Nino Materi
Per ingannare il tempo i 20 malati di gioco dazzardo in cura al day hospital del Policlinico Gemelli possono fare tutto, eccetto una partitella a carte a suon di euro. Lunica posta in palio nel primo reparto italiano specializzato nel recupero degli «scommettitori patologici» è infatti quella messa sul tavolo (verde?) dal professor Luigi Janiri: guarire chi non riesce più a fare a meno di poker, slot machine, corse di cavalli, roulette e via puntando.
«Ormai viviamo in una società che ruota attorno alle riffe - spiega al Giornale il dottor Giovanni Manin, tra i primi ad affrontare il business dellazzardo come una vera emergenza sanitaria -. Lo Stato da una parte mette in guardia dai rischi delle scommesse, ma dallaltro sforna lotterie di ogni tipo che finiscono per rovinare i soggetti più deboli. I casi di drammi familiari che hanno avuto come causa scatenante la cosiddetta sindrome da Jolly nellultimo anno sono aumentati del 20%».
Anche per questo motivo liniziativa del day hospital del Gemelli tocca un nervo scoperto. «La scarsa consapevolezza del pericolo può portare a cadere nel vortice del gioco dazzardo», è la sintesi dello studio condotto da Luigi Janiri, professore di psichiatria all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, di prossima pubblicazione sulla rivista Comprehensive Psychiatry.
Poker, video-poker, slot-machine e scommesse sportive si trasformano sempre più da semplici giochi d'azzardo a vere e proprie «droghe», capaci di portare una persona a dipendenza, crisi di astinenza, comportamenti compulsivi e atteggiamenti violenti. A portare in Italia le terapie per uscire dal tunnel è adesso il Policlinico Gemelli di Roma, dove già si trovano circa 20 giocatori cronici. Ed è proprio confrontando i gioco-dipendenti ad un campione di controllo che il professor Janiri ha trovato il comune denominatore dei giocatori incalliti: la scarsa consapevolezza del pericolo.
Secondo i risultati del suo studio le persone che non riescono a valutare correttamente i rischi (non solo nel gioco, ma in tutti gli aspetti della vita quotidiana) rischiano più degli altri di cadere schiavi della dipendenza; tanto che, tra i giocatori cronici, aumenterebbe la frequenza con cui si è portati ad abusare di alcolici e droghe.
«Il disturbo associato al gioco d'azzardo - spiega Janiri allagenzia Ansa - tende ad associarsi alla perdita di controllo, a comportamenti violenti verso gli altri e verso se stessi, e a comportamenti compulsivi. Atteggiamenti che sono innalzati anche dalla voglia di novità, e dalla ricerca di sensazioni nuove». Comportamenti che in molti casi creano danni sociali, economici e affettivi sia per il malato in sè sia per la sua famiglia.
Ma come si cura il vizio dell'azzardo? «Abbiamo un gruppo di riabilitazione sul modello degli Alcolisti Anonimi - spiega Janiri - un cosiddetto gruppo di mutuo aiuto. C'è una prima fase di colloqui, dove grazie a questionari si può fare una diagnosi del disturbo derivato dal gioco ed eventuali disturbi concomitanti (come ad esempio l'abuso di alcol); la seconda fase è la riabilitazione vera e propria, dove i giocatori si confrontano e si ascoltano a vicenda, allo scopo di aumentare la propria percezione del rischio e di riaprire i canali che portano ad uno stile di vita adeguato».
Nel suo studio Janiri ha analizzato tre diversi gruppi di persone: giocatori delle sale Bingo (giocatori, cioè, che non per forza hanno un atteggiamento patologico); giocatori problematici, che hanno perso il controllo; e un gruppo di persone che normalmente non giocano d'azzardo. I tre gruppi sono stati sottoposti a test psicologici per valutare una serie di parametri: comportamento, personalità, temperamento e carattere.
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