Dice una poesia argentina: «Lasciami! Ma lasciami il tango. Non rubarmi il cuore due volte». Qual è insomma il fascino magico di questa danza seducente che da più di cent'anni, conquista, avvince, incatena. Nata nei sobborghi di Buenos Aires sul finire dell'Ottocento, ballata dalla povera gente che annegava la fame, il dolore, le miserie nelle note struggenti del bandoneon, il tango argentino ha finito col conquistare il mondo. È entrato a testa alta nelle dimore della grande nobiltà europea intorno agli anni Venti, per poi trovare aperte le porte del cinema dove Rodolfo Valentino ne ha dato un saggio memorabile. Persino Richard Gere non s'è salvato dal suo richiamo, è diventato infatti tanghero, nel film Shall we dance dove con la Lopez, a luci quasi spente, balla un tango che qualcuno ha definito così: «Un progetto verticale, per un impegno orizzontale». E chi vuol capire, capisca.
Proprio per la sua sensualità, per i suoi sottintesi, il tango argentino all'inizio della sua storia venne vietato dal Papa e vietato nell'esercito. Nessun ufficiale in divisa poteva ballarlo in pubblico, tanto era ritenuto sconveniente. Oggi le cose sono cambiate, anzi c'è una corsa al tango impressionante, si moltiplicano le scuole dove impararlo, si improvvisano maestri argentini e no, lo si vede in tv, al cinema, sui giornali. Almeno un tango non lo si nega a nessuno.
A Marciana Marina, per esempio, nel cuore dell'isola d'Elba, il 6 agosto ci sarà una memorabile serata tanghera, con due coppie protagoniste fra le più famose al mondo. Il più famoso, e non c'è nessuno che può negarlo è Miguel Angel Zotto, considerato il massimo interprete del tango argentino. Inimitabile il suo stile, la sua eleganza, l'incredibile «gioco» dei piedi, la naturalezza che mette in ogni passaggio: Miguel non balla il tango, dicono gli esperti, Miguel è il tango. Fra le braccia di quest'uomo sul palcoscenico c'è una grande donna, Daiana Guspero, che più bella non si può, che più brava nemmeno.
«Il tango è un dialogo ravvicinato - spiega Miguel Angel Zotto -, è l'intesa totale fra due persone, che nella danza aderiscono una all'altra fino a poter contare i battiti del cuore». Ma tangheri si nasce o si diventa? «Se si vuole ballarlo in discoteca, in un locale, tutto si può fare - ride Miguel -, ma se si vuole salire sul palcoscenico allora conta averlo nel sangue. Io sono nato a Buenos Aires, nella mia famiglia tutti ballavano il tango, mio nonno, mio padre, i miei zii, lo ballava mia madre. Il tango appartiene alla nostra identità, alla nostra storia, alla storia del nostro paese. È scontato dirlo, ma ce l'abbiamo nel dna».
In un'intervista lei ha detto che dopo il tango fa meglio l'amore, me lo conferma? «Certo. Il tango contiene tutti i preliminari, tutti i sottintesi. Non è come la salsa che uno sta di qua e uno di là, nel tango i corpi aderiscono in ogni rilievo, fra i ballerini c'è un dialogo muto, ma intenso e molto chiaro. Per questo si balla meglio quando la partner è la propria moglie. Quando non lo è, le cose possono complicarsi». C'è un'attrice con la quale lo ballerebbe volentieri? «Nel film con Gere la Lopez era brava, ma se dovessi scegliere lo chiederei a Belen Rodriguez, ha il corpo adatto. Alta,sinuosa, intrigante».
Daiana Guspero è d'accordo con Miguel: «Il tango non è un ballo qualunque, ha dentro le sue note tutta la storia dell'Argentina e va ballato col cuore, con i sensi. Fra i due ballerini c'è qualcosa di irripetibile che nasce e si accende col tango e che non scatta con nessun altro ballo». La seconda coppia che si esibirà a Marciana Marina nella notte tanghera, su un palcoscenico che riprodurrà la magica atmosfera delle milonghe, è Roberto Orrù con la sua splendida partner Orsola Juliano. «Io sono mezzo italiano e mezzo argentino - racconta Roberto, appena tornato dai trionfi al campionato europeo -, e nel tango ho messo la voluttà, la sensualità e la passione che è uguale in questi due paesi. Per me il tango è una storia d'amore, è il desiderio, l'abbandono. Per ballarlo bene infatti è necessario un totale abbandono, nulla deve impegnare la tua mente, nulla deve distrarre il tuo corpo. Tu e lei, una cosa sola». E dove balla più volentieri il tango in Italia o in Argentina? «Lo ballo volentieri dovunque, divento el baron come chiamano i tangheri in Argentina, il guappo insomma, appena sento le note del bandoneon. Certo che agli inizi del Novecento, quando il tango si ballava nei suburbi di Buenos Aires, e le coppie si esibivano per la strada, improvvisando fra la gente, l'atmosfera doveva essere elettrizzante. I guappi dai capelli lucidi di brillantina e le basette lunghe da duro, un cappellaccio abbassato sugli occhi e una presa da vero maschio che inchiodava il corpo della donna, dovevano essere momenti indimenticabili». Lei insegna a Milano, Roberto, quali sono gli allievi migliori, gli uomini o le donne? «Quando arrivano alla scuola per imparare, hanno entrambi una volontà di ferro.
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