò fuori dalle carte di Soffici ormai morto.
Insomma, mischiare amicizia e letteratura non sempre porta bene, peggio ancora con le parentele.

Tant’è che Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, fratelli ed entrambi pittori e scrittori, non potendo separare i propri destini decisero di separarsi almeno nel nome. Eppure a guardare libri, quadri e altro, tra i due è sempre rimasto un filo rosso. Qualcuno lo chiama amore, qualcuno competizione.

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