Roma La manovra è ancora calda, così come è calda anche la base leghista. Piuttosto insoddisfatta del remake della manovra uscito da Villa San Martino lunedì. Le revisioni al sistema pensionistico sono state maldigerite dai militanti, così come la cancellazione del supercontributo. Malesseri che si sfogano su Radio Padania e sul web. E che prendono di mira soprattutto Umberto Bossi, accusato dal suo popolo di essersi venduto l’anima a Silvio Berlusconi.
Già, Umberto Bossi. Il suo ruolo nella lunga trattativa durata quasi tutta la giornata di lunedì ad Arcore è stato insolitamente marginale. Stanco, indolenzito per il recente infortunio domestico, il Senatùr ha partecipato al vertice di maggioranza solo per poche ore, lasciando per il resto mano libera ai suoi colonnelli Roberto Calderoli e Roberto Maroni.
E se il primo si è preso il compito di interpretare i vari correttivi facendosi intervistare qua e là, spiegando dove la Lega ha vinto e dove ha dovuto cedere qualcosa, è il secondo il vincitore morale della sessione di Arcore: il ministro dell’Interno infatti, nel giorno in cui i sindaci di cui ha sposato la causa sfilavano per chiedere di rendere meno affilate la forbici sugli enti locali, incassa un successo quasi pieno, vedendo diminuire di due miliardi di euro i tagli previsti e rinviando il problema della cancellazione delle province più piccole a una futura legge costituzionale. Esce invece sconfitto dal lunedì campale il cosiddetto «cerchio magico», quel gruppetto di pretoriani che ha con il Senatùr un rapporto quasi fisico di protezione ma che in questo momento sembra soffrire quasi telepaticamente degli impacci e degli acciacchi del capo.
Certo è che la base del Carroccio non ha preso bene alcune delle misure della manovra Alfano-style, dando il senso di un movimento-Frankenstein, con un corpo solidamente antipolitico e una testa governativa e manovriera. In particolare non piace che il pacco-regalo con il mantenimento dell’attuale sistema previdenziale nasconda il trappolone dell’esclusione dei periodi di università e servizio militare. Tanto che il gruppo leghista al Senato avrebbe pronto un emendamento da presentare in aula per modificare questo passaggio. «La quasi totalità dei senatori leghisti - scrive Affaritaliani.it - è contro questo provvedimento e darà battaglia in aula».
Più forte ancora la rabbia dei militanti sul web. La pagina Facebook di Radio Padania fatica a ospitare tutte le voci del day-after. «Complimenti a chi ha votato Lega Nord... “Non toccheremo le pensioni” (Bossi dixit)», scrive Sav Ger. «Con questa finanziaria sorridono i ricchi e i politici. Amara realtà, ci hanno venduti», rincara la dose Luigi. Ricorre al dialetto lombardo Claudio per dare voci alla sua ira: «Ma che bravi il sciur Bossi e Maroni, le pensiun non si tucchen ma va la se tucchen e come se si tucchen alla faccia della coerenza». E Maurizio: «Finalmente ho capito perché si chiama Lega! Perché ti Lega al posto di lavoro fino a quando crepi... Complimentoni a Bossi che mai avrebbe toccato le pensioni. Marinaio semplice IV La Spezia 1983, agli ordini sor parun!».
E anche l’eurodeputato Matteo Salvini, nella sua pagina sul social network, così «posta» le sue perplessità: «Speriamo di farcela in Senato, ci mancava la naja, la pazienza è al limite. Ps. Ma perché è sparito il “contributo” per i redditi sopra i 200.000 euro???». Dando così la stura a una serie di recriminazioni da parte dei suoi seguaci.
Per tutti Stefano: «Mi auguro tanto di sbagliarmi, ma mi sa tanto che quelli che ci rappresentano a Roma, a forza di stare con i romani lo stanno diventando anche loro, che Bossi scenda dal piedistallo e dica qualcosa alla sua gente, altrimenti è probabile che la sua gente dica qualcosa a lui alle prossime elezioni!». Avviso ai naviganti del Po.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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