Stefano Zurlo
da Milano
Notizie e veleni. Unaltalena bipartisan in cui è sempre più difficile separare il grano dal loglio. La sequenza degli ultimi giorni è inquietante: il Giornale pubblica i dialoghi, intercettati, fra il signore di Unipol Giovanni Consorte e il segretario dei Ds Piero Fassino. Passa qualche giorno e una misteriosa cabina di regia consegna unindiscrezione alle agenzie di stampa che immediatamente la rilanciano: si cercano in Svizzera i conti dei politici. Nelle redazioni comincia la caccia spasmodica ai nomi. Risultato: sui giornali di ieri scorre il solito treno di parlamentari appartenenti alla Lega e a Forza Italia che, per inciso, avevano sì disponibilità alla Popolare Italiana ma in Italia, per la precisione allagenzia 46 di Lodi, sotto lufficio di Gianpiero Fiorani. La smentita è tassativa: «Non cè alcuna evidenza di conti di politici allestero. Anzi - si aggiunge in ambienti della Procura - non li stiamo nemmeno cercando». Ma come? Che succede?
«Di vero - ripete al Giornale la stessa qualificata fonte - cè che stiamo inseguendo i soldi degli indagati». Insomma di Fiorani, di Gnutti, di Consorte, e via elencando i presunti furbetti del quartierino e i loro complici. «È anche vero che Eugenio Fusco, uno dei tre pubblici ministeri, e alcuni finanzieri sono andati in Svizzera per setacciare, come spesso capita in questi casi, le carte utili allinchiesta. Sempre riferibili agli indagati. E unaltra missione è in programma a breve per studiare i dossier relativi a Fiorani, allex direttore finanziario della Popolare Italiana Gianfranco Boni, al gestore del fondo Victoria & Eagle Massimo Conti». Forse ad altri ex dirigenti dellistituto di credito.
Insomma, il mondo della politica, almeno in questa fase, è più presente nei titoli dei quotidiani che non nelle teste dei pubblici ministeri. Questo non significa, naturalmente, che gli arrestati non abbiano fatto nomi anche altisonanti, descritto relazioni e rapporti eccellenti, illuminato contiguità e complicità istituzionali. I Pm, però, procedono per gradi: vogliono prima recuperare i tesori esportati da Fiorani e dai suoi amici di scorribande, capire nei dettagli i sofisticati meccanismi di borsa con cui realizzavano sontuose plusvalenze, ricostruire la mappa dei loro patrimoni. Unimpresa lunga e complessa.
Del resto, lindagine - ribattezzata senza particolari guizzi di fantasia Bancopoli - ha ritmi lenti, addirittura soporiferi se parametrata su Mani pulite. E sulla stagione in cui retate e confessioni si susseguivano senza soluzione di continuità in un clima da fine regime. Fiorani, per esempio, è a San Vittore dal 13 dicembre, è già stato interrogato sei volte, la sensazione è che dovrà essere ascoltato ancora a lungo, poi - si parla di settimane - finalmente tornerà a casa.
Linchiesta ha tempi lunghi. Qualcuno, assestato nelle retrovie degli apparati investigativi, prova però a pilotarne le ricadute mediatiche, offrendo brandelli di indiscrezioni, mezze notizie scivolosissime, scoop dalla vita troppo breve. E indirizzando la muta dei cronisti verso la parte dellemiciclo parlamentare rimasta in ombra nelle puntate precedenti.
Nel pomeriggio ecco servita dalle agenzie lennesima pista: su alcuni conti esteri sarebbero stati accumulati i soldi di alcuni funzionari pubblici infedeli. È pronto anche lidentikit, vago ma non troppo, di questi signori: occuperebbero poltrone strategiche in alcuni organismi di controllo e, ovviamente, non avrebbero fatto il loro dovere chiudendo a comando gli occhio per agevolare le mirabolanti imprese dei furbetti. In un paio dore da palazzo di giustizia arriva una smentita, se possibile anche più tagliente della precedente: ««Non cè alcuna indagine su conti di fantomatici funzionari pubblici».
Le voci però si inseguono in un carosello incontrollabile. I Pm, intanto, tirano il fiato per il weekend.
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