Chi legge questo articolo saprà già com’è andata: la Borsa ha reagito male al terremoto provocato da vari fattori politici e finanziari (talmente noti da non meritare di essere ricordati). E ha perso suppergiù il 4 per cento. Ma si temeva potesse perdere di più, per cui siamo quasi contenti, come quel Tizio che pensava di essere morto e invece era solo ferito. Certo, è un paradosso. Però teniamo presente che i paradossi sono verità acrobatiche. Ora si tratta di aspettare i prossimi giorni per vedere se il sisma ha esaurito la sua energia distruttiva oppure se continuerà a farci sobbalzare e a danneggiare il mercato.
Per il momento siamo in piedi, anche se un po’ intronati. Con qualche apprensione registriamo comunque un calo di fiducia nei titoli di Stato - che è poi un calo di fiducia nello Stato stesso - tradottosi, in pratica, in un aumento del tasso di interesse. Il meccanismo è presto spiegato. Più un Bot è considerato sicuro, e meno rende. Più è insicuro, cioè poco affidabile, e più rende. Ovvio, il rischio va remunerato. È un segnale negativo perché l’Italia, avendo un debito pubblico assai elevato, d’ora in poi - e si ignora fino a quando - pagherà salato ogni euro che si è fatta prestare dagli investitori allo scopo di tappare i buchi di bilancio. Nella convulsa giornata di ieri, tuttavia, la notizia sensazionale è stata un’altra.
Tutti, ma proprio tutti, si attendevano il crollo della Mondadori (colpita dalla sentenza della seconda sezione civile della Corte d’appello di Milano,che l’ha penalizzata ingiungendole di versare 560 milioni di euro a Carlo De Benedetti) e, invece, l’azionariato ci ha rimesso il 4,5 per cento. Nulla rispetto alla legnata che le ha inferto la magistratura con una violenza da molti interpretata quale sfogo contro il proprietario, Silvio Berlusconi, reo di aver avviato una riforma della Giustizia sgradita alle toghe. Vero o falso? Ai lettori l’onere e la libertà di rispondere allo spinoso quesito. In ogni caso, nonostante il brutale attacco, evidentemente il mercato valuta la casa editrice di Segrate abbastanza forte per fronteggiare l’emergenza.
La cosa strana è che, parallelamente, la Cir debenedettiana, benché in procinto di incassare il risarcimento milionario a carico del Cavaliere, è affondata. Giù a picco come un mattone in mare. Il titolo Cir è stato sospeso per eccesso di ribasso quando era giunto a -7,49 punti. Un record negativo sorprendente. Come si giustifica? Qualcuno sostiene che la società, per quanto debba introitare una somma ingente, in realtà non potrà usarne neanche un centesimo, dovendola accantonare in toto finché la causa non sarà stata discussa in Cassazione, cui spetta il compito di emettere il verdetto definitivo. Che non è detto le sia favorevole. Non lo fosse, l’Ingegnere dovrebbe restituire il malloppo a Berlusconi.
Il ragionamento sta in piedi. Tuttavia non chiarisce un punto. D’accordo, la Cir non può disporre subito dei 560 milioni, quindi è comprensibile che le sue azioni non siano volate in alto.
Ma perché sono scese del 7,49 per cento, costringendo la Borsa a sospenderle? Un motivo ci sarà. Quale? Ipotesi: forse è più credibile un Berlusconi azzoppato che un De Benedetti potenzialmente creditore di una cifra astronomica. Fosse così,l’Ingegnere avrebbe solo una chance: correre a nascondersi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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